«lo, saggio Mephisto»

Parla l'attore, a lui Roma dedica un omaggio (film e commedie fino al 9 giugno) Parla l'attore, a lui Roma dedica un omaggio (film e commedie fino al 9 giugno) «lo, saggio Mephisto» Brandauer: sarò Rembrandt ROMA. Mai una reazione scontata, mai la sensazione di essere arrivato, mai ima scelta che non sia dettata dall'istinto: per Klaus Maria Brandauer, l'attore austriaco divenuto famoso dopo aver meravigliosamente interpretato nel 1981 0 «Mephisto» di Szabo, recitare è «come fare l'acrobata al circo». Ogni ruolo è una camminata sul filo, con un traguardo che può essere mille cose diverse: l'intrattenimento puro e semplice, la comunicazione agli altri di «qualcosa di importante», l'ennesima occasione per dimostrare la «compresenza del bene e del male». Protagonista in questi giorni a Roma di un ampio omaggio (fino al 9 giugno saranno presentati molti dei suoi film, ma anche una selezione delle produzioni televisive e degli adattamenti per il piccolo schermo di pieces teatrali) Brandauer aveva avuto occasione d'incontrare nella capitale, ai tempi di «Mephisto», il presidente Pertini che da quella interpretazione era rimasto profondamente colpito. «Credo di avergli detto che nell'arte non si può mai essere, come nello sport, i primi o i migliori: anche un fallimento può essere un successo». Come definirebbe il mestiere d'attore? «Prima di tutto non lo considero una professione, ma qualcosa di strettamente legato alla nostra esistenza. Io ho scelto di viverla dal primo all'ultimo respiro, seguendo sempre la spinta della curiosità, magari sbagliando strada per raggiungere obiettivi sconosciuti, comunque senza mai dare voti e giudicare. E senza dormire: preferisco seguire da sveglio visioni e fantasie». In base a quale tipo di ragioni sceglie i ruoli? «In realtà a guidarmi è un miscuglio di cose, in cui mi auguro ci siano sempre sia la testa che lo stomaco. Ma c'entrano anche mia madre, mia moglie, mio figlio, gli amici... La giu¬ stificazione ideologica, invece, viene sempre dopo». Le è capitato di rifiutare parti? «Sì, ho rifiutato tantissime cose, perché mi annoiavano, oppure perché non mi facevano pensare a niente. Ho rispetto per chiunque scriva, ma credo che da "Amleto" a oggi i temi trattati siano sempre gii stessi: la vita, la morte, l'amore, è per questo che è difficile scegliere». Quanta parte del suo vero carattere è presente nei lavori che fa? «Se fossi uguale ai miei personaggi non sarei attore ed io lo sono diventato proprio per "interpretare", per intrattenere il pubblico con storie che coinvolgono tutti noi, ma anche per aprire la discussione su certi problemi. Per quanto mi riguarda, ad esempio, in questo mondo mi sento in pericolo: mi spaventano molto di più gli uomini che gli effetti delle catastrofi naturali». La sua è una carriera molto varia: accanto alle storie d'impegno, ci sono film hollywoodiani come «La mia Africa» e «Mai dire mai», e poi c'è il teatro e la regia. Cosa preferisce? «Quando mi trovo sul palcoscenico di un teatro e il lavoro mi sembra particolarmente difficile, mi capita di pensare che potrei essere su un set, magari in Africa o in Asia... Quando invece sono su un set e devo aspettare ore e ore prima di ripetere per l'ennesima volta la mia battuta di un attimo, penso che potrei essere in im teatro a declamare Skakespeare o Molière... Che dire? Ogni occasione di lavoro dev'essere il modo per comunicare qualcosa d'interessante, ogni occasione può diventare eccezionale». Si considera un narcisista? «No, tutta la mia attenzione è rivolta all'altro». Quali sono attualmente i suoi impegni professionali? «Ho da poco finito d'interpretare "Jedermanns Fest", un film diretto da Fritz Lehner in cui recito accanto a Juliette Greco; a Vienna è appena andata in scena l'operetta di Franz Lehar "D paese del sorriso", è la preferita di mia madre ed è questo il motivo per cui ho accettato di farla. Tra poco sarò in Olanda per interpretare il ruolo del pittore Rembrandt». Quando lavora, qual è il suo obiettivo principale? «Farvi credere che quel determinato personaggio sono proprio io...Ma c'è un'altra cosa, più importante: non essere noioso». Fulvia Caprara Klaus Maria Brandauer nella foto accanto a Kim Basinger

Luoghi citati: Africa, Asia, Olanda, Roma, Vienna