Europa più vicina per la Svizzera

P BERNA «No» anche al divieto di esportare armi e mezzi di impiego militare in tutto il mondo Europa più vicina per la Svinerà Bocciato il referendum per frenare il via ai negoziati BERNA. Gli svizzeri hanno respinto a larghissima maggioranza le due principali proposte referendarie sulle quali si votava ieri in tutta la Confederazione: il divieto di esportare armi all'estero e la preventiva sottoposizione a un altro giudizio popolare di eventuali trattative con l'Unione Europea. Sarebbero invece prevalsi i sì all'abolizione del monopolio statale sulla produzione e la commercializzazione della polvere da sparo, terzo e minore quesito in gioco. In base alle leggi elvetiche, perché un referendum passi è richiesta una duplice maggioranza semplice: a livello nazionale e a livello locale; per la precisione occorre la metà dei voti più uno anche in almeno la metà dei 26 cantoni. In base ai dati raccolti a metà pomeriggio, in tredici di questi ultimi i no oscillavano tra il 66 e l'89 per cento. La consultazione politicamente più delicata, sebbene meno sentita dagli elettori, riguardava una richiesta un po' paradossale dei gruppi ultra-nazio¬ nalisti: imporre un ulteriore referendum prima di intavolare qualsiasi negoziato con i Quindici, e ciò allo scopo di ostacolare il più possibile un ipotetico ingresso elvetico nell'Ue, già bocciato dalle urne nel '92. Il governo federale si era detto contrario all'iniziativa, sostenendo che l'isolamento e la neutralità della Svizzera sono ormai superati. Molto più intenso il dibattito che aveva preceduto un'altra questione, porre fine alla vendita all'estero di armi e mezzi di impiego militare. Anche in questo caso le autorità di Berna e i quattro partiti di centro coalizzati al governo avevano suggerito di votare no, ammonendo che un risultato opposto avrebbe implicato la perdita di migliaia di posti di lavoro in un momento in cui il Paese sta ancora subendo gli effetti di una settennale recessione. Altro argomento utilizzato contro la proposta, il ruolo irrisorio ricoperto dalla Svizzera sul mercato planetario delle armi: solo l'I per cento del totale, con destinazioni prevalenti gli Stati Uniti e il resto dell'Europa. I promotori replicavano che non sempre è così. Come esempio citavano gli aerei a elica «Pilate», concepiti per l'addestramento ma riconvertiti in molti Stati del Terzo Mondo (dopo averli equipaggiati con mitragliatrici leggere) come velivoli anti-insurrezione. La campagna referendaria era inoltre stata impostata sulla benefica ricaduta che una vittoria dei sì avrebbe avuto per l'immagine esterna della Svizzera, di recente offuscata dalle rivelazioni sui depositi bancari di oro nazista durante la II Guerra mondiale e sui rapporti d'affari con il Terzo Reich, a dispetto della conclamata neutralità. Il settimanale «L'Illustre» era giunto ad affermare che l'accoglimento del bando sarebbe stato una buona mossa da «giocare sulla scena internazionale». [Agi] Una fabbrica svizzera di aerei usati anche a scopi militari

Luoghi citati: Berna, Europa, Stati Uniti, Svizzera