Mani sporche sullo yen

Arrestato per aver pagato il pizzo alla «Yakuza» Sakamaki, ex presidente del colosso Nomura Arrestato per aver pagato il pizzo alla «Yakuza» Sakamaki, ex presidente del colosso Nomura Mani sporche sullo yen Mafia efinanza, tempesta a Tokyo PERSONAGGIO SIAMO alla caduta degli dei. L'arresto, avvenuto venerdì, di Hideo Sakamaki, fino al marzo scorso presidente della Nomura, è qualcosa di più dello smascheramento d'una pratica che in Giappone tutti conoscono e e che le maggiori società praticano: il pizzo a gangster perché non si presentino all'assemblea annuale degli azionisti con domande imbarazzanti, o perché impediscano che lo facciano bande rivali. La Nomura è la maggior compagnia di Securities (le nostre società di intermediazione mobiliare) del Giappone, e una delle maggiori del mondo: manovra migliaia di miliardi di lire al giorno su tutti i mercati, inquieta il Tesoro americano alle aste dei suoi Buoni, fa tremare società di mezzo mondo per sottoscrivere le loro obbligazioni, condiziona centinaia di industrie, banche, assicurazioni. Nata a Osaka nel secolo scorso da un mercante di monete, potenziata dal figlio con oculati investimenti alla vigilia della guerra russo-giapponese nel 1904, costituitasi nel 1925 a Tokyo, divenuta un grande gruppo famigliare, era stata smantellata dagli americani dopo la guerra. I suoi manager l'hanno ricostituita facendone una potenza finanziaria, con stretti collegamenti con vari primi ministri. Nell'87, anno del grande crack a Wall Street, realizzò più profitti della Toyota e della Nissan insieme. Ha seimila venditori, che vanno casa per casa a vendere titoli in un Paese che ha tra i più alti indici di risparmio al mondo, e in cui le banche non possono operare in Borsa; ha oltre 5 milioni di clienti, il 96% dei quali individuali; quel restante 4% è quello che conta, sono gli unici a sapere come vanno le cose. I suoi azionisti, a parte una trascurabile quota di- visa tra i dipendenti, sono le società, le banche, le imprese, le assicurazioni, i fondi comuni di cui Nomura stessa è parte, in una rete di partecipazioni incrociate che è alla base del sistema economico e finanziario e che forma le «keiretsu»: cioè fitti e impenetrabili collegamenti societari, eredi delle «zaibatsu», i grandi gruppi d'anteguerra, smantellati dagli americani e ricostituitisi in senso orizzontale invece che verticistico come prima. Con la Nomura è travolta anche la Dai-Ichi Kangyo Bank, una delle più grandi banche del mondo, sottoposta nei giorni scorsi a perquisizioni da cento pubblici accusatori: due suoi top manager si sono dimessi, seguiti da altri cinque consiglieri. L'economia è in ripresa, le industrie vanno bene, ma il mondo finanziario è scosso. Un mese fa è fallita una delle maggiori compagnie di assicurazioni sulla vita, preceduta da una banca di provincia dopo che istituti di credito rurali sono stati salvati dal governo dalla bancarotta per montagne di crediti inesigibili. Il ministero delle Finanze è sotto accusa per negligenza nei controlli. L'anno scorso la Daiwa Bank, una delle principali, fu espulsa dagli Stati Uniti per aver nascosto perdite per oltre un miliardo di dollari in Borsa. In un Paese indifferente alla religione, Nomura è la cattedrale del denaro; i suoi manager, anonimi dei e sommi sacerdoti della potenza finanziaria. La settimana scorsa 200 procuratori hanno perquisito i suoi uffici e arrestato tre alti dirigenti. Le manette a un uomo che alle prime avvisaglie della tempesta, a marzo, con altri manager s'era dimesso da presidente restando come consigliere, sono colpi di maglio a un'istituzione che è l'ammiragha della finanza nipponica, ma la cui navigazione è stata sempre caratterizzata da manovre inconfessabili. Alta finanza e corruttela, finanziamenti a politici su conti segreti con spericolate operazioni, elargizioni a bande di gangster per comprarne silenzio e protezione. Shogun dello yen, signori dei