Muore per dimostrare che è innocente
Muore per dimostrare che è innocente Padova: arrestato tre mesi fa per droga, si era sempre protestato estraneo Muore per dimostrare che è innocente Lo sciopero della fame stronca detenuto algerino PADOVA. Si è ucciso consumato da un'accusa e da un carcere che non accettava. Melad Meftah aveva 31 anni, era algerino ed è morto di fame. Da oltre un mese non mangiava più. Era arrivato in Italia qualche anno fa da clandestino. Come molti immigrati, non aveva né lavoro né casa. Da un po' di tempo si era stabilito a Padova. Era stato arrestato dai carabinieri, insieme ad alami connazionali, durante una retata antidroga in un casolare diroccato il 7 febbraio. Addosso non aveva stupefacenti ma forse se n'era liberato all'arrivo dei militari gettandoli in un focolare acceso. Lui però sosteneva di essere innocente. L'aveva detto ai carabinieri, agli agenti di custodia, l'aveva ripetuto anche all'avvocato Cesare Vanzetti che l'aveva incontrato nell'infermeria del carcere: il giovane algerino, incapace di farsi ascoltare con le parole, aveva cominciato lo sciopero della fame. L'autorità penitenziaria, a fine aprile, ne aveva disposto il trasferimento nel reparto bunker del Policlinico di Padova. Dove l'algerino ha continuato a non mangiare, lasciandosi morire - e sembra un paradosso - sotto sorveglianza medica. «Nessuno mi ha avvertito che la situazione si stava aggravando dice l'avvocato Vanzetti - mi hanno comunicato solo la sua morte. Ma non finisce qui. Bisogna accertare eventuali responsabilità. Non è possibile morire sotto gli occhi dei medici e senza che l'amministrazione della giustizia faccia qualcosa». Martedì l'algerino avrebbe dovuto presentarsi in tribunale per il processo. Su questa morte verrà aperta un'inchiesta della magistratura, per vedere se e come hanno funzionato le comunicazioni tra la dirigenza sanitaria dell'ospedale, l'amministrazione carceraria e il tribunale. «Siamo amareggiati ma in regola - dice il direttore dell'Azienda sanitaria padovana, Adriano Cestrone - quando il paziente è arrivato a fine aprile non mangiava. E' stato sottoposto a una visita psichiatrica che ha accertato che l'uomo si trovava in condizioni normali e senza intenzioni suicide. Il trattamento sanitario obbligatorio, cioè l'alimentazione forzata, non era dunque possibile. Va rispettata la volontà della persona. La magistratura è stata sempre informata». L'algerino però continuava a non mangiare e col fiato che gli restava a ripetere che era innocente. Il 7 maggio il grado di disidratazione ha raggiunto il livello di guardia, con pericolo per la vita. «Appellandoci allo stato di necessità, come prevede la legge, siamo intervenuti - spiega Cestrone - l'abbiamo sedato, portato in rianimazione e alimentato per via endovenosa». Ma è subentrata una polmonite. Sono state praticate tutte le cure intensive. Ma gli antibiotici, su quel mucchietto di pelle e ossa, non hanno potuto fare più nulla- lm. g. r.l
Persone citate: Adriano Cestrone, Cesare Vanzetti, Cestrone, Meftah, Vanzetti
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