Boiley e Gebre, primi botti del'97 di Giorgio Barberis

Le sfide che hanno scaldato il weekend lanciano la grande atletica, che giovedì propone il Golden Gala Le sfide che hanno scaldato il weekend lanciano la grande atletica, che giovedì propone il Golden Gala Boiley e Gebre, primi botti del '97 E Johnson (infortunio) ha perso il duello sprint L'ultimo weekend dell'atletica, ai primi passi nella nuova stagione all'aperto, ha emesso un paio di verdetti: l'uomo più veloce del mondo si chiama Donovan Bailey, il fondista da battere è Hailé Gebrselassie. Delle due gare-verità, senz'altro ha vissuto maggiore risonanza la sfida di Toronto sia per l'inusuale distanza (150 metri) sia perché l'uno-contro-uno ha rappresentato una novità assoluta per quest'epoca e ha diviso gli appassionati tra favorevoli e contrari a un simile genere di confronto. Scettici il presidente internazionale Nebiolo e la maggior parte degli addetti ai lavori, forse anche spaventati dall'enormità della cifra in palio (un milione di dollari, cioè un miliardo e 700 milioni di lire) in aggiunta ai 500 mila dollari d'ingaggio promessi (prima della gara ne erano stati versati solo 200 mila ciascuno) a Bailey e a Johnson. I due protagonisti hanno recitato, prima e dopo, il ruolo delle star, punzecchiandosi, cavillando, almanaccando su questo e quello. Entrambi evitando però di ipotizzare da quei 150 metri un responso definitivo. Certo è che il ritiro dopo 100 metri di Michael Johnson ha alimentato il dopo-gara ben più di un arrivo contrastato. L'interrogativo maggiore riguarda lo sconfitto: Doublé Mike, l'uomo che ad Atlanta ha piazzato una splendida doppietta 200-400, ha accusato veramente un infortunio e si è quindi legittimamente fermato? Una risposta sicura potrebbe darla soltanto l'interessato, tanto più che la tensione della gara a volte ingigantisce anche piccoli malanni. Certo è che Johnson, nella fantastica finale olimpica dei 200 conclusa con uno strepitoso record (19"32), sentì dopo un centinaio di metri la prima fitta del malanno muscolare che lo costrinse poi a disertare la staffetta e a restare inattivo per circa un mese. Allora, nettamente primo, il texano non mollò; questa volta invece si è fermato, preoccupato perché la stagione è agli inizi e uno stop, più o meno lungo, potrebbe significare una perdita di quattrini da non sottovalutare. E magari anche la rinuncia alle gare iridate di Atene, dove ha comunque già annun¬ ciato che si dedicherà a un'unica distanza (probabilmente i 400). Per contro, anche a Toronto era in palio un bel pacchetto di dollari ed essere dietro di un metro o poco più dopo 100 metri non significava necessariamente la sconfitta. Perché Bailey è sprinter puro e, nonostante l'handicap della curva (i primi 75 metri), la sua azione in avvio è più incisiva di quella dello statunitense al quale si deve invece riconoscere una maggiore tenuta alle alte velocità. Ossia, la gara poteva non essere ancora decisa. Un altro interrogativo riguarda la legittimità di una sfida a due, osteggiata dalla federazione internazionale i cui regolamenti non prevedono omologazione di prestazioni, quando i partecipanti siano meno di tre. Indubbiamente l'uno-contro-uno può fare cassetta, rappresentare un business, anche se gli organizzatori di Toronto pare siano in grossa difficoltà per tenere fede agli impegni presi. Ma da parte Iaaf c'è la giusta preoccu- pazione di promuovere il movimento con gare vere, non con kermesse che ricordano certe sfide che hanno contribuito ad affossare l'interesse per la boxe e favorito il proliferare di sigle per etichettare con i colori dell'iride anche confronti di dubbio interesse. Senz'altro differente significato aveva il milione di dollari in palio ad Hengelo, in Olanda, per chi fosse riuscito a correre le due miglia in meno di 8'. Accanto ai primattori - Gebrselassie (che ha visto sfumare il ricco premio per poco più di un secondo) e Morceli - c'erano fior di atleti, in grado di rendere valida a tutti gli effetti la gara. Poi, la sfida rientrava nel programma di un meeting che, negli anni, si è guadagnato rispettabilità. Anche in questo caso lo sconfitto - quello principale - non ha concluso la gara: Morceli si è fermato a 400 metri dall'arrivo, irrimediabilmente battuto. Brutto colpo per l'algerino, che ha parlato genericamente di stare «poco bene da un paio di settimane», lasciando al fratello e manager Abderramane il compito di spiegare qualcosa di più: «Già negli ultimi allenamenti, Noureddine si sentiva svuotato. Accadde anche lo scorso anno. Poi si riprese. Adesso si tratta di decidere se rispettare i programmi (dovrebbe gareggiare a Mosca domenica, ndr) oppure fare una sosta». Certo Morceli, imbattibile miler nelle ultime stagioni, fin dal poco convincente oro olimpico (ricordate la caduta che mise fuori gara El Guerrouj a un giro dalla fine?) pare aver imboccato una strada in salita. La sua benzina non sembra più con gli ottani di un tempo e dopo tante gare vinte e tanti record ottenuti e tentati, non c'è da stupirsi. L'algerino non sarebbe il primo «grande» ad accusare infine logorio: la classe - e Morceli ne ha da vendere - aiuta a mascherare, ma il declino procede inesorabile. E d'altronde nomi nuovi si affacciano, premono: l'intenso programma da qui ai Mondiali di Atene chiarirà ambizioni e possibilità. E soprattutto aiuterà a capire quali siano le novità proposte dall'inesauribile serbatoio africano. Giorgio Barberis A fianco, Michael Johnson viene assistito dopo l'infortunio a una coscia. In alto, Donovan Bailey esulta dopo aver vinto in I4"99

Luoghi citati: Atene, Atlanta, Hengelo, Mosca, Olanda