«Liberalismo sì, ma attento ai valori» di Mario Baudino

7 Al convegno di Liberal si discute di lavoro e Welfare: il mercato non è l'Eden «Liberalismo sì, ma attento ni valori» Novak spiega il successo Usa NAPOLI DAL NOSTRO INVIATO «Vuole in due parole la differenza tra America ed Europa? Noi, 21 anni fa, avevamo negli Usa 50 milioni di posti di lavoro. Ora ce ne sono 130, e cioè 80 milioni in più, meglio pagati di prima. L'Europa, nello stesso periodo, ha perso 2 milioni di occupati». Michael Novak, rispettato alfiere mondiale del neoliberalismo cattolico, teologo con cattedra all'American Enterprise Institute di Washington, è a Palazzo Reale per il convegno di «Liberal» su «Il liberalismo nel XXI secolo»; lontano dal palco degli oratori, affronta il problema del lavoro e dello Stato sociale, destinato a costituire uno dei leitmotiv nelle giornate di studio, che proseguono fino a sabato con ospiti da tutto il mondo. Ieri l'inaugurazione, con il sindaco Bassohno, Ferdinando Adornato e Galli della Loggia (due dei direttori di «Liberal»), Giuseppe Bedeschi, Sebastiano Maffettone, Giacomo Marramao, coordinati da Fiamma Nirenstein. Nicola Matteucci non ha potuto partecipare di persona, ma ha inviato un ricordo di Croce, nel nome del quale, del resto, lo stesso Bassolino ha aperto i lavori. Croce, liberale del passato? Mica tanto, a giudicare dal tono dell'incontro, alla sua prima giornata, dove l'insistenza sugli aspetti «etici» della libertà ha dominato la discussione. Nell'era della «mondializzazione», dell'economia globale, quale può essere il futuro del liberalismo, se ce n'è uno? E in questo passaggio difficile, che cosa rimane all'Italia? Secondo Adornato, un enorme lavoro da compiere, in un Paese che non sembra «in grado di respirare se non con le branchie della guerra fredda». Adornato punta U dito contro la cultura polìtica italiana, che «da una parte oscilla tra populismo e liberalismo, sotto l'ipoteca di un partito azienda, dall'altra tra statalismo e mondializzazione, in una confusa lotta tra" centristi e post-comuni sti»; sottolinea «il rachitismo della società e l'obesità della politica» e soprattutto la richiesta continua di «appartenenze e militanze di ferro». «Il manicheismo è diventata la forma italiana di bipolarismo», e in queste condizioni si assiste «a un'orgia verbale di liberalismo mentre il Paese resta niente affatto liberale». La soluzione? Non un'orgia alternativa, di «mercato», ma una serie di «modernizzazio ni». Anche perché l'atteggiamento verso il mercato potrebbe essere decisivo per la sorte del liberali smo futuro. E' il tema di Galli della Loggia: nel nostro secolo i due to talitarismi, fascismo e comunismo, hanno vinto quando, in mo menti di grave crisi sociale, hanno saputo sfruttare in modi diversi il sentimento di disperazione e d'isolamento, l'ansia di sicurezza e i vincoli di tipo collettivo, il deside rio di un futuro certo e migliore. «A tali sentimenti e ansie così disperati - spiega Galli della Loggià - il liberalismo non è stato in grado di dare una risposta», per che i suoi due aspetti qualificanti l'individuahsmo e il razionalismo si sono rivelati una debolezza. Ora lo scenario mondiale cambia rapidissimamente, tramontano le culture a sfondo statalista della socialdemocrazia e del «Welfare», esplodono i meccanismi di mercato. Il rischio è, da un punto di vista liberale, credere che questo sia l'Eden tanto sognato: bisogna invece riscoprire qualcosa che è stato sempre avversato, o considerato «sovrastrutturale», e cioè la politica. E' necessario un salto di qualità simile a quello avvenuto all'inizio del secolo, quando la cultura liberale scoprì quella democratica: per Galh della Loggia la riscossa del mercato per tanti versi è positiva, ma bisogna «rivendicare non solo l'imprescindibile autonomia ma in un certo senso anche la superiorità della sfera politica». Insomma, «affermare i diritti della sovranità popolare», fare i conti con la «globalizzazione», lanciare una sfida sul terreno dei valori. Potrebbe essere il filo che verrà ^S^ffifiSSffi tessuto oggi nelle diverse sessioni, dove sono attesi Angelo Panebian co, Giuliano Amato, Jacques Attali, Luigi Abete e gli storici Nolte e Furet? Il liberalismo che affronta le «questioni ultime»? Novak, che pure ha legato il suo nome a due studi notissimi come «Lo spirito del capitalismo democratico e il cristianesimo» (Studium) e «L'etica cattolica e lo spirito del capitalismo» (Comunità) sembra nutrire qualche dubbio. «Per noi in America la parola globalizzazione ha un suono positivo e famigliare, ci siamo dentro. Per voi ha un suono minaccioso. Il problema forse non è il mercato, ma la testa. Il capitalismo è una questione di testa, di carattere, di ottimismo». Ma in Europa - basti pensare alle elezioni francesi - sembra avanzare un'onda se non di segno opposto, certo molto cauta nei confronti del mercato, che dà ragione a chi si pone preoccupazioni etiche per il futuro. «Sì. Perché l'Europa ha bisogno di sicurezza. Come già diceva Tocqueville, agli americani piace rischiare. Agli europei no. E del resto hanno alle spalle tali tragedie da giustificare ampiamente un bisogno di sicurezza». Mario Baudino ~ / /- V fc> * t/t' L nel Ferdinando Adornato al tavolo dei relatori al convegno di Napoli