L'uomo dei ghiacciai

A Vicenza l'architetto norvegese Sverre Fehn A Vicenza l'architetto norvegese Sverre Fehn L'uomo dei ghiacciai Verso la purezza delle forme naturali ~^~\ VICENZA I A mostra dell'architetto norvegese Sverre Fehn 1 I nella Basilica Palladiana (fino al 15 giugno) più dello spontaneo quanto problematico confronto col Palladio stesso, suggerisce lo sforzo di percepire i valori e le intenzioni di opere concepite da un autore orientato da visioni metafisiche e «moderno» non per mero esercizio stilistico. Sverre Fehn (1924) non ha in Italia fama paragonabile a quella di altri nordici, primo Alvar Aalto. La mostra segna il culmine di una serie di riconoscimenti tardivi. Nei suoi progetti è evidente l'opposizione alla natura nelle forme esterne, mentre gli interni aprono un dialogo. Il Museo dei ghiacciai a Fjaerland è l'invenzione di un artista che incastra in quel paesaggio solitario e puro un oggetto volutamente greve: l'estraneo parallelepipedo di cemento con cilindro laterale evo¬ ca immagini di fortificazioni opprimenti. Ma lo studio della diffusione della luce, la chiarezza degli spazi e l'uso del legno danno al museo straordinaria comunicatività. Anche la Galleria d'Arte a Verdens Ende («La fine del mondo» all'estremità meridionale del fiordo di Oslo) è un gesto di opposizione al quadro naturale: una semplice struttura piana copre come un ponte il profondo avvallamento tra le rocce, con forti cunei piantati nel suolo. Un relitto portato dalle onde, secondo le interpretazioni dei critici che si addentrano nell'immaginario poetico di Sverre Fehn, più leggibile dal profano attraverso i disegni, gli schizzi, gli abbozzi. Soggetto ricorrente la nave, galleggiante su un mare astratto. Il legno delle barche dei pescatori norvegesi è protagonista nelle ville progettate da Fehn con cura meticolosa per i dettagli costruttivi, per la distribuzio- Sverre Fehn, 73 anni, norvegese ne degli spazi, per l'esposizione al sole delle vetrate scorrevoli che stabiliscono un rapporto di simpatia con gli alberi e Ù giardino. Quando costruisce case unifamiliari, Fehn diventa più umano e vicino al reale. Usa il legno anche nelle coperture dei tetti. Mira chiaramente all'intesa col futuro abitante, pur conservando il rigore geometrico degli involucri. Nei suoi «monumenti» appare invece isolato, astratto, avverso ad ogni forma di conciliazione con l'ambiente naturale e le tradizioni locali. Netto il rifiuto dei folclore nordico. I testi del catalogo Electa, firmati da Francesco Dal Co e da altri studiosi, ricordano opportunamente che Sverre Fehn appartenne al gruppo norvegese di ar¬ chitetti progressisti, che frequentò lo studio di Le Corbusier, che ha tratto molto dalla lezione di Mies van der Rohe. Quel che lo caratterizza è la fedeltà, anche in questi anni di confusione dei linguaggi. Ne dà prova nel progetto per l'ampliamento del Teatro Reale di Copenaghen, con cui ha vinto lo scorso anno il concorso internazionale. La mostra provoca nell'osservatore una domanda non così ingenua quanto può apparire ai critici di professione: fino a quale punto l'avvento di nuove tecnologie e di nuovi materiali, primo il cemento armato, ha condizionato i linguaggi e la concezione stessa dell'architettura. Mario Fazio SCEGLIENDO TRA LE MOSTRE

Luoghi citati: Copenaghen, Italia, Oslo, Verdens Ende, Vicenza