Brescia, caccia alla 007
Brescia, caccia alia 007 Brescia, caccia alia 007 Dieci indagati per la strage di 23 anni fa MILANO. «E' vero, nell'inchiesta ci sono degli indagati. Ora abbiamo un anno di tempo e metteremo tutto il nostro impegno per scoprire la verità». Parla così il procuratore capo di Brescia, Giancarlo Tarquini, nello stesso giorno in cui, 23 anni fa, la bomba a piazza della Loggia fece otto morti e più di cento feriti. Parla così e conferma che l'indagine sulla strage sta avendo nuovi sviluppi. Gli fa eco il sindaco della città, Mino Martinazzoli: «L'ostinazione della memoria aiuta a non arrendersi nella ricerca della verità. Se dopo una lunga stagnazione la magistratura ha preso questa decisione, mi auguro sia confortata da elementi significativi». La «decisione» della magistratura, nello specifico dei sostituti procuratori Francesco Piantoni e Roberto Di Martino, è quella di chiedere al gip un anno di proroga sull'inchiesta. Che vede, allo stato, una decina di nuovi nomi sul registro degli indagati: questo almeno secondo le indiscrezioni perché Tarquini non ha voluto confermare il particolare. «Sul numero - ha dichiarato - non posso dire nulla». Sempre stando alle indiscrezioni tre persone sarebbero sotto in¬ dagine da parecchi mesi: il termine delle indagini preliminari per il reato di strage è infatti un anno, scaduto il quale è possibile chiedere la proroga. A questi tre nomi recentemente ne sarebbero stati aggiunti almeno altri sette, sempre ipotizzando il «concorso in strage». Sui nomi il riserbo è assoluto, ma si sa che l'ambiente oggetto delle indagini è lo stesso su cui stanno scavando due magistrati milanesi: il giudice istruttore Guido Salvini (inchiesta sull'eversione di destra) e la pm Grazia Pradella (strage di piazza Fontana). Dunque l'ambiente del neofascismo veneto e lombardo con personaggi legati anche alla Cia e ai servizi segreti «deviati». Non a caso lo stesso Tarquini conferma che «abbiamo anche documenti che certamente provengono dall'ex ufficio affari riservati del Viminale»; in particolare da quel deposito scoperto a Roma alcuni mesi fa. Tra quegli incartamenti qualcuno riguardava la strage di Brescia e relativi depistaggi nel corso delle indagini. E, sempre della strage, parlava anche il rapporto dei Ros inviato a Salvini. Vi si diceva, ad esempio, che la strage era stata organizzata da esponenti del neofascismo milanese con l'appoggio «logistico» di Ermanno Buzzi e che la bomba sarebbe stata trasportata da Verona a Brescia da Marcello Soffiati, esponente di Ordine nuovo in Veneto. Buzzi e Soffiati, entrambi deceduti da anni, avevano in comune la militanza neofascista e il contatto con i servizi segreti. Buzzi, in particolare, condannato all'ergastolo per la strage nel primo processo, è stato ucciso in carcere da Mario Tuti e Pierluigi Concutelli prima di arrivare all'appello, che si concluse con l'assoluzione di tutti gli altri imputati. Come mandante del suo omicidio (nonché come partecipante alla strage) era stato processato un altro neofascista, Cesare Ferri: assolto anche lui. A questi vecchi nomi le indagini già condotte a Milano permetterebbero di aggiungerne di nuovi. Sono quelli di Carlo Digilio e di Martino Siciliano che al giudice Salvini hanno raccontato della preparazione della bomba di Brescia e di una riunione, sempre a Brescia, con Sergio Minetto (definito «capozona della Cia»), l'esponente di Ordine nuovo Carlo Maria Maggi, nonché Marcello e Bruno Soffiati. [r. m.] «Le soluzioni sono a portata di mano basta aver voglia di trovarle» Sfilata in piazza della Loggia a Brescia
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