«Mazzette da due miliardi a un senatore» di Giovanni Bianconi

Cresce il sospetto che gli arrestati di venerdì avessero delle «talpe» tra gli inquirenti Cresce il sospetto che gli arrestati di venerdì avessero delle «talpe» tra gli inquirenti «Manette da due miliardi u un senatore» Anche un politico nella seconda maxi-tangente Enimont ROMA. Ancora due mesi fa, a cinque anni dai primi attacchi giudiziari a Tangentopoli, un costruttore perugino parlava di «mazzette» per due miliardi e mezzo, pagate o da pagare a funzionari di enti coinvolti nello scandalo dei «palazzi d'oro», e a un non meglio precisato «senatore». Lo hanno scoperto i magistrati della Procura di Perugia dalla voce dello stesso costruttore, Angelo Briziarelli, che ne discute col suo «fraterno amico» Sergio Melpignano, il commercialista finito in carcere nell'inchiesta sulla corruzione al palazzo di giustizia di Roma. Un'inchiesta che ha subito l'accelerazione degli arresti, venerdì, anche perché c'è il sospetto che gli indagati abbiano delle «talpe» negli uffici di inquirenti e investigatori, che potevano informarli sulle indagini. Le prove di tangenti e informatori vengono dalla microspia piazzata dai carabinieri del Ros nello studio romano di Melpignano. Il 2 aprile scorso la «cimice» ha intercettato un colloquio tra il commercialista e Briziarelli, il cui resoconto è finito nelle richieste d'arresto della Procura di Perugia: «Il Briziarelli ha pagato o sta per pagare due miliardi e mezzo di illeciti compensi a più persone, tra le quali un "senatore", e in ragione di questi pagamenti gode di facile accesso agli uffici di tale Perricone, funzionario Inpdap, già dirigente dell'Inadel». Proprio con Inpdap e Inadel Melpignano ha dei conti in sospeso per compravendite di immobili, e chiede a Briziarelli di occuparsene «di persona». L'inchiesta perugina prosegue per cercare le tracce di quei soldi, ma anche degli altri miliardi (molti di più) transitati nel conto 1079 della Banca Popolare di Spoleto, un pezzo sostanzioso della maxitangente Enimont che non si sa ancora in quali tasche sia finito. «La trama corruttiva che si intravede dalle indagini svolte sinora scrivono i magistrati - è senz'altro più vasta... Basti pensare che i beneficiari dei 39 rniliardi movimentati sul conto 1079 sono per la maggior parte ignoti, e che la loro identificazione richiede numerose investigazioni, non solo documentali». Insomma, riparte dal cuore dell'Umbria l'indagine sulla «madre di tutte le tangenti», un pozzo senza fondo che potrebbe portare a conseguenze e coinvolgimenti imprevedibili. Cinque mesi di intercettazioni nell'ufficio di Melpignano - da novembre ad aprile scorsi, con l'interruzione per le vacanze di Natale e Capodanno hanno messo agli atti dell'inchiesta tutto quello che s'è detto in uno degli studi commercialisti più noti della capitale, frequentato dalla Roma che conta, fatta anche di politici, banchieri e professionisti vari. E la perquisizione di quelle stanze ha portato alla luce una gran quantità di materiale definito dagli inquirenti - come da copione - «molto interessante». E' sempre dalla microspia che è venuto fuori il sospetto delle «talpe» che informavano gli indagati. Il colloquio tra Melpignano e suo fratello Stefano (24 febbraio) rivela un'attività di quest'ultimo che secondo i pm Cardella, Renzo, Della Monica e Cannevale «suscita una certa ^quietudine». I due Melpignano parlano di notizie carpite qua e là sui procedimenti penali in corso, non solo a Perugia, e a commento di brani di intercettazione piuttosto confusi i magistrati concludono: «Evidentemente Stefano ha attivato propri contatti nell'ambiente giudiziario perugino e tra la polizia giudiziaria delegata alle investigazioni, e se ne vale per tranquillizzare il fratello». Il lavoro degli inquirenti ora dovrà affrontare anche quest'al¬ tro capitolo, e l'intera inchiesta dove sarebbero indagate una decina di persone, oltre ai tre arrestati Savia, Bonifaci e Meplignano - assume contorni ancora più vasti. Tutto era partito dalle indicazioni fornite da Gianni Mezzaroma, fratello del costruttore Pietro, che ha parlato di un appartamento riservato da quest'ultimo al giudice Savia; «Sai, può sempre servire», spiegò Pietro a Gianni. Gli accertamenti hanno portato alla società Promontorio e a Melpignano, e da lì è venuto fuori il «palazzinaro» ed editore del quotidiano il Tempo Domenico Bonifaci, uno dei «foraggiatoli» della maxi-tangente Enimont. A far trovare parte di quei fondi neri sul conto 1079 della banca di Spoleto intestato a Pasqua Neglie, suocera di Melpignano, è stato un colloquio del 26 marzo tra il commercialista e la sua socia Anna Maria Amoretti. «Io mi ricordo il conto nero di Pasqua Neglie...», dice la donna. E Melpignano: «... Pasqua Neglie ricevette i soldi della vendita di Montedison... su quel conto che poi...». «Che poi?», chiede la Amoretti. «Ho trasferito alla Banca Popolare di Spoleto», conclude Melpignano. Ieri il commercialista ha chiesto ai giudici cinque giorni di riflessione, e il suo interrogatorio è slittato a sabato. Savia invece ha risposto per oltre due ore a gip e pm, respingendo tutte le accuse. Giovanni Bianconi

Luoghi citati: Melpignano, Perugia, Roma, Umbria