Il cassiere di Riina chiude col suicidio
Cronache Trapani, accanto al cadavere è stato trovato un biglietto d'addio ai familiari Il cassiere di Riina chiude col suicidio Latitante da 6 anni, si è sparato TRAPANI. Francesco Messina, 56 anni, si è ucciso sparandosi un colpo di pistola calibro 38 a una tempia: era il boss mafioso di Mazara del Vallo, latitante da sei anni per sei ordinanze di custodia cautelare emesse contro di lui. E sabato mattina il gip di Palermo, Antonio Tricoli, l'aveva rinviato a giudizio per associazione mafiosa e per alcuni omicidi nell'ambito della maxi inchiesta Omega, insieme con altri 87 esponenti di Cosa Nostra, primo fra tutti Riina del quale era indicato come uno dei «cassieri». Messina potrebbe anche essere stato «suicidato» e subito i congiunti e qualcuno fra gli stessi investigatori hanno preso in considerazione l'ipotesi di una messa in scena. Ma un biglietto di addio e l'arma trovati accanto al cadavere attesterebbero il suicidio. Tutto lascerebbe pensare che Messina si sia tolto la vita essendo alle corde, inseguito dagli inquirenti e «scaricato» dalla mafia dopo gli arresti a catena nel Trapanese. Moglie e figli, nella loro villa, in contrada Tonnarella, a breve distanza da dove è stato rinvenuto il cadavere, hanno riferito di non aver avuto più sue notizie da venerdì scorso. Il medico legale dopo il primo sommario esame del corpo e gli esperti della «scientifica» hanno detto di essere quasi certi che sia un suicidio. Tuttavia la procura di Marsala ha disposto ulteriori accertamenti. «Mastro Ciccio», lo chiamavano così, prima della scalata nei clan trapanesi che l'aveva addirittura portato gomito a gomito con Riina, era un minuscolo imprenditore edile. Due in particolare i casi che nell'inchiesta Omega gli sono stati addebitati. Primo caso, la partecipazione nell'80, a Castelvetrano, all'uccisione del sindaco Vito Lipari, primo dei non eletti l'anno precedente per la de alla Camera nella circoscrizione della Sicilia occidentale. Un delitto, questo, del quale aveva parlato anche Giacoma Filippello, la donna esclusa recentemente dal programma di protezione riservato ai pentiti per aver gestito un club «a luci rosse» a Roma. Secondo caso, il fallito agguato nel settembre '93 al vice questore Rino Germana sul lungo¬ mare di Mazara del Vallo. Il funzionario, che aveva dato scacco ad alcuni esponenti della cosca mazarese, sfuggì ai killer armati di mitra correndo a perdifiato e tuffandosi in mare. Francesco Messina, stando ad alcuni pentiti tra i quali Balduccio Di Maggio, era stato criticato da altri mafiosi avendo dato l'impressione di non esser del tutto corretto nei conteggi sulle attività economiche da lui curate per conto dell'organizzazione. Insomma, avrebbe fatto «la cresta», mentre Riina lo proteggeva. Il boss sarebbe stato ospitato da Messina durante la sua lunga latitanza, in rifugi rivelatisi assolutamente sicuri. Antonio Ravidà Totò Riina
Luoghi citati: Castelvetrano, Lipari, Marsala, Mazara Del Vallo, Messina, Roma, Sicilia
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