Difficile non essere contagiati dal virus del «contenitore» di Alessandra Comazzi
=1 F TIVÙ'& TIVÙ' =1 Difficile non essere contagiati dal virus del «contenitore» LE lacrime della Venier e dei suoi boys nell'ultimo numero di «Domenica in» hanno chiuso una stagione. L'hanno chiusa davvero? Ma no, probabilmente hanno soltanto suggellato un'avventura durata quattro anni, che sarà però perpetuata da Fabrizio Frizzi e poi ancora e ancora da chissà quanti altri conduttori. La formula del contenitore, che dura ormai da 21 anni (cominciò Corrado nel 1976 accanto a Dora Moroni) appare ormai invecchiata e logora: eppure, il pubblico risponde sempre con costanza se non con entusiasmo, e il tutto si traduce in ascolto. E finché c'è l'ascolto, c'è il programma. Che poi, in questa ultima edizione, l'inventiva si sia ridotta a far vestire gli uomini da donna come nel vecchio avanspettacolo, non ha importanza. I problemi, gli scandaletti e gli scandaloni, le telepromozioni e le magliette con le scritte provocatorie, i quiz truccati ad opera delle stesse persone che li dovevano controllare, non hanno avuto nessun riflesso negativo sulla quantità. Tutto fa spettacolo, la bionda Mara, con i suoi seni ubertosi e le minigonne bianche, ha con¬ tinuato a dividere gli spettatori, molti la trovano insopportabile, molti simpatica e attraente, comunicativa e «normale»; ha comunque sempre attirato su di sé l'attenzione degli spettatori, anche se ciò non aveva nulla a che fare con la qualità, con un reale senso di intrattenimento. Lo sport, gli ospiti importanti, le interviste, la corsa dei personaggi a partecipare ad un rito che regala una visibilità altrimenti irraggiungibile, hanno fatto la differenza. Qualunque cosa mandi in onda Raiuno, si dice, fosse pure il monoscopio, ottiene successo; anzi, la misurazione capillare dell'audience dimostra che anche di fronte al monoscopio c'è qualcuno sintonizzato. Naturalmente un simile stato di cose è pericoloso: pericoloso per chi volesse una trasmissione che intrattenesse ma che fosse nello stesso tempo pensata, studiata, con qualche prova alle spalle e qualche testo scritto. E invece anche questo elemento ha contribuito al successo: l'immediatezza, la sensazione che solo per caso dall'altra parte della barriera televisiva ci fossero «loro». Ci poteva essere chiunque, ad alimentare il sogno televisivo della domenica. Oltre cinque milioni e mezzo di telespettatori per l'ultimo appuntamento della stagione. Due milioni 726 mila persone per il «Carosello» di Raidue, l'altra sera è arrivato pure Claudio Lippi preso a prestito da Mediaset. Poi c'erano i film tv, classici del dì di festa: «Un tuffo nel buio», su Raiuno (6 milioni 65 mila spettatori) e «Pandora's Clock» su Canale 5. Nel primo si raccontava una storia americana ai tempi della depressione: la ragazza di un circo si tuffa dal trampolino, ma a cavallo. Uno dei suoi esercizi le provoca il distacco della retina: ma lei, dura, continuerà anche con il suo cronico velo davanti agli occhi, e vivrà felice e contenta. Colori molto belli di un caldo Sud degli Stati Uniti. Invece su Canale 5 il virus, alla maniera di «Virus letale», metteva a rischio la vita della Terra: un aereo contagiato peregrinava sui cieli del mondo, con tutti i piccoli casi umani dei passeggeri, ridicoli in confronto alla tragedia incombente. Sapremo domani come andrà a finire. Alessandra Comazzi
Persone citate: Claudio Lippi, Fabrizio Frizzi, Venier
Luoghi citati: Mediaset, Stati Uniti
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