La sconfitta del presidente

La sconfitta del presidente La sconfitta del presidente Berlusconi: ha la sindrome chiracchiana... ROMA. Alle due in punto la grande porta della Sala della Regina si schiude e il sipario che si alza su uno spettacolo a tinte forti: 1'«impazzimento» del Palazzo. Ecco Peppino Calderisi, un ex pupillo di Palmella che coltiva un rapporto quasi erotico con le riforme istituzionali: «Ha vinto D'Alema, ha vinto D'Alema!», ripete Calderisi, che è pur sempre vicepresidente dei deputati di Forza Italia. Ma come? D'Alema non ha osteggiato fino all'ultimo il presidenzialismo? E Calderisi, ondeggiando tra i marmorei busti di Gramsci e Turati, insiste con voce stentorea: «Lui non si è mai pronunciato contro questa riforma e ora la saprà innalzare e portare davanti agli elettori. Ha vinto anche D'Alema!». Un cronista scherza: altre due vittorie così e D'Alema torna a fare il deputato di Gallipoli... Giorgio Rebuffa si avvicina a Calderisi: «Dai andiamo via...». Ma Calderisi, col sorriso di chi non crede completamente a quel che sta dicendo: «No, resto ancora un po' qui...». E al primo cronista che incrocia ripete il suo tormentone: «E' una vittoria di D'Alema!» e ride come un bambino che ha appena rubato la marmellata. Ma ecco spuntare Clemente Mastella, uno dei leader dello schieramento vincente: a rigor di logica dovrebbe essere al settimo cielo, non è vero onorevole? «Beh, diciamo la verità: a me il semipresidenzialismo non mi fa impazzire e comunque sia chiaro: se nel Polo qualcuno parla di doppio turno, sappia che il ccd se ne va...». Il bello è che un personaggio smaliziato come Mastella, finisce per metterla sul patetico: «Per fondare il ccd abbiamo lasciato amicizie e affetti e ora ci vogliono portare via il partito? Non se ne parla proprio...». Ma qualcuno felice ci sarà pure in questo Palazzo? C'è, c'è, ma non è del Polo. Eccolo il beato di Montecitorio: è Achille Occhetto. Sembra ringiovanito di 10 anni e può finalmente affondare il coltello da squartatore nella pancia più detestata: «D'Alema le ha proprio sbagliate tutte...». Strana, stranissima giornata questo 4 giugno 1997: potrebbe essere una data storica per il sistema politico italiano, ma i protagonisti la vivono folgorati da una scossa elettrica che quasi inverte i ruoli. Chi detesta D'Alema gode senza freni, chi ha vinto sembra abbia perso e chi ha perso non trova di meglio che prendersela con D'Alema, quasi fosse il genio del male. Una giornata culminata nel voto decisivo, ma iniziata all'insegna di uno straordinario nervosismo. Protagonista, Massimo D'Alema. Il suo fervorino prima del voto finale si trasforma in una campagna elettorale pro-premierato, interrotta da durissime contestazioni che in qualche modo finiscono per intaccare l'autorevolezza del presidente della Bicamerale. D'Alema propone «una più limpida legitti- mazione diretta del premier», ipotizza «un ballottaggio a due per i premier», suggerisce «norme anti-ribaltone», arriva a dire che «il sistema semipresidenziale porta necessariamente al doppio turno». Fuoco sulle ferite di tutti e infatti le interruzioni sono di inusitata durezza. Tatarella: «Lei non rappresenta più la presidenza!»; Casini: «La sua è una scorrettezza grave, dice cose che non sono scritte da nessuna parte»; Fini: «Lei hai il dovere di essere imparziale, non è il relatore»; Bertinotti: «Le sue forzature non trovano ragione neanche nell'ipotesi che lei si senta in minoranza». E nella tensione del botta e risposta, D'Alema arriva a dire che la bozza scritta dal suo compagno di partito Cesare Salvi «è lacunosa». Finalmente alle 14,01 si vota, si consuma la sorpresa e il primo ad apparire sulla porta della Bicamerale è Domenico Nania. Il posatissimo «dottor Sottile» di An, con la sua barbetta rasata e i suoi argomenti capziosi, non sembra più lui: alza le braccia al soffitto come un ultra della curva. Ma i commenti del dopo-partita si spostano rapidamente nei divanetti del Transatlantico. Ecco un antico ammiratore di D'Alema come Diego Novelli: «Che tonfo Massimo! Ha detto ai leghisti "venite, venite", loro sono venuti e sono stati determinanti!». In Transatlantico fa una fugace apparizione anche D'Alema, che incrocia un polemista affilato come Filippo Mancuso. Che racconta: «Qualche tempo fa, incontrai D'Alema nell'aula di Montecitorio e eli dissi: ha