I comunisti nel governo di Jospin
9 Nell'esecutivo che verrà annunciato oggi il pcf avrà due ministri e un sottosegretario I comunisti nel governo di Jospin E'guerra interna tra i neogollisti Barre: «Chirac la deve pagare» PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Nel giorno più lungo per la Destra, con Philippe Séguin che chiede la testa di Juppé nello rpr e il leader udf Francois Léotard dimissionario, la Francia ha appreso che due ministri e un sottosegretario porteranno la falce e il martello in seno al governo rosarosso-verde Jospin «moralmente inattaccabile» la cui formazione è attesa per oggi pomeriggio. Dentro i comunisti, quindi, ma anche Verdi, Radicali e Movimento dei cittadini. Coalizione ecumenica a cinque, con il ps a fare da chioccia. Il pcf dovrebbe vedersi assegnare dicasteri significativi, ma non chiave. Interni (forse Daniel Vaillant), Quai d'Orsay (Delors? Preferirebbe una «missione speciale» sull'euro, forse vedremo Rocard o Elizabeth Guigou), Difesa (incertezza ancora totale) ed Economia (l'ex ministro mitterandiano Dominique StraussKahn) rimarranno saldamente in mano ai socialisti. Per consolarsi, il segretario pcf Robert Hue non potrà insomma che invocare le «concessioni» fattegli - almeno così dice - da Jospin: cita, in particolare «segnali forti» su aumenti salariali, una visione sociale dell'Europa e la stangatina in programma sui redditi finanziari. Nessuna cifra, per carità. Né un calendario preciso. Parlare di «contentino» non è fuori luogo. Ma Hue doveva pur ammansire la base comunista e una minoranza interna ostili all'ingresso acritico nell'esecutivo Jospin. In ogni caso, il pcf non l'ha ancora spuntata su «France Télécom», la cui privatizzazione con allargamento di capitale doveva scattare entro ieri sera. Su un bollettino interno, il pdg Michel Bon ne comunica il rinvio. Le ragioni sono tecniche. Lunedì Juppé era ancora a Matìgnon ma sul piede di partenza, e Lionel Jospin un premier incaricato privo di esecutivo. In tali condizioni, impossibile rispettare la scadenza. Ma il primo niinistro non può che rallegrarsi della congiuntura. Far slittare la.scelta all'autunno, come probabile, gli lascia il tempo per ammorbidire il pcf, vagliare il mercato e le eventuali reazioni pohtico-finanziarie, nonché mettere a punto una linea sinora troppo elettoralistica. Tra riserve, oui e non, nessuno oggi sa dire che cosa il ps voglia fare dell'impero France-Télécom se non «consultare il personale». Bon spera ancora di convincere Jospin a dargli il via libera. Non avverrà comunque nei tempi previsti. Quanto a Vilvorde, Renault vuol sempre chiuderla e Jospin rimpiange forse di aver promesso il contrario. Nebbia fitta anche sull'Europa, con dichiarazioni contraddittorie. A un portavoce ps Francois Hollande secondo cui Jospin denuncerebbe il «patto di stabilità» su cui dovrebbe imperniarsi l'euro, fanno da contraltare dichiarazioni meno incendiarie di madame Guigou, l'eurospecialista del partito. Il ps Don sbanda ancora, ma cerca disperatamente una linea che sintetizzi realismo e innovazione rassicurando i par- tner (e l'Eliseo) senza apparire troppo conservatrice. Le ore trascorrono frenetiche. Superato in tempi brevi lo scoglio pcf, restano da disegnare gli equilibri personali e politici di una nuova maggioranza il cui pluralismo non favorisce certo la compattezza. In attesa di concentrarsi sulla coabitazione (il «Canard enchainé» gli attribuisce peraltro una micidiale freddura: «L'ufficio di Chirac all'Eliseo mi ha impressionato ben più del suo inquilino»), Jospin si guarda le spalle. La «squadra» governativa avrà da essere variegata ma compatta e senza stonature né battitori liberi. Bisogna convincere la Francia e il mondo della sua intrinseca serietà. Il compito è difficile. Ma la Destra francese sembra davvero volerglielo agevolare moltiplicando le faide interne. Se Alain Juppé e Lionel Jospin si sono intrattenuti ieri per pochi minuti per il classico passaggio di consegne, non bisogna forse cercarne la spiegazione nella loro irriducibile rivalità. E' che il primo ha vissuto un vero martedì nero. Dimessosi da pre- mier, gli rimaneva la contestata leadership gollista. Impossibile conservarla. Ma Juppé - e, sembra, Chirac - preferivano una transizione lunga, con assise autunnali per intronizzare Séguin. L'ex primo ministro le annuncia nel pomeriggio. «Inaccettabile» sentenzia il successore che lo invita a fare immediatamente le valigie «senza nascondersi dietro ragioni statutarie». E i balladuriani, sul cui appoggio Juppé era sicuro di contare, si defilano. Non gli resterà che capitolare, e nel peggiore dei modi. Si evoca persino una vera scissione in seno allo rpr. «Non credo avremo più di un gruppo parlamentare gollista» commenta Juppé: smentita, ma dubitativa. AU'udf, invece, la «notte dei lunghi coltelli» si annuncia per il 19. Fuori Léotard, e sopravviva il migliore. Sull'onda dell'epurazione, persino il placido ex premier Raymond Barre si concede un'enigmatica battutaccia: «Chirac deve pagare il prezzo dello scacco». Non gli chiederanno mica un secondo harakiri? Enrico Benedetto La privatizzazione di France-Télécom osteggiata da Hue che doveva scattare lunedì è sospesa e slitterà per «motivi tecnici» PRESIDENTE FI LA CÓABiTAZIONE ^( PRESIDENTE E PRIMO MINISTRO 01 SINISTRA PRESIDENTE E PRIMO MINISTRO DI DESTRA 1 wmm**,. F. MITTERRAND F. MITTERRAND S3fl 82 83 84 85 86 8? SEES 89 90 91 92 93 94 ffjgE} 96 <>M1 PRIMO MINISTRO CÓABITAZIONE COÀ8ITAZKM CÓABiTAZIONE M. ROCARD RBEREGOVOY E.CRESSON 89 90 91 fijBjBBH 92
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