Missione impossibile: ricostruire la Somalia

Missione impossibile: ricostruire la Somalia CORNO O'AFRICA Riuniti a Roma i Paesi donatori: «Solo una vera intesa tra i signori della guerra può rilanciare gli aiuti» Missione impossibile: ricostruire la Somalia A Mogadiscio ennesimo accordo di pace sulla carta traAidid eMahdi ROMA. «L'Italia è pronta a un nuovo impegno in Somalia, ma solo se si realizza un accordo per un'amministrazione comune di Mogadiscio, con la riapertura del porto e dell'aeroporto. Per far ripartire la Somalia servono 100 milioni di dollari. Noi per ora abbiamo accantonato 13 miliardi di lire per l'emergenza. Ma dichiaro sotto la mia responsabilità che di fronte a dei processi positivi l'Italia potrebbe anche aumentare i suoi stanziamenti». Rino Serri, sottosegretario agli Esteri con delega per l'Africa, parla a una conferenza stampa in margine alla riunione del Sade, il Coordinamento per l'aiuto internazionale alla Somàlia, che dopo due anni è tornato a riunirsi a Roma, in considerazione dell'azione che l'Italia svolge nel Corno d'Africa. Da tre anni non c'è un governo in Somalia e nei colloqui di ieri e di oggi, ai quali partecipano gli inviati in Somalia per l'Unione Europea Sigurd IUing e per l'Onu Felix Mosha, cercheranno di «rimettere in moto il circolo virtuoso» fra i progressi sul piano politico verso la pace e gli aiuti internazionali, spiega IUing. Si tratta di rilanciare le donazioni internazionali, proseguendo il difficile lavoro diplomatico per mettere insieme i vari clan e fazioni locali. Un'impresa ardua perché, spiegano alla Farnesina, la società somala negli ultimi anni è stata disarticolata, oltre che dalle guerre, da migrazioni interne spropositate. Mogadiscio è ormai un deserto abitato dove quasi la metà del milione di abitanti sono nomadi degli altipiani che non fanno più capo neppure ai capiclan tradizionali. Anche se ultimamente, secondo l'inviato speciale Giuseppe Cassini, unico diplomatico italiano ormai a fare la spola con la Somalia, la situazione è in via di miglioramento. Proprio ieri Hussein Aidid e Ah Mahadi Mohamed hanno firmato un accordo per la pace al Cairo che segue quelli già stilati in Kenya, Etiopia, e Yemen. Ma finché i governi interessati alla Somalia si limitano a invitare i contendenti a porre firme di pace nei loro Paesi si approda a poco, fanno notare alla Farnesina. «In Somalia dobbiamo costruire uno Stato, abbiamo bisogno di ministeri, di forze di polizia, di scuole, di regolamentare l'economia e riorganizzare i militari creando un esercito, altrimenti la pace non verrà», spiega l'inviato dell'Orni Mosha. Serve un accordo locale per arrivare a un governo transitorio collegiale che renda anche convenienti attività economiche straniere che non siano solo quelle «attività di guerra» fuori di ogni legge e controllo. Per questo si sta pensando da tempo a una grande conferenza che verifichi sul campo i «progressi della normalizzazione». Una conferenza che doveva tenersi il 10 giugno, ma potrebbe ancora essere organizzata entro l'anno, forse in ottobre. Anche in vista di questa conferenza, Serri potrebbe recarsi presto a Mogadiscio. E' stato invitato da alcuni leader. Ma al diplomatico italiano questo non basta: «Una mia visita a Mogadiscio presuppone che ci sia già un accordo». [m.g.b.] Hussein Mohamed Aidid

Persone citate: Corno O'africa, Felix Mosha, Giuseppe Cassini, Hussein Aidid, Hussein Mohamed Aidid, Mosha, Rino Serri