Energia tra Scilla e Cariddi

Energia tra Scilla e Cariddi Energia tra Scilla e Cariddi Una corrente marina (ed elettrica) In verde le fasce più idonee al posizionamento delle turbine I numeri indicano la profondità dell'acqua in metri Mortelle'^ Ganzirri lari collegati alla rete e a discutere delle soluzioni tecniche per la sconnessione automatica dei relativi inverter (in italiano «convertitori statici»). Nel persistente disinteresse dei politici responsabili per ambiente ed energia, passarono tuttavia altri anni. Soltanto nello scorso aprile il Comitato Elettrotecnico Italiano ha finalmente scelto la soluzione da prescrivere. Mentre c'era, ha prescritto anche 5 kilovolt-Ampère di potenza massima per ogni inverter. Un limite di cui non si capisce il motivo ma, a occhio e croce, non dovrebbe fare troppi danni. Ora, comunque, sarebbe possibile anche in Italia una iniziativa promozionale per i tetti fotovoltaici. Dopo aver riconosciuto a Chicco Testa il merito di aver rotto il silenzio su questa materia c'è però da rammaricarsi che l'Enel, per la parte elettronica dei propri tetti fotovoltaici, abbia voluto rivolgersi ai tedeschi: con la fame di occasioni e posti di lavoro che abbiamo, e come se non avessimo persone e aziende esperte in elettronica di potenza. Sarebbe stato doveroso, invece, offrire ai nostri «enertronici» un'opportunità così importante per rimontare il decennale gap che, certo non per colpa loro, l'Italia ha accumulato in quel settore. Leonardo Libero 108 9 Torre Faro \sfveS 186^. 176^"*^ Monopalo POCHI sanno che dal punto di vista oceanografico lo Stretto di Messina è uno dei luoghi più interessanti del pianeta. E' possibile, infatti, osservarvi correnti marine tra le più veloci al mondo, in particolare quelle determinate dalla marea semidiurna. Il Mar Ionio a Sud e il Mar Tirreno a Nord hanno un regime di maree sfasato quasi esattamente di 90°: questa speciale condizione, combinata con la struttura topografica dello Stretto (la cui profondità è molto variabile, con punte di 1000 metri nella parte meridionale) produce una corrente che può raggiungere velocità superiori a 3,5 metri al secondo. Si stima che l'energia totale della corrente che fluisce nello Stretto sia intorno a 2900 GWh/anno. Nell'ambito del programma europeo Joule II, si è recentemente concluso un progetto di ricerca denominato Cenex (acronimo di Current ENergy EXploitation) dedicato alla valutazione del potenziale di questa fonte di energia rinnovabile ed allo sviluppo di un piano preliminare di sfruttamento. Il progetto, coordinato dalla Tecnomare di Venezia, ha visto la partecipazione di varie aziende e istituzioni europee: Enel e Ponte di Archimede (Italia), It Power (Inghilterra), Università di Patrasso (Grecia) e Voith (Germania). La ricerca si è focalizzata inizialmente sull'individuazione e catalogazione in Data Base di 106 siti europei con correnti marine abbastanza veloci da poter essere sfruttate a scopo energetico mediante turbine sottomarine. Queste località, situate in Gran Bretagna, Irlanda, Grecia, Francia e Italia, potrebbero fornire una produzione di energia elettrica pari a 48 TWh annui. La seconda fase del progetto Cenex si è concentrata in particolare sullo Stretto di Messina dove, al fine di individuare le zone più interessanti per l'installazione dell'impianto, sono stati sviluppati modelli matematici a due e a tre dimensioni tarati sui dati di corrente e di marea rilevati in vari punti dello Stretto. Due fasce parallele alle coste di Calabria e Sicilia, a profondità d'acqua compresa fra i 50 e i 100 metri, sembrerebbero essere le più idonee al posizionamento dell'impianto, tenuto conto anche della rotta delle navi che giornalmente transitano per lo Stretto. Il progetto preliminare prevede l'installazione di 100 turbine spaziate lateralmente di 30-50 metri e longitudinalmente di 200-300 metri in modo da non creare problemi di interferenza idrodinamica o operativa. Ogni turbina è costituita da un rotore a 4 pale fisse con asse di rotazione verticale. Ciascuna pala, lunga 10 metri, è supportata da 3 bracci. La girante ruota a 17,6 giri/minuto con una potenza di progetto di 250 kW. Il rotore è collegato a un generatore a 6 poli, che produce energia elettrica a 3-6000 V e la invia a una stazione di trasformazione a terra mediante cavi sottomarini. Il gruppo turbina-generatore è installato su di una struttura di supporto (monopalo) con un connettore meccanico. Il monopalo, lungo 30 metri, derivato dalla tecnologia petrolifera offshore, viene infisso sul fondo del mare per circa 20 metri con un battipalo sottomarino. Il regime di funzionamento è intermittente: ogni turbina si arresta quando la velocità della corrente scende sotto una certa soglia, resta ferma durante il periodo di stanca della corrente e viene riavviata quando la corrente, in direzione opposta, supera la stessa velocità-soglia. L'energia elettrica producibile annualmente dal complesso di 100 turbine è di circa 20 GWh, a fronte di un investimento di circa 120 miliardi di lire per la realizzazione dell'impianto. Il