Napoli i vip alla corte di Liberal di Filippo Ceccarelli

Napoli/ i vip alla corte di liberal Da Romiti a Shimon Peres per il congresso organizzato dalla rivista di Adornato Napoli/ i vip alla corte di liberal Un cyber-dibattito sulfuturo delle ideologie INTELLETTUALI E POLITICA POTERI forti, poteri deboli e poteri alla ricerca di aggettivi. Si comincia, oggi pomeriggio, con il sindaco Bassohno e si chiude sabato con Cesare Romiti. In mezzo Marco Pannella e il cardinal Ruini, Veltroni e Berlusconi, e quindi, pure in azzardata varietà, Cossiga, Scalfari, Amato, Buttighone, Colletti, Martinazzoli, senza contare gli storici Nolte e Furet, il filosofo Novak, l'islamista Bernard Lewis, l'ex premier israeliano Shimon Peres... Come si dice in questi casi (anche scontando un che di inevitabilmente pubblicitario o di liberisticamente commerciale) «è tutto un programma» il convegno che Liberal ha organizzato nel teatro di corte del Palazzo Reale, a Napoli, sul «Liberalismo nel XXI secolo». Programma d'indubbia imponenza con qualche eccesso, forse, di giganteggiamento tecnologico tipo postazioni Stream in sala e siti Web pronti a distribuire gli interventi in tempo reale nel cyberspazio. Calendario piuttosto denso, una sessantina di loquacissimi partecipanti (promossi discussants, trasformatosi il vecchio «moderatore» in chairman) comunque destinati ad animare ben quattro giornate; anche due dibattiti prima di pranzo e due prima di cena, il coffee-break come via di provvisoria salvezza in un turbinare di ruling class, etica, Europa, globalizzazione, Stato sociale, ideologia italiana, Prima Repubblica, mercato e democrazia all'inizio del Terzo millennio. E tuttavia, a parte i ritmi da catena di montaggio cerebrale, e quel sovrappiù di anglofilia, ecco, almeno per chi abbia ancora qualche residua speranza nelle idee - oltre che nella buona fede di chi fa 10 sforzo di esprimerle -, l'incontro internazionale di Liberal appare senz'altro uno dei rari tentativi di reagire a un andazzo di scetticismo e menefreghismo culturale cui fa riscontro, su un altro piano, l'obiettiva emarginazione dell'Italia e della sua classe dirigente da quasi tutti i processi di vitalità. In questa logica, che certo trova 11 proprio riferimento storico nei convegni degli «Amici del Mondo», ancora una volta il liberali¬ smo sembra un rispettabile pretesto per parlare d'altro e con altri da Giano Accame a Beppe Vacca che pure liberali non sono mai stati, e difficilmente liberali diventeranno. Del liberalismo, oltretutto, non esiste una definizione compiuta e unificante; né si può pensare che i tre direttori della rivista, e cioè Ferdinando Adornato, Ernesto Galli della Loggia e Giorgio Rumi detengano una qualche esclusiva. In un certo senso, si può dire che in Italia la questione di chi sia il vero «liberale» è antica quanto il liberalismo. «In un secolo e mezzo di storia la parola si è imbevuta di tanti significati diversi, che dice troppe cose e quindi non ne dice più nessuna definitiva»: questo scriveva nel 1946 Gaetano Salvemini, apprestandosi a un arduo lavoro di enumerazione e classificazione che addirittura partiva dagli oppositori della reazione dispotica e clericale tra il 1814 e il 1848. Bene, alle sette tipologie salveminia- ne si potrebbero ora aggiungere i più diversi liberali venuti fuori nei seguenti cinquant'anni. E quindi Croce (omaggiato a Napoli da Nicola Matteucci), gli azionisti, Malagodi, il gruppo del Mondo, quindi Pannella, Segni, i Lib-Lab, Zanone, il professor Urbani e adesso gli intellettuali di Liberal. Ai quali intellettuali, va anche detto, gli avversari (diciamo di sinistra come MicroMega) rimproverano di usare questo benedettissimo liberalismo come un innocuo involucro ripieno di presidenzialismo, revisionismo storico e garantismo a senso unico; oppure come alibi acrobatico per non schierarsi, tenere il piede in due staffe, assestare colpi ora al cerchio ora alla botte (da cui «cerchiobottismo») e intanto fare carriera. In realtà, non è facilissimo delimitare dal punto di vista ideologico i confini di una rivista, di un ambiente, di un «giro», ormai, nel quale più che le appartenenze contano i contatti personali, le reti di relazione, i reciproci riconoscimenti. Così, c'è un po' di tutto, in Liberal: un po' di salotti, di giornali, di potere vero, di ex Fgci romana e di università. Poi liberisti ultra, socialisti buoni, occhettiani latenti, ulivisti irregolari, cattolici illuminanti, femministe revisioniste, radicali disillusi, berlusconiani presentabili, defeliciani suscettibili più vari ed eventuali inclassificabili. Tutta gente sveglia, certo. Che si tratti della prossima classe dirigente è però questione che in genere non si decide in un convegno, per quanto interesting, come dicono gli inglesi con aria imperturbabile. Filippo Ceccarelli L'ex Presidente Cossiga e il presidente della Cei, card. Ruini

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