Prodi: l'Italia non tollera la tortura di Maurizio Molinari

Andreatta parla di «atti da via Tasso» e a Mogadiscio un giudice convoca i nostri generali Andreatta parla di «atti da via Tasso» e a Mogadiscio un giudice convoca i nostri generali Prodi: l'Italia non tollera la tortura Ma rischia di saltare la mediazione tra le fazioni ROMA. «L'Italia non è un Paese che tollera la tortura». Così LI presidente del Consiglio, Romano Prodi, è intervenuto da Pechino sul caso delle sevizie inflitte dai nostri para ai prigionieri somali nel campo di Johar nel 1993. Prodi ha quindi chiesto alla magistratura di «provvedere nel modo più severo» e di «svolgere le più scrupolose indagini». La procura militare è già al lavoro e, acquisite le foto pubblicate da «Panorama», lascia trapelare che la raccolta di elementi è a buon punto: potremmo essere vicini ad una svolta, che non tratterebbe più come singoli casi isolati gli episodi di torture e violenze rivelati. Le nubi si addensano sulla nostra missione in Somalia. «Siamo di fronte ad atti da via Tasso» ha detto il ministro della Difesa, Beniamino Andreatta, al termine di una giornata che ha visto levarsi dalla maggioranza la richiesta di «perseguire con severità i responsabili» e dall'opposizione quella di una «commissione di inchiesta». Fulmini anche sulla «Folgore»: i Verdi vogliono scioglierla mentre An dice che «non si tocca» ed il Cocer dell'esercito ricorda che «la nostra azione in Somalia è stata improntata alla massima umanità». Ma non è tutto, perché le fotoscandalo sono precipitate al centro di un vero giallo diplomatico. La loro pubblicazione rischia di mandare in frantumi l'ultima fase della mediazione italiana per riportare la pace a Mogadiscio. L'inviato speciale della Farnesina, Giuseppe Cassini, è al lavoro dallo scorso settembre, in raccordo con il sottosegretario agli Affari Africani Rino Serri, per riuscirvi. Dopo l'intesa dello scorso 20 gennaio a Mogadiscio l'Italia era ora in procinto di inviare Serri in Somalia per la formale ratifica-Ma la pubblicazione delle foto su «Panorama» potrebbe rovinare tutto. Tanto più che le rivelazioni sono finite in prima pagina nel giorno in cui Serri tornava da un viaggio, prima in Zimbabwe e poi a Lussemburgo, in cui la mediazione aveva fatto degli impor¬ tanti passi in avanti. Ad Harare, durante il vertice dell'Organizzazione per l'Unità Africana, i ministri degli Esteri di Etiopia, Eritrea, Kenya e Sudan nonché una delegazione del Consiglio di salvezza nazionale somalo avevano dato luce verde. E subito dopo in Lussemburgo i Quindici avevano risposto positivamente alla richiesta di aprire i cordoni della borsa, stanziando una prima tranche di 90 miliardi di lire per il 1997. Forte di questi risultati, l'inviato Giuseppe Cassini si apprestava a partire per mettere a punto gli ultimi dettagli dell'arrivo di Serri. L'accordo da ratificare è già pronto. Si articola in quattro punti: città sotto un'uni¬ ca amministrazione; riapertura del porto; formazione di un corpo di polizia; divisione fra tutte le fazioni delle imposte doganali. «Un accordo su Mogadiscio significa un accordo sull'unificazione nazionale - dice Rino Serri - e per questo non intendo rinunciare alla mia missione in Somalia, tenendo ben distinti il nostro impegno per la pace nel Corno d'Africa e la nostra condanna per gli episodi di violenza avvenuti». Cassini dunque partirà lo stesso, ma non avrà un atterraggio facile a Mogadiscio. La Farnesina ha chiamato il clan di Ali Mandi, padrone di Mogadiscio Nord, per saperne di più del giudice Hassan Ahmed Mahmoud, detto «Barba- lunga», che ha convocato i generali Giampiero Rossi, Bruno Loi e Carmine Fiore per rispondere di «atti disumani compiuti dai loro soldati». Gli uomini di Ali Mandi hanno glissato, sollevando dubbi sulla decisione di «Barbalunga», che potrebbe anche finire al macero. Ma questo significa che si è aperta una nuova trattativa, che Ali Mahdi porrà inedite condizioni e che altre fazioni somale potrebbero presto imitarlo. Non a caso ambienti somali a Nairobi ieri pomeriggio tornavano a puntare il dito contro il generale Loi chiedendo a Roma «un gesto riparatore». Maurizio Molinari La procura militare vuole accertare se sono stati episodi isolati o c'erano connivenze Una delle foto che già nel '94 documentavano sevizie ai danni di somali da parte di soldati italiani e il ministro della Difesa Andreatta