Uno Bianca, il Viminale condannato a risarcire

Bologna: ergastolo a 4 membri della banda Bologna: ergastolo a 4 membri della banda Uno Bianca, il Viminale condannato a risarcire «Il ministero responsabile civile perché alcuni banditi erano agenti» BOLOGNA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La banda della «Uno bianca» non passerà alla storia come uno dei tanti misteri del Paese. Bologna, città ferita e umiliata da stragi che ancora attendono piena verità (Italicus, bomba alla stazione, Ustica), ha da ieri chiuso i conti con sette anni di terrore e 105 delitti: 17 le persone uccise, un centinaio quelle ferite. Dopo undici giorni di camera di consiglio, il tribunale di Bologna ha ieri condannato all'ergastolo i fratelli Fabio, Roberto e Alberto Savi e Marino Occhipinti. Gli ultimi tre sono poliziotti, come Pietro Gugliotta che ha visto ridotta a 18 anni la condanna rispetto ai 30 richiesti dal pm Walter Giovannini. La corte, presieduta da Libero Mancuso, ha anche disposto risarcimenti per diversi miliardi alle vittime e ai loro familiari da parte degli imputati. Novità importante: la sentenza ha chiamato in causa lo stesso ministero dell'Interno, condannato al risarcimento in solido in quanto ritenuto responsabile civile perché nella banda c'erano quattro agenti, suoi dipendenti. Sette anni di sangue e di terrore, cominciati il 19 giugno dell'87 e conclusi nel novembre del '94, da una retata condotta da uomini che vestivano la stessa divisa dei rapinatori assassini. Sette anni di impunità per poliziotti criminali chiamati a più riprese a indagare sui loro stessi crimini. Ormai è sicuro: non esiste un terzo livello sopra la banda che ha cambiato via via nome a seconda delle «imprese» compiute: da banda della Regata, specializzata in rapine ai caselli autostradali, a banda delle Coop, che prendeva di mira i supermercati, a banda della Uno bianca che, oltre a rapinare, uccideva per il gusto di uccidere, prendendo a bersaglio testimoni scomodi, nomadi, immigrati, carabinieri. Dopo i processi di Rimini e di Pesaro, che avevano già inflitto ergastoli, e quello concluso ieri a Bologna, si sa che la banda è so¬ stanzialmente composta da Roberto, il «corto della Volante 4» e Fabio, il «Rambo camionista», con il contorno più o meno occasionale degli altri condannati. Le loro imprese, lungo la via Emilia tra Bologna e Pesaro, sono state macchiate dal sangue di 23 vittime e di oltre un centinaio di feriti. L'arresto dei fratelli poliziotti aveva avuto sulla procura bolognese l'effetto di un tornado, rimettendo in discussione certezze investigative e mandando liberi catanesi (accusati delle rapine alla Coop), camorristi (come Marco Medda, condannato in primo grado per l'uccisione dei tre carabmieri del Pilastro), mafiosi e «pilastrini», alcuni a un soffio da sentenze definitive. Ma l'effetto più devastante era stato per la questura di Bologna, passata al setaccio, su volontà dell'allora ministro dell'Interno, Roberto Maroni, dalla Commissione d'inchiesta guidata al prefetto Achille Serra. L'ex questore di Milano aveva fatto un quadro desolante degli uffici di piazza Roosevelt: Bologna era stata definita «la questura più disastrata d'Italia». La sentenza, che ha richiesto venticinque minuti per essere letta integralmente, era attesa con grande ansia dai famigliari delle vittime, presenti numerosi in aula, contrariamente agli imputati, tutti assenti. La lettura della sentenza è stata accolta con sollievo e commozione. Molti famigliari hanno pianto. «L'ergastolo non basta, volevo una condanna più pesante, cosa sono i soldi di fronte a una vita di ventidue anni?», chiede Francesco Stasi, padre di uno dei due carabinieri uccisi a Castelmaggiore. Per Alberto Capolungo, figlio di Pietro, ucciso nell'armeria di via Volturno, invece, «un punto fenno è stato messo». Soddisfatto della sentenza il sindaco di Bologna, Walter Vitali, che sottolinea l'importanza del risarcimento alle vittime e la condanna del ministero dell'Interno. Marisa Ostolani Tre ergastoli per i fratelli Savi della banda della «Uno bianca»