Raggio miliardi come bruscolini
=1 IL PALAZZ® Raggio, miliardi come bruscolini se i quattrini, in particolare i miliardi, e ancora più in particolare i miliardi guadagnati in modo non proprio chiaro, facessero un po' uscire di senno? C'è questo Maurizio Raggio, per esempio, il ristoratore play-boy di Portofino, quello che ha maneggiato i soldi craxiani e ora si trova, come dice lui stesso, «in un tre per tre». Beh, o è un po' pazzariello, simpaticamente pazzariello, come lasciano immaginare le foto con ricci al vento alla guida di un motoscafone, oppure deve sul serio riuscire a spiegare come, a parte l'aereo, la Porsche e la villa sulla Costa Azzurra, insomma come ha fatto a spendere qualcosa come sette milioni di dollari «per spese personali per il mio mantenimento». Ma dai... E invece sì: «Servivano a pagare il giardiniere, si compravano le piante, si pagavano le spese di casa, gli avvocati». A quel punto i giudici gli hanno chiesto di essere più preciso: quanti soldi per questo mantenimento? E lui: «Non so. Qualche miliardo». Detto così: come se tra uno, due, sette o dieci miliardi non ci fossero differenze. E allora, per una volta, forse vale la pena di soffermarsi non tanto su come arrivano, i miliardi di cui si parla nelle aule giudiziarie. Ma su come vengono spesi, vissuti, e più in generale sul valore del tutto relativo assegnato ai soldi, o a certi soldi rispetto alle disponibilità, alle esigenze delle persone normali. Quattrini non solo spesi, si dice a Roma, «come bruscolini». Ma sempre più di frequente con la stessa sublime indeterminatezza di Raggio. C'è l'ex patron delle Ferrovie, Necci, ad esempio, secondo cui i sei milioni al mese che prendeva erano «una cifra molto modesta». Gli serviva, ha spiegato, qualcosa di più per «andare avanti». E tuttavia, anche dopo aver ottenuto un congruo aumento, arrivato a «un miliardo, un miliardo e mezzo», non c'era «da arricchirsi, ma da vivere». Di qui il ricorso a Pacini Battaglia, che a sua volta ha I lasciato uno straordinario I documento stenografico di incertezza contabile a proposito di alcuni milioni forse versati a un politico (di an). Quanti? E lui: «Saran stati tre-quattro, o saran stati tre, quattrocento, cinquecento milioni: da tre a cinque... Potrebbe essere, mah... trecento, quattrocento, cinquecento... sì, dai trecento ai cinquecento, posso sbagliare di poco». Di poco. Tutto è capirsi infatti su questo «poco», autentica pietra angolare della patologia del più vago e relativo spendi-e-spandi. Ferme restando le strategie processuali, il «poco» di Pacini è sicuramente il «molto», il «moltissimo» e forse addirittura il «troppo» di un sacco di persone. Certo, l'imperatore africano Bokassa spese 19 miliardi solo per l'incoronazione. Per dilapidarne altrettanti, l'accoppiata CraxiRaggio ha impiegato un po' più di tempo. Il povero Gardini non solo fece spese folli, ma ne fece anche fare, se è vero, come ha raccontato il suo assistente Bisignani, che per garantire «un mio status particolare, voleva che avessi casa a Venezia». Berlusconi, d'altra parte, ha sempre donato milioni. «Mi scusi - gli chiese un giudice torinese - ma lei vuol dire che 200 milioni dei vostri corrispondono a 20 mila lire delle mie?». E il Cavaliere: «Sì, anche meno». Solo Dell'Utri, in quello stesso processo, sembrò porsi il problema dell'effetto che faceva sull'uditorio il sapere che in un solo anno le sue entrate erano decuplicate, da 900 milioni a otto miliardi: «Sono soldi - spiegò - che possono scandalizzare». Scandalo relativo, perché di solito senza soldi non ci sono nemmeno gli scandali. Filippo Ceccarelli Bili |
Persone citate: Berlusconi, Bisignani, Bokassa, Dell'utri, Filippo Ceccarelli Bili, Gardini, Maurizio Raggio, Necci, Pacini, Pacini Battaglia
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