Un filo di tantalio nelle vene

Un filo di tantalio nelle vene Un filo di tantalio nelle vene Nuove tecniche e nuovi materiali per Vangiografia IL tedesco Forssmann fu il primo medico a effettuare il cateterismo cardiaco, documentandolo radiologicamente: inserì un tubicino sottile in una vena del proprio braccio spingendolo per 65 centimetri. Siamo nel 1929. Con l'esperimento Forssmann voleva dimostrare che questa indagine strumentale poteva essere utile per portare al cuore farmaci indispensabili e visualizzare l'interno delle arterie e delle vene (angiografia). Fu insignito del Premio Nobel nel 1956. Oggi si parla di «angiografia per sottrazione digitale», per evidenziare i vasi senza l'interferenza dei dettagli delle strutture ossee e dei tessuti molli. In pratica, le immagini vengono registrate prima e dopo che il mezzo di contrasto sia giunto nella sede interessata. La prima immagine (senza mezzo di contrasto) viene «sottratta», cioè invertita (il nero diventa bianco e viceversa) e sovrapposta alla seconda (in cuj è presente il mezzo di contrasto). Tutto il processo è assistito da un computer e il termine digitale indica la trasformazione dei valori del fascio di raggi X in valori numerici (che possono essere immagazzinati e manipolati per ottenere una precisa diagnosi). Con l'angiografia a sottrazione di immagine è possibile dimostrare zone di stenosi delle arterie, rilevare placche ateromatose, verificare la riuscita di un intervento di chirurgia vascolare. L'unica grave complicanza è una possibile reazione anafilattica al mezzo di contrasto con sali di iodio. I nuovi mezzi di contrasto, definiti «non ionici», a bassa osmolità, bassa viscosità (in altre parole: minor tossicità) e che in soluzione non si dissociano (iomeprol), presentati a Vienna all'ECR 97 (European Association of Radiology), consentono, unitamente all'utilizzo degli ultrasuoni (ecografia intra vascolare), di vedere meglio, analizzare e ridurre il volume dell'ateroma che ostruisce il flusso del sangue (angioplastica). fi ò i g gpII cardiologo infatti può introdurre nella coronaria ostruita un catetere, munito di un palloncino gonfiabile, che comprime e appiattisce il materiale della placca ateromatosa (costituita da colesterolo, acidi grassi esterificati, saponi di calcio, cellule mu¬ scolari lisce, piastrine e frammenti di fibre collagene). Oggi i cateteri sono realizzati con palloncini di polietilene che resistono a pressioni di gonfiaggio superiori alle 4 atmosfere (in alcuni casi sono necessarie 15-20 atmosfere). Il rischio è legato essenzialmente alla formazione di una successiva occlusione (trombosi, ristenosi), per cui il paziente viene trattato con anticoagulanti (eparina) e antiaggreganti piastrinici. Un ulteriore passo avanti si è fatto con la realizzazione degli «stent coronarici», che sono dei supporti metallici che tengono l'arteria dilatata e vengono lasciati in sede dopo lo sgonfiamento del palloncino. Gli stent coronarici consentono di ridurre il rischio di chiusura immediata dei vasi di tre, quattro volte rispetto alle tecniche precedenti e di evitare in molti casi l'intervento chirurgico di by-pass. Si tratta di protesi a spirale, semielicoidale, di un filo di tantalio, un elemento chimico di colore grigio, duro e molto duttile, resistente agli agenti chimici. Renzo Pollati In Farmacia: la nuova formula a rilascio prolungato contro i Radicali Liberi

Persone citate: European Association

Luoghi citati: Vienna