Byrne, il capolavoro di uno chef musicale
Byrne, il capolavoro di uno chef musicale I DISCHI Byrne, il capolavoro di uno chef musicale TJR incalzati dai ritmi e dai suoni delle nuove generazioni, ci sono alcuni personaggi della scena pop-rock internazionale che conoscono l'arte del rinnovamento. Un pioniere, un compositore curioso, un artista errabondo tra i suoni del mondo è da sempre David Byrne. Con il suo ultimo «Feelings» (Luaka bop, 1 Cd) ha realizzato un capolavoro da grande chef sonoro, riuscendo a far coesistere praticamente tutte le musiche con cui è entrato in contatto con o senza i Talking Heads. «Nel nostro cervello - scrive Byrne - esiste una sorta di comando "taglia e incolla" che non è affatto strano, sembra addirittura la cosa più naturale del mondo. E' il modo in cui viviamo. E' certamente il modo in cui le cose appaiono, e sempre più il modo in cui esse sono». Ecco allora nei quattordici brani di «Feelings» frammenti di musica seriale, raga indiani, ritmi sudamericani e caraibici, quelli africani anche, forme di gustoso pop, giochi presi a prestito dal country, melodie italiane (ha ripreso in «Fuzzy freaky» la canzone «Nel bene e nel male» di Cristiano De André e Ivano Fossati). Ma ha anche chiamato intorno a sé musicisti di caratteristiche diverse: in «Wicked little doli» ci sono Mark Mothersbaugh e Jerry Casale dei Devo, in «Burnt by the sun» gli archi del Balanescu Quartet. Ha poi registrato questo disco a Londra (con i Morcheeba), a Seattle (con la Black Cat Orchestra), Los Angeles, Miami, New York. Un disco sfaccettatissimo, ricco di sensibilità e colori. Un prepotente, brillante ritoralle origini è quello di John ricco I Ur I no a Fogerty in «Blue moon swamp» (Warner, 1 Cd). Dieci anni si era avventurato in terreni funk e simili. Risultato da dimenticare. Oggi, dopo un viaggio in cerca di antiche ispirazioni nel delta del Mississippi e quattro anni passati a meditare e comporre, ci regala una dozzina di brani come ai tempi della mai dimenticata Creedence Clearwater Revival. Anzi, migliorandosi. Blues e country rock - le vere radici della musica americana - sono arricchite da una profondità musicale, da uno stretto legame con la tradizione. Con maggior classe, eleganza formale, ma con sempre una coinvolgente forza, un'anima sanguigna. Certe sorprendenti soluzioni, Fogerty le ha costruite chiamando intorno a sè Chad Smith dei Red Hot Chili Peppers, Bob Glaub, gli interventi bluegrass dei Lonesome River Band, 2 gospel dei Fairfield Four, violini e steel guitar. Tutti brani intensi, mediamente intorno ai quattro minuti, tra i quali spiccano «Blue boy», «A hundred and ten in the shade», «Bad bad boy», «Joy of my life». Un risveglio che merita un lungo applauso. Alessandro Rosa ,saj
Luoghi citati: Londra, Los Angeles, Miami, New York, Seattle
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