Il paradosso dell'Italia garante di Maastricht di Aldo Rizzo
=1 OSSERVATORIO //paradosso dell'Italia garante di Maastricht ANCANO sette giorni , al vertice di Amsterdam, il più importante dopo quello di Maastricht nel 1991 (ancora in Olanda), e le prospettive dell'Unione europea sono avvolte dalla nebbia. Maastricht '91 fu l'atto fondante dell'omonimo, famoso Trattato, formalizzato l'anno dopo. Amsterdam '97 dovrebbe essere la conclusione di un lungo iter economico, politico e istituzionale, in preparazione dell'allargamento dell'Ue ad altri membri. Ma riuscirà ad esserlo? Sul piano economico, cioè della moneta unica, Amsterdam, in teoria, dovrebbe dare una definitiva veste giuridica agli atti preparatori del grande evento, previsto per il 1° gennaio 1999. E in particolare al cosiddetto Patto di stabilità, fortemente voluto dalla Germania, affinché il rispetto dei criteri di convergenza (primo fra tutti il rapporto deficit-Pil) sia mantenuto senza incertezze anche dopo il varo dell'Euro. Ma ci sono due fatti nuovi, anzi tre. Il terzo è il ritorno al potere dei laboristi in Gran Bretagna, che però non sembra destinato a produrre effetti immediati. Più importanti sono gli altri due. Il primo è la sorprendente vittoria dei socialisti nelle elezioni francesi. Jospin conferma il sì alla moneta europea, ma mostra di volerne mutare le condizioni, e cioè aggiungere al rigore finanziario l'obbligo di una concertazione delle politiche economiche (quindi investimenti e occupazione), richiamando quell'articolo 103 del Trattato finora alquanto trascurato. Il secondo fatto nuovo è l'imprevista difficoltà della Germania a rispettare essa stessa il parametro-chiave del 3 per cento deficit-Pil, col rischio, seppur formalmente escluso, di un rinvio dell'unione monetaria. Le questioni economiche, tuttavia, stando all'agenda ufficiale del vertice, dovrebbero trovare uno spazio relativo ad Amsterdam. Il vero, grosso obiettivo sarebbe la conclusione di quel processo di revisione della parte politica de) Trattato, avviato a Torino nel marzo 1996. Il che vuol dire dare un'identità e una voce all'Ue nel campo della politica estera e della sicurezza, ma anche sul terreno della giustizia, della lotta alla criminalità, dei diritti dei cittadini. Purtroppo, anche qui terre I taal I citta le previsioni sono deboli, incerte. E, a questo punto, è inutile nascondere il pericolo di una crisi generale dell'Unione europea. Se a un affievolimento delle prospettive della moneta unica si aggiunge un fallimento, anche solo parziale, della revisione politica, fermo restando l'impegno a negoziare comunque l'allargamento a nuovi e magari precari soci, si apre uno scenario alquanto inquietante: quello di un'Europa ridotta a una grande area di libero scambio, senza un vero significato politico, ma anche economico (sullo sfondo della competizione mondiale). La speranza è che tutto ciò non accada, a dispetto delle tante difficoltà. E, paradossalmente, un Paese come l'Italia (finora considerato con un po' di sussiego, se non di arroganza, dai partner maggiori) potrebbe svolgere un ruolo propulsivo. Sul piano del rigore finanziario, l'Italia ha fatto e sta facendo sacrifici enormi, nonostante tutto, e mostra di non volersi tirare indietro di fronte al balzo finale. Anche se in passato ha invocato un'interpretazione elastica dei famosi parametri, ora non lo fa più, a differenza di altri. E quanto al piano politico, non deve operare alcuna conversione, deve solo accentuare, come del resto sta facendo, la necessità di una conclusione effettiva, positiva, e non nominalistica, o minimalistica, del negoziato partito a Torino. Può mettere alla prova il vecchio governo tedesco e il nuovo governo francese, può spingersi fino alla minaccia di un veto, di fronte a un accordo politico vacuo, che intendesse aggiungersi alle incertezze dell'Euro. E' chiedere troppo? Non è detto. Certo, sarebbe diverso e più facile se l'Italia avesse un retroterra politico interno più stabile e credibile. Ma osare, anche ora, si può. Aldo Rizzo *oJ
Persone citate: Jospin
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