l'inutile vendetta dei perdenti di Ferdinando Camon

l'inutile vendetta dei perdenti l'inutile vendetta dei perdenti IL leader della Life, Fabio Padovan, è stato preso a calci e pugni davanti all'aula bunker di Mestre, dove si tiene il processo per l'assalto a San Marco. Stessa sorte per Franco Rocchetta, fondatore della Liga Veneta. Per lui si parlava anzi di trauma cranico. L'agguato è stato organizzato ed eseguito da una cinquantina di esponenti di Autonomia, provenienti da Padova e da Trieste, al grido di «Ladri, ladri». «Ladri» perché non vogliono pagar le tasse. Padovan veniva a piedi, in camiciola chiara, verso il tribunale, nello spiazzo di deserto cementificato, e la massa urlante degli autonomi gli si è scagliata addosso, in un vortice di bestemmie e imprecazioni. La polizia ha fatto quel che ha potuto. Sono state divelte transenne, sono volate bastonate e sassi da un chilo. I feriti sono undici, qualcuno grave, in maggioranza tra i poliziotti. E così si sono scontrate l'avanguardia e la retroguardia della storia del Nord-Est. L'avanguardia: i leaders del Veneto galoppante verso la ricchezza e l'autonomia, in una corsa che vorrebbe finire fuori dello Stato, a fondare un altro Stato, nuovo di zecca, intendendo per zecca la fabbrica statale del denaro. Un Veneto uscito all'improvviso, senza che né cultura nazionale né cultura locale lo avessero previsto. L'Italia (politica, letteratura, sociologia, cinema, chiesa) aspettava dal dopoguerra, decennio dopo decennio, il riscatto dalla miseria. La cultura di sinistra, allora «egemone», pensava che sarebbe venuto dai sindacati, dall'organizzazione del pei, dalla crisi della borghesia. Nel Veneto è venuto dal superlavoro, dall'abiura della civiltà contadina, dal rifiuto della sindacalizzazione, dallo scollamento con la nazione, dai rapporti con Slovenia Tirolo Baviera ed Est europeo, da un industrialismo cannibale, che ha fatto di ogni famiglia una squadra lavorativa, di ogni domenica un giorno di lavoro. «Non si può salvarsi da soli: tutti o nessuno, nessuno o tutti» ammoniva Brecht. Nel Veneto il principio era diverso: ognun per sé e Dio per tutti. Ha funzionato. Da tutto il mondo vengono a studiare il modello veneto, anche da New York e da Tokyo, e nelle biblioteche Brecht non si legge più. Nel Veneto del pre-riscatto sono nati Potere Operaio e Autonomia Operaia. Sono nati dalla predicazione di un professore universitario isterico, integralista, massimalista: Toni Negri. Erano organizzazioni a sinistra della sinistra, nell'area che il fondatore chiamava «ma-ma-maismo», marxismo marcusianesimo maoismo. Per Autonomia il riscatto doveva venire dal basso. Mettendo in crisi il modello borghese. E' venuto invece dall'adozione di quel modello portato agli estremi, con furore, con rancore, all'insegna del si salvi chi può. Ora ecco qui: la retroguardia della storia perdente dà l'assalto all'avanguardia della storia trionfante, con armi da preistoria. In mezzo c'è lo Stato, perdente nei confronti degli uni e degli altri. Non si capisce perché chi rappresenta lo Stato debba rischiare gambe, braccia e cranio per affrontare in corpo a corpo dei fuorilegge armati di pietre e bastoni. Ci sono centomila modi per rendere innocui questi assaltatori, senza rimetterci costole e femori. L'assalto è la reazione degli autonomi finiti fuori-storia, impazziti di fronte a una storia che nessuna delle tre componenti del ma-ma-maismo è in grado di spiegare. L'assalto è un modo per fermare quella storia, montarci in groppa, farsi trasportare. Ma non funziona. In realtà con quell'assalto non fanno altro che darle una spinta in avanti, farla correre più velocemente. I perdenti volevano vincere. Non sanno che lo scontro non si combatte lì. Il vero scontro è stato combattuto un quarto di secolo fa. E lo hanno perso. Ferdinando Camon

Persone citate: Brecht, Fabio Padovan, Franco Rocchetta, Padovan, Toni Negri