Palloni Mundial dai gulag cinesi di Enrico Benedetto

Palloni Mundio! dai gulag cinesi PARDGl Fatti da prigionieri politici. La Fifa: marchi contraffatti, non c'entriamo Palloni Mundio! dai gulag cinesi / dissidenti denunciano: già 30 mila in Francia PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE I palloni del gulag per il Mundial. Bao Ge, uno fra i più celebri dissidenti cinesi, dichiara che per 20 yuan il mese - 2 dollari e 50 cents - li confezionava in prigione. Sul cuoio, in sovrimpressione, la scritta «France 1998 World Cup». Oggi libero, il trentaduenne Bao Ge spiega che - come gli altri reclusi «politici» - lavorava 15 ore al giorno per un'azienda di Shanghai. La quale conferma: «Sì, esportiamo i palloni che finiranno al Mundial». Smentisce con foga, tuttavia, che gli operai siano prigionieri. Da Parigi, la Fifa nega qualsiasi coinvolgimento. «Il nostro fornitore è Adidas, che tra l'altro non possiede fabbriche in Cina» precisa la Federazione. Ma la multinazionale sportiva, per ora, tace. La tesi Fifa privilegia un «falso». Contraffazioni. D'accordo, ma allora come spiegare che trentamila palloni usciti dagli atelier cinesi con il loro bravo marchio del Mondiale siano già in Francia? Occorrerà un'inchiesta seria. E' in ballo il prestigio della Coppa. Che ormai si disputa sul campo ma ancor più giocando sul marketing e gli sponsor. Dopo gli stoppini-spot per le campionesse al Roland Garros, il nuovo stadio faraonico nella banlieue parigina Saint-Denis ospiterà infami palle con l'imprimatur del regime liberticida cinese? Se l'esordio pallonaro è nuovo, l'infiltrazione commerciale dell'universo concentrazionario può considerarsi antica. Nei primi Anni 90 fece scandalo in Francia un Pinot made in China. E non solo per ragioni enologiche. I vendemmiatori, si apprese, erano detenuti. Pechino si difese. «Calunnie». Come sempre. Ma l'infamante accusa doveva ripresentarsi per merci eterogenee. Dalla paccottiglia ai giocattoli. Persino tra i souvenir mariani di Lourdes figurano inconfessabili cineserie: l'ideologia atea capitola in nome del business sacro. Lo sport esercita tuttavia un'attrazione fatale sui Paesi a democrazia timida o nulla. Capi a prezzo base irrisorio, giacché i salari e le garanzie per chi lavora rimangono assai bassi. Il «decentramento produttivo» verso l'area Asean (Sud Corea, Malaysia, Vietnam...) salva non pochi must. Conscia del problema, la Fifa voleva allontanare i dubbi. A inizio anno ha così potuto annunciare che nessun «under 14» lavorava in qualche sottoscala o catapecchia pakistani per fabbricare materiali da impiegare nella competizione. Fuori i bambini, dentro i reclusi? No, e tuttavia i circuiti della commercializzazione conoscono misteri, intermediari, astuzie multiple. Pinochet ci abituò agli stadi-lager: vedremo davvero i palloni-gulag? Enrico Benedetto

Persone citate: Pinochet, Pinot

Luoghi citati: Cina, Francia, Parigi, Pechino, Saint-denis, Shanghai, Vietnam