Rilke, le memorie liquidate di Marco Vallora

il caso. Trieste insorge : per un pugno di milioni si smembra la dimora dove il poeta scrisse le «Elegie» il caso. Trieste insorge : per un pugno di milioni si smembra la dimora dove il poeta scrisse le «Elegie» Rilke, le memorie liquidate All'asta gli arredi del castello di Duino STRIESTE GABELLO a collo d'oca con gambe a forma di sciabola: lotto 1072. Piccola bergère con gambe scanalate: 328. Due tsue in bronzo brunito: 150. E se ne andranno via, a uno a uno, in stolto rumoroso stillicidio, tra il frullare vertiginoso e snobistico dei prezzi d'asta. Come umiliati fantasmi, decimati e smistati a fortuna nelle più impersonali case del mondo, strappati a forza dalle polverose tappezzerie di famiglia, come singliiozzanti fanciulli spediti spartanamente in collegio. Deprivati di ogni vita, di ogni sapore: e non sono poi nemmeno dei pezzi così antiquariamente memorabili da brillare in sé. Perché sono frammenti di memoria condensata, su cui Rainer Maria Rilke planò il suo eterizzante sguardo angelicato. Scrivendo proprio qui gli abbozzi delle sue Elegie di Duino, tornate a ricliiamare attenzione su di sé qualche armo fa, quando un autorevole scrittore italiano dovette mandare al macero la prima edizione del proprio romanzo, in cui la precoce lettrice Maria Corti aveva scoperto una gaffe deliziosa: le Elegie erano diventate di Luino, quasi le avesse scritte Piero Chiara. «Se gridassi, chi mi udrebbe/ dalle schiere degli angeli?», debutta la prima Elegia: ma certo oggi quella stessa voce clama in un deserto d'indifferenza e noncuranza. Quella ili cui probabilmente andranno disperse tante memorie. Il bellissimo pianoforte Schantz impiallacciato di mogano (quelli raccomandati caldamente da Haydn) su cui posò le linfatiche dita Franz Liszt per musicare alcune canzoni di Teresa della Torre Hohenlohe. La Madonna di bottega di Belimi di fronte a cui Eleonora Duse avrà recitato i suoi stupori berensoniani, e il Comandante D'Annunzio a far da minuetto. Il grande divano con orecchioni di faggio moganato su cui probabilmente hanno preso posto Johann Strauss o Sissi l'Imperatrice, la Duchesse du Berry o Mark Twain. Stucchi porcellane e legni intrisi di teneri ricordi, che cederanno per sempre il loro complice profumo di cuoio e di compunta aristocrazia, se soltanto il lavoro devastante delle cesoie d'asta avrà intrapreso la sua prevaricante marcia mercantile: un pugno di milioni e tutto sarà colpevolmente disperso. Un'altra delle classiche, umilianti stoltizie all'italiana: se nel frattempo non interverrà un autorevole contrordine (ma pare che Italia Nostra sonnecchi, le Sovrintendenze navighino tra bonacce burocratiche ed inefficaci distinguo) mercoledì 11 giugno andrà all'incanto, organizzata da Stadion (vente sur place: come sottolinea con impassibile dizione bottegara la formula d'asta), l'intiera storia degli interni e degli arredi del glorioso Castello di Duino, «proprietà di S.A.S. il Principe della Torre e Tasso, duca di Castel Duino», come si legge pomposamente sul frontespizio dell'elegante catalogo con vista sul mare. La Serenissima Sua Altezza altri non è che il trentacinquenne Carlo Alessandro Thurn und Taxis, figlio di quel beneamato e illuminato Raimondo della Torre, di cui il rampollo (farcendo di dichiarazioni trionfalistiche e rassicuranti giornali ed interviste) aveva assicurato che avrebbe seguito le orme e la tradizione colta e benefica. Lo si è visto subito: domiciliato a Saint-Tropez, dove si occupa di vendite immobiliari, S.A.S. deve aver deciso come prima cosa di disfarsi di questo bene di famiglia, quasi fosse un villino un po' sciatto a Borghetto Santo Spirito. Si sente un enfant mitteleuropeo, ha fatto sapere (probabilmente da un fiammante fuoribordo) che non ha grandi legami con Duino e di quelle cianfrusaglie polverose di casa non sa che farsene: meglio un po' di milioni, senza troppo badare ai Rainer Maria o alle cispose memorie avite. Se ha il coraggio perfino di vendere non soltanto i ritratti di antenati (che non hanno che un pallido valore antiquariale, a meno che non si tratti dei pastelli asburgici di Liotard oppure del fiero ritratto di Hofer, il ribelle signore del Tirolo, in un ritratto un tempo attribuito da Suida a Tiziano e oggi ricondotto a Sustris), ma addirittura i dagherrotipi e le fotografie di casa, e le cartoline che la Princesse de Ligne nata La Rochefoucault inviava da «mon voyage autour du monde» e il paravento a decalcomania che celava i pudori della stanza da bagno e fin le elegie di Rilke con frontespizio disegnato da Maria Thurn-Taxis ed i libri illustrati di Cocteau o Baudelaire, che Raimondo collezionava con sapiente amore. Padronissimo, ovviamente: ma allora non si capisce perché lo Stato italiano (che tra l'altro vincola persino gli sputi e ha fatto qualcosa di analogo per la Villa Tripcovich de Banfield, proporzionalmente meno prestigiosa storicamente) si sia eroicamente battuto per strappare ad acquirenti privati le mura stesse del Castello (tra l'altro sommariamente restaurato negli Anni Venti dopo i bombardamenti della guerra) che rischierebbe però di rimanere un inutile guscio vuoto, senza storia. Magari sede di superflue mostre, importate dalla Russia come da Madrid! Ventisei miliardi, chiedeva da due anni il Principe, senza trovare nessun acquirente, molto meno ha offerto la Regione, circa diciasset- te, pensando a una vistosa sede di rappresentanza, che effettivamente senza arredi perderebbe ogni ragion d'essere. Così Trieste insorge, indignata. Attendibili protestatari, fotografie alla mano, dimostrano che alcune tavole (dall'attribuzione discutibile, per esempio al Moretto) erano già da anni sul mercato antiquariale padovano, e che sono state inserite in catalogo per il classico gioco del rialzo, sfruttando il nobile luogo. Un brutto pasticcio. Ed è melanconico che si disturbi persino il Principe Michele di Grecia per nobilitare quest'operazione d'asta ed assicurare la provenienza d'elite di alcune suppellettili. Il quale introduce il catalogo ricordando i nobili lombi dello «svenditore» (imparentato persino con la principessa Marie Bonaparte, illustre biografa freudiana) e assicura di aver veduto di persona quei «tesori di mobili e oggetti inattesi e appassionanti ritratti di parenti, che passeranno sotto il martelletto del battitore, per essere dispersi per una buona causa». Quale causa, di grazia? Marco Vallora Verede, Alessandro Thurn und Taxis, abita a Saint-Tropez e tratta beni immobiliari // pianoforte su cui suonò Liszt, il divano dove sedette l'Imperatrice Sissi: solo polverose cianfrusaglie? L'interno del castello di Duino. A sinistra Rainer Maria Rilke

Luoghi citati: Borghetto Santo Spirito, Grecia, Italia, Luino, Madrid, Russia, Sustris, Tirolo, Trieste