Nave di clandestini rischia il naufragio
Move di clandestini rischia il naufragio Notte tragica in balia del mare in tempesta. Nei prossimi giorni verranno rimpatriati Move di clandestini rischia il naufragio Con 220 extracomunitari si arena sulla costa calabrese CATANZARO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «May Day, May Day»: alle 3,20 di ieri notte l'allarme è arrivato chiaro sulle onde della radio. «May Day» per l'ennesima nave di disperati che, dagli angoli più lontani del mondo, cercano in Italia un futuro migliore per loro stessi e per i figli. La nave, la solita «carretta» dei mari, si chiama «Vakfikebir», è turca ed una settimana fa ha lasciato un porto dell'Asia Minore, carica di iracheni di etnia curda, di pakistani e bengalesi. Forse, come a tanti altri che li hanno preceduti, ai clandestini era stato promesso d'essere sbarcati non in Italia, ma in un porto della Germania. Ma non è stato così. Il loro capolinea è stata la costa di Guardavalle, l'ultimo Comune della fascia jonica meridionale della provincia di Catanzaro. La nave, settanta metri di lunghezza, sotto la spinta di un mare che si è andato ingrossando a partire da mercoledì sera, è filata dritta verso la costa, arenandosi a cinquanta metri dall'arenile. Ma la colpa non è stata solo del vento. Come si sta ripetendo negli ultimi tempi, l'equipaggio, una volta arrivato in vista della costa, si è eclissato lasciando oltre 220 persone in balia di una burrasca. La richiesta d'aiuto è stata subito raccolta dalle capitanerie di porto di Crotone e di Reggio Calabria, oltreché da carabinieri, polizia e Guardia di Finanza, che hanno fatto arrivare motovedette e rimorchiatori. Un'opera difficile, peraltro, viste le condizioni proibitive del mare. Intanto, con la nave che si andava inclinando lentamente, i clandestini pazzi dal terrore hanno abbandonato la «Vakfikebir». I più fortunati, ma soprattutto i più furbi, hanno raggiunto le lance di salvataggio e le hanno calate in mare. Per gli altri, la maggior parte, l'unica strada è stata quella di gettarsi in acqua. Una volta raggiunta la riva sono sciamati, cercando di mettere quanto più spazio possibile tra loro e la motonave e, quindi, tra loro e la possibilità di essere presi. Ma intanto tutta la zona era stata circondata da agenti, carabinieri e finanzieri nelle cui braccia sono andati a finire. Per quei pochi riusciti a scappare e a raggiungere uno dei paesini la libertà è durata solo qualche ora in più. Con i vestiti zuppi, il volto segnato dalla fame, con le lacrime a scendere copiose quando qualcuno guardava nei loro miseri bagagli, hanno seguito con grande dignità chi li portava in un campeggio dove in un paio d'ore è stato realizzato un centro d'accoglienza. Per qualcuno di loro si è reso necessario un controllo medico. Niente scabbia, come pure qualcuno ha detto. Qualche contusione, febbriciattole. Una delle undici donne che erano a bordo, nel calarsi dalla nave, si è fratturata una gamba. Ora è nell'ospedale di Soverato. Stanno invece bene tutti i tredici bambini. Li hanno fotografati, schedati, controllati. Tra qualche giorno saranno riaccompagnati alla frontiera. Ed intanto, nello Jonio, è cominciata la caccia ad altre navi. Diego Minuti La nave con i clandestini curdi che si è incagliata vicino alle coste calabresi
Persone citate: Diego Minuti, Move
Luoghi citati: Asia Minore, Catanzaro, Crotone, Germania, Guardavalle, Italia, Reggio Calabria
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