voti e padrini: tutti insieme spudora¬ tamente. Incursioni nell'azionariato di grandi imprese sono diventate importante attività della Yakuza, cioè la malavita, costituita in bande coi loro capi, notissimi, i cui gregari vanno in giro col distintivo all'occhiello, come se fosse un club esclusivo, ed esibendo il biglietto da visita col loro grado nell'organizzazione, come se fosse una qualsiasi società o benemerita associazione. La parola «sokaya» è la sintesi dell'attività della Yakuza in campo finanziario: minacce di turbare l'assemblea annuale degli azionisti delle grandi compagnie, o mettere il naso nei loro affari. Ogni anno, a fine giugno, l'onorata società è mobilitata per le assemblee, per tradizioni tutte fissate l'ultimo giorno lavorativo di questo mese. Centinaia di distinti gangster in doppiopetto e Rolls Royce, muniti di qualche manciata di azioni, minacciano di prender parte alle riunioni e guastare la festa. Le assemblee, infatti, sono un rito spicciativo, mera formalità, ine¬ vitabile perché voluta dalla legge. Essendo circa l'80% del capitale di ogni società in mano a imprese collegate, i veri interessati tutto già sanno, specie quel che non è nei bilanci, e tutto hanno già deciso. Nello stesso giorno, in poche ore, le 1500 compagnie quotate a Tokyo tengono la loro assemblea, con gli stessi personaggi che corrono da una sede all'altra. I piccoli azionisti di solito non partecipano. Si mobilitano invece circa duemila «sokaya», gente con infarinatura di management e pandette, abili nel mandar segnali che le imprese capiscono al volo, adeguandosi perché essi non intervengano con domande' inopportune o con allusioni a scheletri nell'armadio. L'intesa si può spingere oltre: far intervenire certi «sokaya» per metterne a tacere altri di altre bande. Secondo l'accusa, la Dai-Ichi, cedendo a minacce, aveva aperto nel 1989 un credito di 30 miliardi di yen, allora circa 500 miliardi di lire, mai più recuperato, a due fratelli, Ryuichi e Yoshinori Koi- ke, noti «sokaya», arrestati settimane fa, i quali avevano usato la somma per acquistare azioni di compagnie finanziarie, in primo luogo la Nomura. Nel giugno 1995 la Nomura, per non far intervenire i due all'assemblea degli azionisti, versò 50 milioni di yen, allora un miliardo di lire, su un conto segreto a loro favore presso sé medesima, gestito da un ristretto gruppo di manager. E' emerso che anche vari politici, tra cui tre ministri in carica, hanno simili conti segreti su cui arrivano fondi di dubbia provenienza. Mercoledì, davanti a una commissione della Dieta, l'ex presidente della Nomura ha ammesso di aver avuto contatti coi due gangster. Venerdì l'arresto. Sakamaki era asceso al vertice nel '91 sull'onda di un altro scandalo che aveva costretto alle dimissioni il suo predecessore. La società aveva finanziato per 300 miliardi di lire un'organizzazione mafiosa per investimenti in campi da golf, ricevendo in garanzia azioni di una ferrovia. Poi aveva pilotato le quotazioni di tali azioni, gonfiandole ai propri fini contabili. Con altri artifici, aveva ricompensato clienti privilegiati per perdite in Borsa su operazioni da essa curate. L'universo su cui l'inchiesta sta facendo luce spiega perché Tokyo, malgrado la potenza economica del Paese, non sia diventata centro finanziario mondiale: segue Wall Street o Londra, non le influenza decisivamente. Non è solo questione delle limitazioni normative che una deregulation più volte promessa e mai realizzata dovrebbe spazzar via: è questione delle ragnatele di questi rapporti inconfessabili in un mondo dificile da penetrare. Fernando Mozzetti La società è una potenza che manovra migliaia di miliardi al giorno, fa tremare il Tesoro Usa e condiziona centinaia di banche e assicurazioni Foto di gruppo per un clan della Yakuza la mafia giapponese L'ex presidente della Nomura Hideo Sakamaki arrestato per tangenti ai mafiosi

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