Borrelli: i politici non vogliono controlli di P. Cor.

Il capo del Pool: siamo in una tenaglia, fra l'opinione pubblica e la classe dirigente Il capo del Pool: siamo in una tenaglia, fra l'opinione pubblica e la classe dirigente Borrelli: i politici non vogliono controlli E su Di Pietro: i giudici non sfruttino la notorietà MILANO. Al centro di una «disagevole tenaglia». Così Francesco Saverio Borrelli colloca la magistratura, stretta tra un'opinione pubblica diseducata dai media e una nuova classe politica «che non vuole soggiacere alla potenziale iniziativa» della giustizia. Parla con pacatissima pesantezza il capo della Procura di Milano davanti alla platea di magistrati riunita per confrontarsi sui temi dell'indipendenza e della carriera. Il suo dovrebbe essere il saluto d'esordio, diventa il centro di un pomeriggio afoso che riverbera - nel chiuso della Camera di Commercio - l'apertissima polemica tra magistrati e politici, a fronte di una opinione pubblica sollecitata allo scetticismo o a una indignazione «preconfezionata» da quei mezzi di comunicazione «ideologicamente e commercialmente ispirati». I POUnq DUNQUE La nuova classe politica seguita alla tempesta di Mani pulite («e anche ammaestrata da tale incisiva esperienza») è «tutt'altro che disposta a soggiacere all'immanenza vir¬ tuale di continue ispezioni ai fini di controllo di legalità» da parte dell'ordine giudiziario. Settori del mondo politico hanno perciò «trasformato alcuni problemi della Giustizia oggetto da tempo di discussioni dottrinali in problemi urgenti e urgentissimi». Quali? Il ruolo del pubblico ministero; il rapporto tra accusa e difesa; l'obbligatorietà dell'azione penale. Su questi temi i politici (e i mass media) hanno «martellato l'opinione pubblica» lasciando credere che siano loro la causa delle disfunzioni della Giustizia. «E' un'illusione ottica che porta a credere al cittadino comune che questi problemi - di alto profilo abbiano relazione prossima con il miglioramento qualitativo e quantitativo della giustizia». I MASS MEDIA, DUNQUE. Nelle polemiche «che si accendono intorno alle vicende in cui sono coinvolti personaggi di profilo forte» i mezzi di comunicazione di massa «ideologicamente o commercialmente ispirati» tendono a so • vraccaricare di emotività e a estremizzarne i termini. L'opi- nione pubblica - «nonostante subitanee accensioni giustizialiste, transitori entusiasmi e meno passeggeri culti di personalità» si trova disorientata oscillando «tra scetticismo qualunquistico e indignazioni prefabbricate». LA MACCHINA DELLA GIUSTIZIA, DUNQUE. «Se davvero l'inefficienza della macchina giudiziaria costituisce, come dovrebbe, il cruccio del momento, gli sforzi di modernizzazione e di riforma dovrebbero collocarsi ad altri livelli, organizzativi e procedurali». In sostanza Borrelli dice che ogni intervento innovativo sulla realtà esistente non dovrebbe spostare i fini, ma adeguare i mezzi della magistratura. E indica nella «lentezza defatigante dei processi penali, e nell'eclissi della giustizia civile» i veri nodi da sciogliere per rendere possibile il «miglioramento qualitativo del servizio giustizia che il cittadino reclama». IL MODELLO DJ MAGtSTlATtKA, DUNQUE. Borrelli sottolinea che «non è scientificamente provato» che l'intercambiabuità dei ruoli tra giudici e pubblici ministeri «inquini la terzietà del giudice». Aggiunge: «Al di là degli strilli giornalistici è mai stato condotto un monitoraggio per verificare se e in quale misura l'essere colleghi generi conformità tra le decisioni dei giudici e le richieste dei pm?». La ventilata suddivisione delle carriere ha una utilità «tutta da verificare». Come da motivare è la «la riforma dell'organo disciplinare», il Consiglio superiore della magistratura, la cui supposta politicizzazione si vorrebbe «omeopaticamente rimediare con .un aumento del contingente di estrazione politica». Conclude Borrelli: «Nonostan¬ te le inefficienze del servizio nella sua attuazione pratica, il modello di magistratura disegnato dai padri costituenti potrebbe rivelarsi ai nostri occhi tutt'altro che storicamente superato». DI MEiTIO, DUNQUE. In coda al convegno, immancabile assalto dei cronisti a Borrelli. Argomento: l'imminente discesa in campo di Di Pietro che il prossimo 13 giugno organizza il convegno «Democrazia e riforme» a Castellanza. Esordisce Borrelli: «Non ho nulla da dire a Di Pietro se non augurargli ogni fortuna». Ma in realtà qualcosa da dire ce l'ha: «In linea di principio sono abbastanza contrario allo sfruttamento della notorietà acquisita con indagini importanti, per altre finalità. Siano esse finalità commerciali, di libera professione, o anche politiche. Esprimo un mio gusto personale. Non pretendo di elevare le mie opinioni a regole dell'agire universale». Andrà al convegno? «No, non andrò a Castellarla - dice Borrelli -. Per la verità non sono stato neppure invitato». [p. cor.]

Luoghi citati: Castellanza, Milano