costo dell'energia 176^ Cannitello Villa S. Giovanni Cafona Gallico Marina prodotta è atteso sotto le 400 lire/kWh, perfettamente in linea con quello dell'energia prodotta da altre fonti rinnovabili. Il contenuto energetico della corrente è il fattore dominante del progetto. Poiché l'energia della corrente è funzione del cubo della velocità, sono essenziali ulteriori misure di velocità per migliorare i risultati del modelling 3-D ed individuare con certezza le località più adatte all'installazione delle turbine. Ulteriori test sperimentali saranno fatti su modellini a scala ridotta per verificare gli assunti fatti in sede progettuale. E' prevedibile che le prestazioni del sistema possano essere migliorate con programmi di ricerca nel campo dei materiali per le pale del rotore e nel campo dei generatori elettrici a bassissimo numero di giri. Quei batteri ingaggiati dall'industria i i a MACCHIE di vino sulla tovaglia? Ingaggiate un batterio. Forse il nuovo slogan della compagnia newyorchese Genecor International non suonerà proprio così, ma certamente non siamo troppo lontani dalla realtà. L'industria statunitense ha recentemente lanciato sul mercato un additivo per detersivi che smacchia il cotone grazie all'azione di una proteina ricavata da un batterio tutto particolare, rinvenuto in laghetti le cui acque alcaline non possono ospitare nessun'altra forma di vita. La loro esatta collocazione sulla carta geografica è coperta da segreto industriale. Il microrganismo in questione è un estremofilo; cioè uno di quei batteri in grado di sopportare condizioni ambientali estreme, intollerabili per qualunque altro essere vivente. Per farsi un'idea della loro versatilità, basti pensare che specie di batteri estremofili vivono nelle profondità della crosta terrestre a circa tre chilometri dalla superficie, mentre altre hanno colonizzato i getti dei geyser islandesi, oppure le dorsali oceaniche fino a 3600 metri di profondità con temperature che superano i cento gradi centigradi e pressioni di centinaia di atmosfere. Per sopravvivere in quelle condizioni i batteri estremofili hanno dovuto mettere a punto un metabolismo speciale, e l'evoluzione li ha dotati di proteine in grado di favorire le particolari reazioni biochimiche necessarie al loro sostentamento. E queste reazioni biochimiche talvolta sono analoghe ai procedimenti che le compagnie chimiche ottengono con metodi dispendiosi, spesso fonte di inquinamento. Ed è proprio per motivi economici che la caccia al batterio per l'impiego industriale è aperta ormai da qualche anno. La Genecor ha appena tagliato il traguardo col suo additivo per lavatrice a base di cellulasi103, una proteina estratta da un estremofilo che sbroglia i piccoli gomitoli che si formano dall'usura del cotone permettendo al detersivo di penetrare in profondità nel tessuto senza danneggiarlo, sia in acqua calda sia in acqua fredda. Ma le varietà di batteri estremofili scoperte negli ultimi anni sono così numerose che per le centinaia di proteine da essi isolate bisogna solo trovare un'applicazione. Ad esempio, nell'ambito di un programma di ricerche il cui nome in italiano suona più o meno come «stelle delle profondità», il giapponese Koki Horikoshi ha scoperto circa 2500 nuove specie di estremofili nella Fossa delle Marianne, e altre 1000 esplorando col suo batiscafo i fondali oceanici di mezzo mondo. Alcuni dei microrganismi di Horikoshi vivono in ambienti in cui le concentrazioni di cherosene, benzene e altri pericolosi componenti organici superano il 50 per cento. Questi batteri possono degradare delle grandi quantità di sostanze altamente inquinanti e molto concentrate, e la loro utilità per bonificare acque ad alto tasso di inquinamento è evidente. E non è tutto, perché le possibili applicazioni delle proteine estratte dagli estremofili sono vastissime, e presto anche la vostra agenda potrebbe essere prodotta con l'ausilio di un batterio, che possiede un enzima in grado di sostituire l'impiego dei composti chimici inquinanti che oggi vengono utilizzati per sbiancare la carta. Inoltre, nel campo della biologia molecolare già da diversi anni una proteina estratta da un estremofilo, la Taq polimerasi, viene adoperata per ottenere grandi quantità di Dna a partire da frammenti disponibili in numero limitato. Ma nel generale entusiasmo che circonda la scoperta di ogni nuova forma batterica estrema, numerosi ricercatori invitano ad essere prudenti. Non sempre infatti le industrie sono disponibili a riconvertire i loro processi produttivi ormai collaudati, e molte delle proteine scoperte non hanno, almeno per il momento, nessuna utilità. E' un avvertimento ragionevole, anche se probabilmente non sono le possibili applicazioni nella produzione di agende e di detersivi a spingere i cacciatori di batteri, chiusi nei loro batiscafi, alla scoperta di forme di vita estreme in un mondo sommerso, misterioso e lontano. Davide Pavan Margherita Fronte

Persone citate: Cariddi, Chicco Testa, Davide Pavan Margherita, Gallico, Leonardo Libero, Margherita Fronte, Torre Faro