Zeroual come da copione

Vi Il governo dopo i risultati del voto: giornata memorabile. Gli islamici moderati: 400 brogli Zeroual, come da copione La scontata vittoria del regime algerino ALGERI DAL NOSTRO INVIATO Altra cosa fu, nel '62, il trionfo della libertà: gente per strada, applausi, ugole di donne che riempivano il golfo dei laceranti youyou. Oggi nella bianca città serrata dal venerdì e dalla paura c'è solo un corteo d'auto che strombazza nel deserto per celebrare la vittoria del presidente Iiamine Zeroual. Le proporzioni appaiono corrette, posto che adesso si può solo festeggiare il vagito di una democrazia. Eppure i toni con cui Mustafà Benmansour, ministro dell'Interno, sta annunciando i risultati della prime vere elezioni dopo il golpe bianco del '92 sono di quelli che uno speaker televisivo estrae dal duodeno se deve commentare il più straordinario fra i records del mondo. «Giornata memorabile... momento che entrerà nella storia... esercizio supremo e inarrivabile di democrazia... vittoria della volontà... lezione per le generazioni future... il popolo ha scelto con capacità e saggezza». Andiamo, signor ministro, è accaduto solo quel che tutti prevedevano. Il presidente Zeroual vince, il partito che quattro mesi fa si era confezionato su misura (Rnd, raggruppamento nazionale democratico) conquista tre milioni e mezzo di voti e 155 seggi. Gli basterà allearsi con lo storico Fronte di Liberazione Nazionale (aduso anche a storiche batoste prima di tramutarsi in partito-vassallo: 64 seggi) per detenere una maggioranza solida. E da oggi democratica, fino a prova contraria. Certo, queste elezioni erano state costruite da Zeroual con grande attenzione e altrettanta disinvoltura. Può essere efficace l'esempio del cappello, quello che l'altra sera ci è stato fatto da un funzionario che ovviamente non citeremo per nome: «Se lei compra un cappello e scopre che le sta stretto, cosa fa? Lo cambia: Zeroual ha preteso invece che l'Algeria cambiasse testa...». E pure un progresso c'è, con ogni evidenza: le elezioni in qualche modo si sono svolte, l'apparato di sicurezza in qualche modo ha funzionato ed in qualche modo l'Occidente si prepara ad approvare l'accaduto. A partire dalla Francia, tutti celebrano «l'aspirazione alla pace» degli algerini ed aspettano il responso dei 240 controllori mandati a verificare la regolarità del voto. Per conto dei 61 «monitore» della Lega Araba il capo delegazione, Kamel Said, fa già sapere che «dovunque si siano recati, i miei collaboratori non hanno udito proteste. Possiamo ritenere che in queste elezioni sia stato espresso un voto libero». Enfatizzare la dichiarazione sarebbe grottesco, eppure non costituiscono prova del contrario le urla che continuano a salire dagli sconfitti, le nuove accuse di brogli e intimidazioni. «Chiediamo alla Corte Costituzionale un'immediata revisione dei risultati, essi non rispecchiano per nulla la realtà»: il Movimento per la società e la pace (o Msp), quello degli islamici moderati, prova a mostrare i denti ed il suo leader Mahfud Nahnah finge di battere i pugni sul tavolo. Un milione e mezzo di voti e 69 seggi: risultato non da poco, l'Msp è il secondo partito d'Algeria. Le aspettative però erano diverse, Nahnah ambiva a raccogliere tutti i voti del disciolto Fronte islamico. Adesso, dinanzi alla sede del partito la delusione è palpabile anche fra le centinaia di militanti che intasano la strada, e con scarsa convinzione intimano al cronista straniero: «Ecrivez la vérité...». Nahnah sostiene di avere le prove di 400 casi di broglio, afferma che «certe cifre sono state esageratamente gonfiate, soprattutto nel divario fra primo e secondo partito». Che questi risultati «non permetteranno all'Algeria di risolvere la sua crisi» e senza revisioni ufficiali il Parlamento si riunirà «in stato di semi-illegalità». In quel «semi» sta tutta l'ambiguità di questo moderatismo neonato e del barbuto insegnante maghrebino che vorrebbe incarnarlo. I voti lo costringono ancora a far da ruota di scorta, la nuova trattativa col potere è appena aperta, si tratta di protestare un po' pur promettendo che il partito «continuerà a lavorare con serietà e moderazione nell'interesse di tutti». Le ragioni di questo trionfo abortito appaiono altre. A limitare il successo dell'Msp è stato soprattutto il secondo partito islamico ammesso alle elezioni, l'ex «Ennahada» ed oggi Movimento per la società. Lo guida Abdallah Djabellah, già paziente mediatore fra i militari ed il Fis. Anche questo gruppo si presen¬ ta come nuovo (è nato solo a febbraio) ma nasce da una storia diversa, appare meno compromesso e forse potrebbe davvero incanalare in forme democratiche la disperazione di molti «fellah». Ecco: forse il significato più autentico di questo voto sta nella sola forma in cui ieri questa rabbia ha potuto esprimersi, quella dell'astensione. Se dietro le dichiarazioni di facciata guardiamo alle ci- fre, la partecipazione al voto si rivela il dato più significativo. E' stata molto più bassa di quanto la «storica occasione» avrebbe richiesto, solo il 66,3 per cento degli algerini. E nella capita- le siamo intorno al 44 per cento, una percentuale ridicola. Il boicottaggio decretato dal Fis, le minacce di morte della Già hanno prodotto indubbiamente qualche effetto, ma dietro questa massiccia astensione di Algeri sta soprattutto la disillusione, l'idea che successive operazioni di restyling non bastino a trasformare un regime militare in democrazia. «Siamo ancora in un sistema ibrido, non più dittatura non ancora democrazia vera. Qualcosa nato dalla promessa che con le elezioni la violenza si sarebbe arrestata: promessa singolare, non trova?». Salima Ghezari, capo redattore della «Nation», il giornale strangolato dal regime ed ancora in attesa di riapertura, fa parte di quegli algerini in cui la storia recente ha instillato un pessimismo cosmico. «Come fa a dirsi democratico un governo che non garantisce neanche la sicurezza dei cittadini? Un Parlamento costruito in laboratorio e solo per dare legittimazione al potere? Io penso che queste elezioni non cambieranno nulla, se non nel provocare la collera di altra gente». Per scoprire se è vero non bisognerà attendere molto. Oggi, nella falsa allegria dei cortei di auto l'Algeria del dopo-elezioni si scopre un po' più democratica di prima, o preoccupata esattamente nello stesso modo. Il governo è fatto, si tratta solo di capire fino a che punto l'Mps ed il Fis riterranno di associare nella gestione della nuova fase il maggiore dei due partiti islamici. E' una mossa quasi scontata. Ritrovandosi assieme all'opposizione i partiti di Nahnah e Djaballah raccoglierebbero un centinaio di deputati, finendo col catalizzare anche la protesta degli altri. Il Fronte socialista, malinconicamente in declino dopo una campagna contraddittoria, per ora resta confinato in Khabilia assieme con l'altro gruppo regionale. Giuseppe Zaccaria Ha votato solo il 66,3 per cento degli aventi diritto e nella capitale alle urne soltanto il 44 per cento Al partito al potere e agli alleati dell'Fnl219 seggi su 380 L'apparato militare di sicurezza ha funzionato Gli osservatori della Lega Araba «Tutto regolare» Vi II presidente Zeroual e un'immagine dei suoi sostenitori in festa per la vittoria

Luoghi citati: Algeri, Algeria, Francia