Il sexy club incastra la pentita

Il sexy club incastra la pentita Il sexy club incastra la pentita Arrestata per sfruttamento della prostituzione PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Esclusa dal programma per la protezione dei pentiti della mafia, è stata anche arrestata per sfruttamento della prostituzione nel club privato «Dafne» a Roma, nel rione di Trastevere. E' Giacoma Filippello, convivente del boss di Campobello di Mazara Natale L'Ala, assassinato da altri mafiosi in un agguato il 7 maggio 1990. La donna aveva confidato al giudice Paolo Borsellino molti particolari sulle attività criminali di Cosa nostra in provincia di Trapani. Ora lo sviluppo «a luci rosse» della vicenda della Filippello contribuisce ad alimentare nuove polemiche sui pentiti. Prelevata nel club da poliziotti del commissariato Trevi, Giacoma Filippello ha ottenuto gli arresti domiciliari dopo essere stata interrogata dal gip Rando. Con lei sono stati ammanettati il suo nuovo uomo Vittorio Ceccano e due dipendenti del «Dafne» dove, secondo l'accusa, avvenenti ragazze si intrattenevano con i clienti dopo aver fatto lo striptease. Da qui, pertanto, la denuncia per sfruttamento della prostituzione scattata dopo un'irruzione notturna fatta da agenti in borghese. Gli arresti sono avvenuti nella notte tra giovedì e venerdì, ma la notizia è circolata soltanto ieri dopo essere rimbalzata sabato nei palazzi di giustizia di Palermo e Trapani. L'avvocato Alessandra Neri, legale della Filippello, non ha digerito l'ordine di custodia cautelare e ha rilevato che i tempi in cui è maturato ed è scattato l'intervento dei poliziotti «sono perlomeno sospetti». Lunedì scorso in un'intervista tv (era comparsa con il volto coperto per evitare di essere riconosciuta, precauzione seguita da tutti i pentiti) commentando di essere stata eliminata dall'elenco dei collaboratori di giustizia tutelati dallo Stato, Giacoma Filippello si era lamentata di essere «ricercata dallo Stato e dalle cosche». E si era sfogata, sostenendo di essere innocente e di continuare quindi a meritare la piena fiducia dei servizi di protezione. «Tre giorni dopo aver fatto quelle dichiarazioni è stata arrestata» ha rilevato l'avvocato Neri, precisando che la revoca del programma di protezione è giunta all'improvviso e che la sua cliente percepiva un mUione e 800 mila lire mensili. Sull'attendibilità della donna di Natale L'Ala gli inquirenti non ebbero dubbi sin da quando, poco dopo il delitto, cominciò a parlare facendo nomi, citando circostanze, non esitando anche a chiamare in causa esponenti politici locali. Aveva scelto di confidarsi con Paolo Borsellino, allora procuratore a Marsala, sede strategica delle attività mafiose e non a caso zona in cui a lungo si nascose Totò Riina nei 23 anni di latitanza. Le rivelazioni della Filippello aiutarono Borsellino ad assestare duri colpi ai boss locali, specialmente alle frange trapanesi del clan dei corleonesi, nonché allo stesso vertice di Cosa nostra in Sicilia. Non è un caso se grazie alle dichiarazioni rese negh ultimi anni da sette pentiti, fra cui appunto la Filippello, il gip Antonio Tricoli sabato ha rinviato a giudizio 88 dei 91 imputati trapanesi di associazione mafiosa e di 70 delitti. Fra gli omicidi, quelli del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari, primo dei non eletti per la de nella circoscrizione della Sicilia Occidentale, e di Francesco Craparotta. Fra gli imputati, che saranno processati dal 3 ottobre, vi sono Totò Riina e il cognato Leoluca Bagarella, Francesco Madoma, Giovanni Brusca e tanti altri capi. Antonio Ravidà La pentita Giacoma Filippello, arrestata ieri a Roma, e il club a luci rosse da lei gestito a Trastevere Il sindaco di Agrigento Calogero Sodano AGRIGENTO. Oggi dovrebbero scattare le prime 28 demolizioni di case abusive nella Valle dei Templi e non si affievolisce la mobilitazione dei proprietari. E la Chiesa continua a sostenere il fronte degli abusivi: dopo la clamorosa presa di posizione con cui il vescovo Carmelo Ferraro ha tuonato contro lo «Stato padrone», ieri è stata celebrata una messa. Nel pomeriggio, in occasione della ricorrenza del Corpus Domini, il rito è stato officiato da don Vito Guadagna nella chiesa di Santa Rosa, affollata da molte persone. Neanche l'edificio sacro scelto per la celebrazione ha ottenuto le necessarie autorizzazioni e, quindi, è anch'esso abusivo. «Dobbiamo pregare perché il Signore ci aiuti - ha detto il sacerdote - e comunque possiamo avere fiducia perché U Signore vede. La colpa di questa incresciosa situazione non è tanto dei cosiddetti abusivi, ma delle istituzioni, che hanno tollerato il clima di confusione che ha portato a tutto ciò e che hanno consentito, per esempio, il viadotto