«0 il Polo cambio idea, o crolla tutto» di Augusto Minzolini

«0 il Polo cambio idea, o crolla tutto» «0 il Polo cambio idea, o crolla tutto» D'Alema: sulla scelta del premierato c'era l'accordo IL PRESIDENTE AL CONGRESSO MALMOE DAL NOSTRO INVIATO L'altra sera alla cena che ha riunito nelle sale del municipio di Malmoe i leader socialisti europei, mentre il rappresentante austriaco scambiava una salsa per una minestra - può capitare quando si è alle prese con la cucina svedese - Massimo D'Alema spiegava per filo e per segno ad Enrico Boselli come intende costruire la sua linea Maginot, cioè la tattica con cui intende far fronte al prevalere del modello semi-presidenziale in Bicamerale. «Io - ha fatto presente - non accetterò mai il semi-presidenzialismo senza una legge elettorale a doppio turno. Non credo neppure che questa strana proposta possa fare strada: anche con il tuo voto e quello dell'uomo di Dini non avrebbe la maggioranza in commissione, prenderebbe 35 voti su 70. Per cui o il Polo accompagna il semi-presidenzialismo con 3 doppio turno o si ricomincia da capo. L'alternativa è che crolli tutto». Poi, dopo aver tracciato la sua linea di confine, il segretario del pds ha posto al povero Boselli una elenco di domande senza risposta. «Non riesco ancora a capire cosa vuole davvero il Polo: c'era un accordo sul premierato, ma poi mi hanno chiesto un voto di bandiera sul semipresidenzialismo. Volevano un voto di bandiera o altro? Vallo a sapere. Berlusconi sembra sincero, Fini è interessato solo alla propaganda...». Ieri mattina altro colloquio del segretario del pds sulla Bicamerale, sui fatti di casa nostra. Prima di incontrare Blair D'Alema trova il tempo di spiegare a Valdo Spini, suo cavallo di 'Troia tra i semipresidenzialisti, cosa deve fare. «Mi ha chiesto - racconta lo stesso Spini-di essere perentorio con Berlusconi, di dire che il semi-presidenzialismo senza il doppio turno non avrà il mio voto. Se il Polo accetta questo tipo di sistema elettorale lui è pronto ad appoggiare il semi-presidenzialismo, non gli importa se Rifondazione e il ppi non ci staranno». Sentirà pure «odor di broccoli» ogni volta che i giornalisti gli ricordano i guai italiani, ma la passione per le verdure D'Alema a Malmoe ce l'ha di suo. Nei corridoi dello Scania Convention Centre l'assillo romano ritorna, non lo abbandona. Già una volta è stato preso in contropiede da quel voto a favore del semi-presidenzialismo e adesso il segretario del pds non può permettersi altre sorprese. Così riprende a tessere la sua tela ben sapendo che c'è una situazione di stallo. Ha abbandonato i sogni di gloria di un tempo, mette nel conto un insuccesso della bicamerale e sconta le conseguenze negative che ne avrebbe lui, il presidente. «Le riforme - dichiara - se si fanno bene, altrimenti non si fanno. Non è una questione di vittoria o di sconfitta di D'Alema. Occorrono all'Italia, io sono solo un civil servant». Per avere più chance nella trattativa D'Alema è tornato tra i mortali, è pronto ad accettare il fallimento. Achille Occhetto già lo prende in giro qui a Malmoe: «L'on. Bozzi non è morto perché la sua commissione non fece le riforme. Se fallisce la bicamerale c'è sempre la Costituente. Quella di Cossiga, di Segni... e di Occhetto». Ma se questo fosse l'epilogo della bicamerale, non ne pagherebbe le conseguenze il solo D'Alema. La stagione della Costituente, sempre che si apra, avrebbe altri protagonisti, da Di Pietro a Bossi. Insomma, non è detto che Silvio Berlusconi e lo stesso Fini ne siano i beneficiari. Anzi. Ecco perché il segretario del pds attende di vedere quello che succederà nel Polo, è attento ai contorcimenti del centro-destra: Pisanu che con una dichiarazione ritira fuori l'idea del premierato, Fini che si adira, Berlusconi che smentisce il capogruppo di Forza Italia. Lui, D'Alema, avrà preso pure una bella botta, sarà stato riportato con i piedi per terra, ma non è che gli altri alla prova dei fatti stiano volando. «Da lì - constata - non arrivano messaggi chiari». Il rischio vero è che alla fine tutto si risolva in un naufragio generale: che vincano solo i sacerdoti dello status quo, i conservatori ad oltranza, o i teorici del caos, quelli che non vogliono riformare le istituzioni ma smembrarle. E nell'attesa di vedere cosa farà il cavaliere o a cosa punta Fini, a D'Alema non rimane che star fermo sulla sua linea di difesa. A Roma la pidiessina Claudia Mancina sta preparando un emendamento da apportare al testo della proposta semi-presidenzialista che introduce in Costituzione il doppio turno. A Malmoe il numero uno del Bottegone ricorda ai giornalisti che «polisti» autorevoli come Urbani e Buttiglione hanno sempre detto, addirittura scritto («Urbani mi ha mandato una lettera») che il semi-presidenzialismo si sposa solo con il doppio-turno. «Il fatto che abbiano cancellato tutto - osserva - non lo commento, mi stupisce e amareggia. Io non cambio: senza il doppio turno il semipresidenzialismo crea un precario contesto democratico, come si fa a eleggere un presidente in un modo e una maggioranza in un altro? Sarebbe il caos». Per cui rimangono solo due strade. Se il polo accetta il doppio turno D'Alema è pronto a diventare semi-presidenzialista al costo di litigare con gli alleati di governo. «Nell'Ulivo - dice - non c'è disciplina di schieramento sulle questioni istituzionali, c'è libertà di coscienza. Altrimenti il semipresidenzialismo non avrebbe prevalso». Altrimenti si torna al premierato. «E' possibile tutto osserva il presidente della bicamerale - è stato adottato solo un testo base. Tra qualche settimana la commissione può bocciare quel testo e sostituirlo con un altro». E' il sogno di D'Alema. Augusto Minzolini

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