«La sentenza non è stata un'assoluzione» di Paolo Colonnello

7 «Fuorviato il mio riferimento alle Br. Magistrati nei guai? Semmai i politici, il Paese rischia di disfarsi» «La sentenza non è stala un'assoluzione» Davigo: pene ridotte, ma convalidate le condanne MELANO. Ieri c'è stato anche chi, sui giornali, gli ha fatto il riassunto delle «frasi famose». Una per tutte: «Rivolteremo l'Italia come un calzino». Oppure: «La classe politica si sta suicidando». E quindi l'ultima: «I politici sono come le Br, non si vogliono far processare». «Non è vero, mai dette», replica velocissimo lui. Nemmeno una? «Così, nemmeno una». Il problema è che ogni volta che Piercamillo Davigo prende la parola si scatenano puntualmente le polemiche. L'ultima volta è stato due giorni fa, a Forlì, convegno dell'Associazione nazionale magistrati, è bastato che prendesse la parola e i titoli sono stati tutti per lui. Eppure il «dottor sottile» di Mani Pulite dovrebbe avere imparato che ogni mezza parola pronunciata da un magistrato, meglio se di Milano, ancor meglio se della procura e del pool, diventa un caso nazionale, soprattutto se tocca i politici. E allora, dottore, perché non tace? «Ma perché dovrei tacere? Adesso un magistrato non può più nemmeno parlare a un convegno della propria associazione? E poi siete voi dei giornali che riportate le cose come vi fanno comodo. E non è detto che quello che diciamo sia sempre così controproducente». E' furibondo Davigo per i titoli che ieri mattina campeggiavano sulle prime pagine dei quotidiani. Ma certo non poteva trovare niente di meglio per urtare certe suscettibilità con quell'accostamento tra le Brigate Rosse e i politici. «Io non ho detto che i politici sono come le Br. Rispondevo, all'interno di un convegno, a una polemica di un giurista, Filippo Sgubbi, che sosteneva come certi processi comportassero dispersioni di tempo. E ho osservato che qui ci sono persone che vogliono impedire che i processi si svolgano, prolungandoli nel tempo, come facevano le Brigate Rosse. E' questo che provoca dispersioni di tempo. Quindi ho detto che lo Stato non può permettersi di non processare qualcuno, non sarebbe democratico, sarebbe una debolezza. Mi sembra diverso dal dire, così come è stato titolato, che i "politici o i tangentisti sono come le Br"». Una lancia a favore di Davigo la spezza anche il procuratore Francesco Saverio Borrelli: «Ognuno - dice - ha il suo modo di esprimersi. Leggendo i giornali mi è sembrato che Davigo si sia limitato a dire che tra i brigatisti di un tempo e gli imputati per corruzione di oggi c'è una somiglianza nella tecnica difensiva. Il tentativo è quello di prolungare nel tempo i processi ed impedire che vengano pronunciate sentenze». Mentre una bacchettata arriva dal presidente delle Camere penali, avvocato Gaetano Pecorella: «E' in corso uno scontro di potere tra il pool di Milano e la nuova classe po¬ litica». La verità è che a colpire non sono tanto i contenuti di quello che dice Davigo, più o meno sempre le stesse cose da ormai un paio d'anni, quanto la sua capacità di ripetere un identico concetto trovando sempre una nuova coloritura, una frase ad effetto, trasformandola in una puntura dolorosa per il destinatario. Perché poi lamentarsi se i giornali ci si buttano a pesce? «Io sono indignato. Uno che legge i titoli dei giornali di ieri, secondo me non riesce a capire cosa è stato detto veramente a quel convegno. E' chiaro che citando solo una parte del mio intervento si potrà avere il taglio che in- teressa per fomentare le polemiche. Ma non il senso del mio discorso. E' questa l'informazione?». E' anche questa. Ma intanto, tra una frase ad effetto e l'altra, con i tempi che corrono, i magistrati così facendo sembrano voler cacciarsi sempre più nei guai. «Qui nei guai mi sa che ci sono solo i politici: il rischio grave è che andando avanti così si disfi il Paese». E dunque, continuando nella rassegna stampa del "dottor sottile", ecco l'altro punto dolente, i titoli sul processo Enimont e «Conto protezione» che si sono conclusi proprio mentre Davigo parlava al convegno di Forlì, con una riduzio¬ ne generale delle condanne. In questo caso per esempio, i politici non hanno potuto sottrarsi alla sentenza, anche se forse nessuno finirà in carcere. «Ma il fatto che abbiano ridotto le pene è nulla rispetto alla convalida delle condanne. E invece un giornale, per la sentenza "Conto protezione", ha titolato "schiaffo a Mani Pulite". Ma si sono accorti che era un processo condotto e istruito dal pm del crack Ambrosiano, Pierluigi Dell'Osso? Cosa c'entra Mani Pulite? E poi la verità è che i giudici d'appello hanno distribuito una saccata di condanne impressionante, lo schiaffo qui non l'han preso certo i magistrati. Nessuno vuole mai trattare davvero il merito delle questioni. E così, di fronte a una condanna di 4 anni, ecco Martelli che discetta sulla riforma del 513 e della sua applicazione, come se la sentenza non lo riguardasse più. Ma qualcuno si ricorda il suo confronto in aula con Carlo Sama?». E una buona parola non manca nemmeno per il processo Enimont: «(Anche qui: condanne per tutti. Ma la notizia è sull'assoluzione di Pillitteri, un politico che ha già una condanna passata in giudicato, quindi, senza più futuro. Invece, ad esempio, la condanna per Bossi, un politico ancora in carriera, viene sottaciuta». Paolo Colonnello Borrelli: «Ciascuno si esprime a modo suo» Pecorella: «E' in atto una lotta di potere fra il Pool e il Palazzo» A sinistra il pm Piercamillo Davigo

Luoghi citati: Forlì, Italia, Milano