Ad Algeri un voto tra i fucili

Ad Algeri un voto tra i fucili REPORTAGE IL TERRORE NELL'URNA Attesi nella notte i primi risultati, ma la vittoria del partito di Zeroual appare scontata Ad Algeri un voto tra i fucili Affluenza buona ma inferiore alle presidenziali ALGERI DAL NOSTRO INVIATO Gruppo di famiglia nell'Algeria contemporanea: papà giovane, mamma attraente, figli che sprizzano omogeneizzati e in mezzo un'autoblindo a colori mimetici. Avrebbe dovuto essere solo una pubblicità, questa (assicurazioni Cemm, «joie de la sécurité»), eppure anche oggi ad Algeri il reale finisce con l'invadere il virtuale, l'emergenza per scolorire i sogni di democrazia. Quel cartellone non prevedeva intervento di mezzi militari, però è fissato ad un ponte dell'autostrada allo svincolo di Bab El Ouedi. E per le prime elezioni democratiche nella storia del Paese, dopo gli attentati degli ultimi giorni, la bomba al mercato, le minacce integraliste, l'autostrada che arriva da Est è presidiata come un bastione. Adesso un blindato sta puntando il suo cannoncino su una fila d'auto mentre gendarmi controllano i documenti, e dai parabrezza gente rassegnata osserva il gioco delle prospettive. Così, in primo piano, il blindato si sovrappone al cartello che gli fa da sfondo, il «camoufflage» desertico invade i colori. Il custode cingolato della «sécurité» invade lo slogan e se ne appropria. Da quel poco che le elezioni cominciano a rivelare, tutto lascia credere che dovrà farlo ancora a lungo. Per parlare di risultati è presto, le prime cifre giungeranno solo nella notte, eppure l'affluenza al voto sembra dimostrare che l'invito al boicottaggio del Fis, le minacce di morte degli integralisti hanno sortito qualche effetto. Fin da metà mattinata l'a genzia governativa ha lanciato messaggi che parlavano di file dinanzi al seggi dell'Est, enor me affluenza a Ghardaja, voto compatto ad In-Salah, mentre chissà cosa accadeva a Taman rasset. Solo nei remoti angoli di que st'impero di sabbia gli algerini sembravano fare il loro dovere. Meglio: «Sfruttare questa grande occasione», come il presidente Zeroual aveva ripetuto poche ore fa votando in una scuola di Algeri. Invece è prò prio dalla capitale che per il governo sembrano giungere le prime delusioni. Ad Algeri tradizionalmente si vota meno. Nella Casbah, a Bab El Oued, nelle «banlieues» la pressione degli integralisti è più forte che altrove. Eppure se fino a metà pomeriggio il dato sembrava confortante («siamo al quaranta per cento - diceva l'ufficio elettorale - meglio che nelle presidenziali del '95») verso le diciotto, ad un'ora dalla chiusura dei seggi, l'affluenza appariva rallentata. A conteggi esauriti dovremmo essere ben lontani dall'unico possibile riferimento «democratico», il 75 per cento di votanti di quattro anni fa. Cos'è, l'appuntamento con la storia non ha esercitato richiamo? Qui, nel quartiere di Hydra, lo sta esercitando. E' metà pomeriggio, la scuola in cui si vota ha i colori che doveva avere l'Algeri di una volta, bianche pareti di palazzetti coloniali, delicato avorio sulle colonne. Non meno delicati, anzi affettati sono toni e movenze di chi arriva a votare. Signore eleganti, ragazzine chic, uomini in quella tipica grisaglia araba che tenta di mescolare tessuti luccicanti a ipotetica sobrietà. L'atmosfera del quartiere non significa Algeria, però. Questa è la zona delle ambasciate, di un'alta burocrazia sovravvissuta con successivi, leggeri «maquillages» all'amministrazione francese, agli anni del collettivismo, a quelli dell'industria pesante, del petrolio, della crisi economica, della «ricostruzione» fatta coi carri armati. «Per chi ho votato? Mais pour les démocrates...». In questo quartiere «les démocrates» sono quelli del Raggruppamento nazionale (e democratico, appunto) che con la sigla RND si appresta a rinnovare, dopo ulteriore «maquillage» multipartitico, la leadership del presidente Zeroual. Questa città nella città, questo torrione del castello assediato, non mostra dubbi. Non li mostrano i suoi abitanti, non li autorizzano il clima, questa sua aria deliziosamente «retro», le stradine linde, i verdi alberi ombreggianti, la quiete su cui vigilano centinaia di uomini in divise blu, giubbetti di piombo e mitra bene in vista. Da qui osservare la Casbah ti fa abbracciare in un colpo d'oc¬ chio distanze siderali. Hydra guarda il golfo dall'alto, domina la città che discende a scalini, osserva distante il cuore più povero e antico di questa irriducibile città. E' anzitutto cromatica, la distanza: in un'Algeri che ancora si distende chiara, un cuore color mattone mostra dall'alto un reticolo di budelli che paiono vene, ed in quelle vene scorre un sangue di integralisti, pronto ad essere versato. La Casbah: il solo seggio cui i poliziotti ti consentono di giungere è all'ingresso di un budello in salita, si affaccia sulla città come chi se ne stia ritraendo. Anche questa è una scuola, una scuola elementare, ma qui i poliziotti costituiscono il solo arredamento umano del luogo. Gli elettori sono uno, due... quattro in tutto, solo persone anziane. Due sono donne, velatissime. Nessuno apre bocca, anche perché se ad Hydra i mitra dei soldati avevano un'aria protettiva qui riprendono esattamente la loro funzione. Sui muri del vicolo, i pochi volantini elettorali sono sommersi dalle foto dei ricercati. Gente di qui, figli e nipoti di questi elettori, estremisti islamici su cui il governo ha imposto taglie. Per chi voterà mai, la gente della Casbah? Inutile chiederglielo, ma non c'è bisogno di conferme. Qui come in tutta la parte dei 37 mila seggi collocata in aree popolari l'Msp, o «movimento per la società e la pace» di Mahfud Nahnab avrà la maggioranza dei voti. L'islamico moderato, lo «scheik» che nel '95 rappresentava il movimento «Hamas», adesso si presenta sotto vesti nuove, meno radicali, e punta a raccogliere l'eredtà del Fis ormai fuorilegge. Adesso per esempio è tardo pomeriggio, i seggi sono ancora chiusi e questo religioso con pantaloni a zampa d'elefante tiene già una conferenza stampa per denunciare brogli. Brogli governativi, è ovvio. Però quattro anni fa aveva fatto l'identica cosa minacciando rappresaglie e adesso invece parla di truffe ma con l'aria sorniona di chi non esclude la possibilità di coalizioni. Anche Siddik Debaily, segretario del fronte socialista (Ffs), dice che in provincia è accaduto di tutto, schede falsificate, urne già piene all'apertura dei seggi. I 200 «monitors» europei non potranno aver controllato tutto, eppure sembra già di poter anticipare il loro responso: elezioni «complessivamente» regolari. Regolare, visto il clima, è anche il contorno d'attentati. Una bomba a Jelfa, trecento chilometri dalla capitale, un morto e un ferito. Scontri tra fazioni a M'fila. Aspettiamoci dell'altro. Soprattutto se fra poche ore, dopo lo spoglio dei voti, l'Algeria dovesse scoprirsi in un'altra prospettiva rovesciata, cioè affetta da una nuova sindrome turca. Ad un presidente che vorrebbe atteggiarsi a nuovo Atatùrk, potrebbe contrapporsi seriamente un islamico moderato che già lavora come il nuovo Erbakan. Giuseppe Zaccaria Potrebbe emergere una forza islamica moderata sul modello turco oa, colonne. zi affettae di chi arragazzine lla tipica nta di meanti a ipoosfera del a Algeria, delle amurocrazia uccessivi, » all'ame, agli an a quelli e, del peconomica, fatta coi Mais pour n questo rates» soppamento atico, apla RND si Un membro delle forze di sicurezza in un momento di calma nella diffìcile giornata elettorale di ieri Controlli di polizia all'ingresso dei seggi a Algeri e il voto del presidente Liamine Zeroual

Persone citate: Erbakan, Giuseppe Zaccaria, Liamine Zeroual, Salah, Zeroual