AMERICA I guerriglieri del separatismo

I guerriglieri del separatismo Mentre in Italia gli assaltatori di San Marco aspettano il giudizio, gli Stati Uniti processano l'attentatore di Oklahoma City I guerriglieri del separatismo MPRINCETON ENTRE i miliziani veneti responsabili dell'epica scalata del campanile di San Marco aspettano la ripresa del procedimento a loro carico, è in corso a Denver il processo contro Timothy McVeigh, sospettato di appartenere alla milizia del Michigan, per l'attentato di Oklahoma City del 19 aprile del 1995. Quell'attentato, il più sanguinoso episodio di terrorismo nella storia degli Stati Uniti in cui hanno perso la vita 168 persone, ha scosso la convinzione degli americani di essere al riparo dalla piaga del terrorismo domestico e ha rivelato la presenza di un movimento radicale antistatale, separatista e «patriottico». Eppure, il processo di Denver non ha suscitato finora le passioni e le polemiche che hanno accompagnato il processo contro O.J. Simpson e contro i poliziotti di Los Angeles responsabili delle brutali percosse a Rodney King. La spiegazione più ovvia del relativo disinteresse è che mentre negli altri processi le televisioni furono autorizzate a trasmettere ogni fase del dibattimento e scavare a fondo nei visi e negli animi dei protagonisti, questa volta il severo giudice Richard Matsch ha ordinato che le telecamere rimangano fuori dall'aula. Il distacco degli americani ha però, probabilmente, anche un'altra causa, meno ovvia. Timothy McVeigh, come tanti altri membri delle varie milizie che sono nate a partire dai primi Anni 90 nei recessi dell'immenso Midwest americano, parla un linguaggio che non è poi così estraneo alla tradizione e alla cultura degli americani. I suoi metodi sono ripugnanti, ma le sue idee esprimono sentimenti, paure e ansie diffuse. Questa ambivalenza rende inquietante seguire il processo di Denver. Più facile tenersi lontani e dimenticare. Dietro al gesto di McVeigh c'è la lunga storia dei vigilantes democratici e razzisti in lotta contro il governo federale e contro i magnati della terra e del denaro per affermare il più americano dei desideri, ovvero essere lasciati liberi di perseguire la ricchezza e la realizzazione individuale, e di difendersi, armi alla mano, contro chiunque voglia impedirlo. Nell'inverno del 1992, Timothy McVeigh, da poco congedato dal l'esercito, scriveva sul giornale di Lockport, la sua città natale nello Stato di New York: «I criminali non hanno paura delle pene»; «Le tasse non sono una cosa seria... il loro aumento è sempre la conseguenza degli sprechi del governo»; «I politici sfuggono ad ogni controllo. I loro salari annui superano la cifra che una persona normale vede in tutta la vita»; «Il "Sogno Americano" della classe media è del tutto scomparso; al suo posto c'è gente che lotta per potersi comprare da mangiare per la prossima settimana». Queste idee, ha osservato Mi- chael Kazin, uno degli studiosi più autorevoli del populismo, sono condivise da molti americani. Sono l'espressione di quel radicalismo dei bianchi americani che William Pierce, autore di The Turner Diarìes, una delle letture preferite dei miliziani, ha sintetizzato in una frase che non ha bisogno di commento: «[I nostri nemici] non riescono a capire perché qualcuno voglia tornare ai vecchi tristi giorni quando questo era un Paese Bianco, gli uomini erano uomini, le donne donne, gli omosessuali stavano nascosti e tutti lavoravano per guadagnarsi da vivere». Non è facile identificare gli elementi distintivi o ricorrenti della mentalità e della retorica delle milizie. I loro adepti non sono certo inclini all'elaborazione intellettuale, e la loro letteratura non è a portata di mano. Con un po' di pazienza e di abilità nell'uso di Internet si possono però trovare documenti interessanti che permettono di vedere da vicino il mondo delle milizie americane (l'indirizzo più utile, per chi voglia saperne di più è http:// www.mihtia-watchdog.org/ index.htp#welcome). Vista da vicino, la milizia sembra non tanto un elemento estraneo nel corpo della società americana, quanto il risultato della perversione di quella mentalità democratica, individualistica e religiosa che fa parte, come nessun'altra, della storia e della cultura degli Stati Uniti. Rozzi e ignoranti quanto si vuole, i miliziani della destra radicale americana non sono soltanto degli estremisti svitati che possono essere facilmente isolati dalla maggioranza dei sani, come suggeriscono gli autori di due dei più importanti studi sulla milizia: Gathering Storni: America's Militici Threat di Morris Dees e A Force Upon the Plain: The American Militici Movement and the Politics of Hate, di Kenneth S. Stern. Prendiamo ad esempio il discorso che il leader della milizia del Michigan Zeno Budd ha tenuto a una manifestazione svoltasi il 20 maggio 1995. Il suo sermone è tutto centrato sul classico tema dell'interferenza arbitraria del governo federale e del governo dello Stato ai danni delle comunità locali: «Noi siamo manipolati, controllati e regolati da quel medesimo governo che noi abbiamo eletto per proteggere i nostri diritti. Il governo federale e il governo dello Stato sono venuti a impossessarsi delle nostre comunità; sono loro a stabilire il valore delle nostre case. Voi avete eletto uno sceriffo per proteggere i vostri diritti di proprietà, e lui invece se ne sta sull'autostrada, che appartiene di fatto allo