sbagliato ad as¬ sumere la presidenza della Bicamerale, la lasci al suo destino. E sa come mi rispose D'Alema? "Ma la Bicamerale è il mio destino"». E Mancuso sorride. Ecco di nuovo il loquacissimo Mastella: «Berlusconi mi ha appena telefonato e mi ha detto: stai tranquillo sulla legge elettorale. D'Alema? Ha fatto il furbo e se l'è presa in quel posto! E' la sindrome chiracchiana...». E Cossutta? Il vecchio comunista risfodera un linguaggio da guerra fredda per etichettare gli ulivisti che hanno votato per il semipresidenzialismo: «La colpa? E' dei transfughi dell'Ulivo». Fabio Martini Passa il «modello francese» LE PROPOSTE BOCCIATE PREMIERATO Il candidato premier viene eletto insieme alla maggioranza, con un ballottaggio tra i due leader delle coalizioni più votate. La Camera può esprimere solo sfiducie costruttive, con l'indicazione del nome del nuovo premier (su questo punto, però, la sinistra era disposta a presentare un emendamento). Il primo ministro può sciogliere il Parlamento, a meno che non sia stata presentata contro di lui una mozione di sfiducia 1 PREMIERATO DOLCE (Rifondazione) La proposta di Rifondazione limitava il potere di scioglimento delle Camere riconosciuto al premier nel caso in cui il Parlamento avesse negato la fiducia espressamente richiesta dal premier su un progetto, e il Presidente avesse constatato l'impossibilità di formare una nuova maggioranza. SEMI PRESIDENZIALISMO: 36 Forza Italia 12, Alleanza Nazionale 9, Ccd-Cdu 5 Lega 6, Misto 2. PREMIERATO: 31 Pds 18, ppi 7, Verdi 2, Rifondazione 3, Misto 1 ASTENUTI: 3 Occhetto (pds), Passigli (pds), Fisichella (An) fra mille colpi di scena magagli CHE COSA SUCCEDE ADESSO La Bicamerale continua i suoi lavori sul testo base fino al 30 giugno Il testo definitivo resta un mese a disposizione dei parlamentari, poi passa al vaglio delle Camere, che dovranno votarle con due successive deliberazioni (come previsto per le leggi costituzionali dall'articolo 138 della Costituzione) a intervallo non minore di tre mesi Il testo approvato sarà sottoposto entro tre mesi a un referendum popolare, a meno che la seconda votazione alle Camere non abbia ottenuto una maggioranza superiore ai 2/3 Tempo minimo per la nascita della II Repubblica: maggio '98 IL TESTO BASE APPROVATO DALLA BICAMERALE Il Presidente della Repubblica è eletto direttamente dal popolo. Se nessuno dei candidati ottiene la maggioranza assoluta al primo turno, si ricorre al ballottaggio tra i primi due. Rimane in carica per 5 anni ed è rieleggibile una sola volta. fljp£ Al Presidente spetta il potere di nomina U e revoco del primo ministro e del governo M e quello di scioglimento della Camera dei deputati. Non può però sciogliere il Parlamento nel primo anno di legislatura se la sua elezione è contemporanea a quello delle Camere e nei primi due anni di nuova legislatura se le Camere sono elette in un tempo diverso. Mi Presidente presiede il Consiglio dei ministri, ma può anche delegare tale funzione al premier su determinate materie. Presiede il Csm ed è non solo il «rappresentante dell'unità nazionale», ma è anche ai) garante dell'indipendenza e dell'integrità della nazione». ^11 Presidente nomina il primo ministro, tenendo conto del risultato delle elezioni «, * politiche. Su proposta del premier nomina i ministri, che non possono essere più di 18. Entro dieci giorni il premier presenta il suo programma alla Camera Il premier dirige, guida ed è responsabile dell'indirizzo politico generale del Paese. La fiducia è presunta, quindi non sottoposta a voto. La Camera, però, può sfiduciare il governo con una mozione presentata da almeno un terzo dei componenti e approvata a maggioranza assoluta: in questo caso, il premier na l'obbligo di dimettersi e il Presidente può sciogliere la Camera o nominare uri nuovo premier e un nuovo governo. Il Parlamento in seduta comune può far «decadere» il Presidente della Repubblica quando ritiene che egli abbia violato norme costituzionali. La decadenza deve èssere promossa dallo maggioranza dei parlamentari e deve essere deliberata a maggioranza dei due terzi. dNj ì, ruolo di «leader dell'opposizione» è ì previsto dalla Costituzione. Il suo parere è obbligatorio per Presidente e primo ministro in caso di dichiarazione di guerra e per altre questioni riguardanti la sicurezza nazionale.

Luoghi citati: Gallipoli, Roma