Braccio di ferro Comune-extracomunitari di Lepri

Braccio di ferro Comune-extracomunitari Contìnua da 10 giorni la protesta del Centro di via Negarville: ieri manifestazione L'assessore: anche con loro devo applicare la legge '■ - • • \ ILCASO TRA LEGALITÀ' E SOLIDARIETÀ' IENTE scorciatoie o corsie preferenziali, neanche se lo sciopero della fame dovesse andare avanti. E se la protesta si estenderà o dovesse degenerare vedremo quali provvedimenti adottare». Al decimo giorno di sciopero della fame da parte dei 12 extracomunitari ospiti del centro di prima accoglienza «Casa del mondo unito» di via Negarville (contro cui venerdì notte erano stati sparati tre colpi di pistola), Stefano Lepri, neo assessore all'assistenza del Comune di Torino, non fa retromarcia dalla posizione di intransigenza espressa qualche giorno fa. E nonostante i due ricoveri in ospedale (un paziente è già stato dimesso) non mollano neanche gli scioperanti. Tanto che la questione sta diventando un caso politico, oltre che una tegola difficile da scansare per tutta la giunta. «Se qualcuno di noi morirà - dice Mohamed Abdallaaly, egiziano - la responsabilità ricadrà sull'assessore, sul sindaco e su quanti non hanno voluto ascoltarci». In campo è scesa anche la commissione per le politiche sociali e l'immigrazione di Rifondazione comunista, che ha chiesto alla giunta di accogliere le rivendicazioni degli scioperanti. L'assessore, preso di mira per le sue dichiarazioni, è tranquillo. «Non credo - dice - che la posizione di Rifondazion vada oltre la solidarietà formale. Qui sono in gioco le regole della convivenza civile. E poi tutta la giunta è d'accordo con me: non possiamo creare corsie preferenziali su casa e lavoro. Per nessuno». Una retromarcia rispetto alla campagna elettorale quando, parlando di immigrazione, si usarono termini come «solidarietà e lega¬ lità»? Gli scioperanti e chi li appoggia dicono di sì. «L'assessore ha parlato troppo di solidarietà - spiega Sandra Bustos, del coordinamento 3 Febbraio -. In campagna elettorale difendeva gli extracomunitari, ora difende interessi di altri». Concetto espresso ieri anche dalle poche decine di persone che hanno organizzato un presidio di protesta in piazza Palazzo di Città. «Questo modo di agire - ha detto uno dei 12 che attuano lo sciopero della fame - è una forma di razzismo, ammantato con parole di tolleranza e democrazia. Ci devono spiegare perché il Comune organizza centri di prima accoglienza e poi li fa gestire da privati che dopo poco ci cacciano via». Lepri, accusato da più parti, difende le sue scelte. «Torino - dice è una delle poche città dove, per gli extracomunitari, ci sono centri nei quali possono rimanere da 6 mesi a un anno. Anche questa è solidarietà. Spesso nei confronti dei nostri connazionali non si fa tanto». E la legalità? «Era un concetto rivolto agli immigrati che delinquono. Ma non è questo il caso. Legalità, però, vuol dire anche rispettare le leggi che già esistono». Dunque il Comune non cederà e il centro resterà solo una tappa del passaggio in città degli stranieri. «Possiamo discutere - conclude Lepri - sulla necessità di gestire la casa in modo partecipato. Ma non altro. Per il lavoro, invece, stiamo progettando politiche di lavoro che si occupino di disoccupati da lungo periodo. Extracomunitari compresi». [1. poi.] Braccio di ferro Comune-extracomunitari L'assessore Lepri e la protesta al Comune

Persone citate: Lepri, Mohamed Abdallaaly, Sandra Bustos, Stefano Lepri

Luoghi citati: Comune Di Torino, Torino