Stato, per beccare gente che non si allaccia le cinture di sicurezza o guida cinque miglia al di sopra del limite di velocità. Lo sceriffo è stato eletto per proteggere voi e le vostre proprietà, ma quando arriva il rappresentante del governo dello Stato e vi dice che non potete tenere la macchina dentro la vostra proprietà senza targa, lo sceriffo sta con loro. Vi sta proteggendo?». Facile immaginare la risposta degli ascoltatori; ed è ancor più facile capire che le parole del miliziano esprimevano convinzioni che vengono da lontano. Quando Timothy McVeigh, se è lui il vero colpevole, ha innescato il detonatore che ha fatto esplodere il furgone per traslochi carico di esplosivo, si è forse sentito un ribelle in lotta contro lo Stato federale, ma non un antiamericano. La forza di compiere quel gesto gliel'ha data la persuasione di agire in nome dei diritti violati degli individui e delle comunità. A questo si deve aggiungere, per avere un'immagine del mondo sfuggente della milizia, la dimensione religiosa. Al sito http://www.tfs.net.personal/ sbarnett/5100003.htm si può leggere un eloquente appello stilato da un adepto della 51a Missouri Militia in cui, dopo la rituale invettiva contro il governo che viola «i nostri diritti civili» e minaccia di «privarci del sacrosanto diritto a possedere e portare armi», leggiamo che Dio ha in mente un destino speciale per il Missouri e che ai membri della milizia è riservato un posto in prima fila per assistere alla battaglia finale fra il male (i politici corrotti) e i poteri di Dio. La milizia, perlomeno quella del Michigan, condanna senza mezzi tennini il ricorso al terrorismo (vedi il loro manifesto in http://mmc.cns.net/ thanks.html). Ma a ben guardare la linea di difesa adottata nei confronti del processo di Denver è più sottile, e tende ad insinuare il sospetto che McVeigh sia vittima di un complotto ordito dal governo federale. Gli ingredienti per un grande caso politico-poliziesco ci sono tutti, a cominciare dai dubbi sul numero degli attentatori. Esistono otto-dieci attendibilissimi testimoni, spiega il «New American», una pubblicazione vicina alle milizie, che hanno dichiarato di aver visto un altro uomo con Timothy McVeigh quella tragica mattina del 19 aprile. Eppure l'Fbi si è rifiutato di prendere in considerazione le loro dichiarazioni. Ma i miliziani non hanno dubbi sull'esistenza di un secondo attentatore che chiamano, in attesa di scoprire il nome vero, John Doe n. 2. I nomi dei testimoni sono tutti disponibili, così come sono accessibili, a chiunque sia collegato a Internet, le dichiarazioni di vari esperti di esplosivi che assicurano che i danni subiti dal Murrah Building potevano essere provocati solo da più ordigni collocati strategicamente all'interno dell'edificio, non da una sola detonazione. A tutto questo si deve aggiungere il fatto che i tre maggiori testimoni a carico di McVeigh sono individui che hanno conti aperti con la giustizia, o seri problemi di credibilità. Infine, perché il processo è stato trasferito a Denver in patente violazione della norma costituzionale che stabilisce che i processi devono essere celebrati nello Stato in cui sono commessi i crimini (ad eccezione dei casi di impeachment)? II significato delle obiezioni è chiaro: l'odiato governo federale e dello Stato copre responsabilità di altri, probabilmente le proprie. Del resto, fanno capire i miliziani, chi è stato il vero beneficiario politico dell'attentato se non Clinton stes¬ so, che su quelle macerie e su quei morti ha costruito l'argomento che la destra è pericolosamente vicina ai fanatici delle milizie e dunque inaffidabile? E tutti sanno quanto questo argomento abbia pesato a favore del Presidente nella campagna del '96. Com'è ovvio, anche i più fieri esponenti della destra americana hanno negato, dopo l'attentato del 19 aprile, di aver avuto contatti con i folli delle milizie. Ma gli attivisti democratici fanno denunce circostanziate. 11 repubblicano Pat Glandon ad esempio è stato ripetutamente indicato come il principale contatto fra i repubblicani e i patrioti cristiani della destra radicale in Georgia. Il repubblicano Rick Hill del Montana, accusato di aver partecipato a un meeting della milizia a Missoula per chiedere voti, ha ammesso il fatto e ha cercato di giustificarsi dicendo di essere a favore di «una politica di inclusione e contro l'esclusione»! E gli esempi potrebbero continuare. Quanti sono i membri delle varie milizie? Anche se è difficile fare una stima precisa, gli esperti parlano di un massimo di 40.000 persone. Non sono molti, ma, per quanto possa sembrare strano, il loro mumero è aumentato dopo l'attentato di Oklahoma City per effetto della pubblicità che i media hanno dato alle milizie. Una buona ragione per tenere la televisione fuori dal processo di Denver, ma senza fare l'errore di dimenticare o di credere che la milizia non possa più nuocere. Maurizio Viroli Dal Michigan al Nevada esplode il fenomeno delle milizie: 40 mila ribelli pronti a tutto, con le armi e con Internet Tasse, giustizia politici corrotti, interferenze federali: lottano contro lo Stato nel nome dei diritti violati dell'individuo fflp || A sinistra, un campo paramilitare nel Missouri; in alto, un'immagine dell'attentato a Oklahoma City e qui accanto fflp Timothy McVeigh, || (a destra) sospettato di esserne l'autore; sotto il titolo, il gruppo che ha assaltato il campanile di San Marco