I Nobel aprono la scuola a chi ha 4 anni
LA NUOVA GENERAZIONE DI CUMATIZZATORI. Riserve all'interno dell'Ulivo sulla riforma, il latinista Paratore: si va verso la decadenza I Nobel aprono la scuola a chi ha 4 anni Dulbecco: per i bambini sarebbe un utile investimento MILANO. Tutti a scuola a cinque anni? Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina 1975, ha un consiglio ancora più ((precoce»: i bambini potrebbero cominciare a imparare a leggere e a scrivere fin dall'età di due anni e mezzo e la scuola potrebbe cominciare a 4 anni. Al convegno milanese «10 Nobel per il futuro», lo scienzato (che, da piccolo, saltò le prime due classi elementari passando direttamente alla terza) si dice «perfettamente d'accordo» con l'idea di rendere obbligatoria la frequenza dell'ul- timo anno di scuola elementare, avanzata da Berlinguer. «Ne ho parlato con lui proprio ieri - confida -. E' un buon inizio; è necessario dedicare la massima attenzione all'educazione dei bambini nei primi anni di vita, perché negli anni della prima mfanzia il cervello è poco programmato ed è in grado di immagazzinare ima enorme quantità di informazioni, sidla maggior parte delle quali le persone potranno contare per tutta la vita». E conclude: «L'abitudine corrente, in molti Paesi, di iniziare la scuola quando i bimbi hanno sei anni mi sembra un grave errore». Pollice verso nei confronti del progetto di riordino dei cicli arriva, invece, dal latinista Ettore Paratore: «Il ministro sta facendo di tutto per distruggere quello che di buono c'è nel nostro sistema scolastico - sostiene senza mezzi temimi -. Il rischio è che la scuola vada incontro a una lenta decadenza, nonostante si dica che si vuole il suo rilancio». Riserve arrivano anche dall'interno dell'Ulivo. Luciana Sbarbati, vicepresidente di Rinnovamento italiano, il movimento che fa capo al ministro Lamberto Dini, punta il dito sulle risorse: «Il governo abbia il coraggio di deli ■ nire un piano di investimenti straordinari - dice - dando cosi alla riforma la possibilità di decollare. Definire la legge sul riordino dei cicli "riforma epocale" e nel contempo varare un Documento di programmazione economica e finanziaria come quello attuale sembra un grande bluff. Non c'è ombra di volontà di finanziare ne tale riforma, né l'autonomia scolastica, né lo studio delle lingue, né l'aggiornamento dei docenti». Intanto, l'attenzione del mon¬ do cattolico e del ppi resta ferma sul tema della parità tra scuole statali e non statali. I gesuiti di Civiltà cattolica lo ritengono «un nodo complicato da sciogliere» e avanzano la proposta alternativa di riconoscere le scuole non statali come «servizi eli interesse pubblico»; il popolare Giovanni Bianchi invita a «superare lo storico e inutile steccato» e ad «accompagnare la parità giuridica con quella finanziaria». Ma a preoccupare è anche la «qualità della scuola». Gli studenti delle superiori presentano oggi a Roma i risultati di una iniziativa che tanto ha già fatto discutere: 50 mila allievi hanno dato i «voti» ai loro professori. E i contro-scrutini non sono incoraggianti: quasi il 60 per cento degli studenti boccia i propri insegnanti, valutandoli come «insufficienti» e assegnando loro un voto dal 5 in giù. Il questionario è stato predisposto dall'Unione degli studenti (organizzazione giovanile con sede presso la Cgil), e si basa su otto domande, una delle quali riguarda il fatto se gli insegnanti discutano «apertamente con la classe di ciò che avviene fuori dalla scuola». Anche su questo fronte i risultati non sono confortanti: il 49,2 per cento degli studenti sostiene che lo fa una «esigua minoranza» di insegnanti; il 25,2 per conto risponde che nessuno parla con loro di quel che avviene fuori della scuola. Chissà chi potrà orgamzzarc anche per i «prof» i corsi di recupero? [m. tor.] A destra il Premio Nobel per la medicina, Renato Dulbecco
Persone citate: Berlinguer, Dulbecco, Ettore Paratore, Giovanni Bianchi, Lamberto Dini, Luciana Sbarbati, Paratore, Renato Dulbecco
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