GADDA, IL DUCA INFELICE

GADDA, IL DUCA INFELICE GADDA, IL DUCA INFELICE Come da una «giovinezza inesistita» possa uscire un genio: la biografia di Roscioni e il saggio di Pedullà sul Gran Lombardo ERSO la metà degli Anni 60 Carlo Emilio Gadda venne in treno da Roma a Torino, guidato da un saggio Virgilio, il suo editor (come si dice adesso) Gian Carlo Roscioni, per render visita a Giulio Einaudi. Verso Genova, l'ingegnere fu colto da puntuali attacchi d'angoscia. Non pareva a Roscioni che le sue scarpe nere fossero eccessivamente, quasi provocatoriamente lucide? Che cosa avrebbe detto Einaudi? E poi, nei corridoi di via Biancamano esisteva un acconcio appendiabiti cui attaccare il cappello? E se non c'era, come fare? Giunto a Torino, il golosissimo Gadda ritrovò un po' di serenità solo di fronte a un eccellente risotto ai funghi, di cui si servì copiosamente. Di aneddoti sui terrori, sulle timidezze e sulle goffaggini di Gadda esiste un'intera tradizione orale. A scuola, in guerra, durante la prigionia, in giro per il mondo, e infine a Roma, il Gran Tapiro milanese, cosi serio, credulone e ligio alle regole, era il soggetto ideale per consumare beffe troppo facili e trop¬ po crudeli. Come le sofferenze vere e immaginarie di una «giovinezza inesistita» riescano a produrre arte, e grande arte, ai vertici del '900, è il vero tema su cui indagano due libri che escono ora quasi appaiati: la biografia che Roscioni ha dedicato ai primi trent'anni dello scrittore («duca di Sant'Aquila», si era autoproclamato nei giochi infantili) e un saggio di Walter Pedullà. Miglior biografo di Roscioni, Gadda non poteva trovare. Sa tutto, ma non fa pesare. Amico paziente e discreto in vita, ora detective di stile, misura e humour anglosassoni, non lo crocifigge sul divano dell'analista e vaglia le prove documentarie con un pizzico di sano scetticismo. Si comporta insomma come quei bravi medici di famiglia di una volta, che si erano formati su Montaigne prima ancora che nelle aule di anatomia. Dico subito che si tratta di un libro non solo prezioso e anzi indispensabile per i gaddofili, ma incantevole anche per chi non si occupi di letteratura. L'inedita ricostruzione dell'ambiente familiare dei Gadda, discesi ai primi dell'Ottocento da un intraprendente fornaio della valle dell'Olona, promossi socialmente da un matrimonio assai discusso con una nobile Ripamonti, santificati da un nugolo di zie suore piissime e letterate, esposti al continuo confronto con i cugini ricchi, infine mezzo rovinati dall'inettitudine del padre di Carlo Emilio, è un godibilissimo quadro di vita italiana e milanese, da leggere in parallelo con i «disegni» dell'Adalgisa. Molto apprendiamo sul personaggio-chiave della vicenda, la madre di Carlo, l'autoritaria, intransigente professoressa di francese Adele Lehr, che inculca nei figli l'amore della poesia, ma li obbliga a carriere che non siano quelle dell'insegnamento, che a lei aveva procurato tante umiliazioni. E' lei ad infliggere a Carlo la ferita insanabile, la predilezione smaccata per il fratello minore, il brillante, estroverso Enrico, pilota d'aereo morto in guerra forse per una manovra spericolata, l'irraggiungibile eroe da Carlo pianto (ma forse, aggiungo io, anche inconsciamente odiato) per una intera vita. La cultura materna, così solidamente «classica» (e tuttavia non aliena dalla lettura di settimanali umoristici) ci serve a capire da dove viene l'aulica e distesa eleganza che resta la base primaria della pagina del figlio «pasticciante». Roscioni è tuttavia attento a non fare dell'infelice «duca di Sant'Aquila» il martire di un sistema, di un'educazione, di un'epoca. Non enfatizza le sue famose curiosità enciclopediche (se Gadda non finiva i libri, figurarsi Adele Lehr, madre di Gadda Serio, credulone, lìgio alle regole, una vita segnata dalla figura materna le letture). Non nasconde la sua suggestionabilità, i suoi furori interventisti, le sue simpatie per il fascismo della prima ora (poi deluse e rovesciate in acre furore, come si sa), le sue difficoltà con le donne, perfino una possibile omosessualità latente. Dipana con pazienza l'intreccio delle esperienze del lavoro ingegneresco con le passioni filosofiche e letterarie, le inquietudini di un uomo sempre in fuga da Milano e dalla famiglia, ma anche e soprattutto da se stesso, e perfino dai suoi libri: quel suo dover essere sempre altrove, frequentatore insofferente di decine di pensioni familiari, che poteva accettare la sua non-vita solo nella dimensione della precarietà. Analisi puntuale degli ingredienti meno visibili del caso Gadda, il libro di Pedullà finisce quasi per abbozzare una teoria generale: la vocazione letteraria nasce e si consolida attraverso un trauma preciso, il conflitto con genitori che sottostimano i figli, e diventa ricerca accanita di una rivincita e di un risarcimento. Alla base del nostro Novecento, azzarda Pedullà, ci sono un inetto (Svevo), un pazzo (Pirandello), un buffo (Palazzeschi), uno scemo (Savinio), un imbecille (Gadda). Ma le vere rivoluzioni le fanno questi presunti «scemi» così poco votati alla vita pratica, ai commerci, alla volgarità del potere. E' in fondo la conferma di quanto serva la nevrosi all'arte: come ci ricorda Roscioni, ogni scrittore è come l'ostrica, che solo se malata genera la perla. Anche Pedullà insiste sul nodo cruciale del rapporto con la madre, che colpisce a morte Carlo preferendogli il fratello, e verrà a sua volta ripetutamente uccisa nella finzione letteraria. La vocazione delinquenziale cui allude il sottotitolo del suo saggio non è certo questa, ma rimanda piuttosto al dovere d'ogni scrittore: uccidere la cultura dei genitori, deformare i codici convenzionali sino ad obbligarli a misurarsi con verità anche crudeli. Proprio manipolando gli aulici linguaggi materni questo grande «buono alNulla», come lo chiama Pedullà, fa della propria marginalità la base per colpire al cuore la realtà del proprio tempo, che lo indigna e lo affascina contemporaneamente. Solo così «l'imbecille di famiglia» imparerà a «ridere di cose su cui sarebbe imbecille continuare a piangere». Ernesto Ferrerò

Luoghi citati: Aquila, Genova, Milano, Roma, Torino