Juppé a Bordeaux, una sconfitta tira l'altra di Enrico Benedetto

Juppé a Bordeaux, una sconfitta lira l'altra La vittoria nel primo turno fa volare Jospin, l'ex premier a rischio nel Comune dov'è sindaco Juppé a Bordeaux, una sconfitta lira l'altra I sondassi: alla Gauche la maggioranza anche senza il pcf] BORDEAUX DAL NOSTRO INVIATO A giudicare dalla fastosa silhouette, si direbbe che l'Hotel de Saige viva sugli allori che gli concede una gloria antica facendosi perdonare ragnatele, polvere e degrado. E invece nasconde pagine buie: il governo parigino vi trovò rifugio a tre riprese - 1870, 1914 e nel giugno '40 - per eludere l'eterno nemico: la Germania. Alain Juppé è insomma l'ultimo arrivato, e neppure il più celebre, tra gli esuli. Sindaco da due anni, gliene rimangono appena altri 45 per eguagliare il suo predecessore - nella Maine come a Matignon - Jacques Chaban-Delmas. La cittadinanza lo battezzò con affettuosa ironia il Duca d'Aquitania. Il premier che rassegnerà lunedì le dimissioni forse più amare nella storia francese (se il Centro-Destra vince domenica il duello con Jospin diranno «malgrado Juppé», nel caso di una débàcle sarebbe «colpa sua») qui si ritrova invece un nomignolo assai meno pomposo: Jup-Jup. Ricalca Bib-Bip, velocissimo struzzo caro ai bambini che nelle story televisive finisce sempre per beffare un povero Will E. Coyote. Ebbene, il primo cittadino bordolese sembra fosse non meno rapido nell'arrivare e ripartire. Un blitz settimanale sulla Gironda, e via. «Sindaco da week-end? Magari, sarebbe già stakanovismo. Lavorava solo il venerdì, e neanche sempre», dice la sede ps. Snobbati, gli alteri girondini sanno essere vendicativi. Così il 25 maggio, anziché plebiscitario voilà una doccia fredda: ballottaggio. Alain Juppé totalizza in loco un buon 38%, ma a sorpresa le Sinistre lo tallonano. Il pericolo di un estremo oltraggio, finora teorico, diviene insomma reale. Juppé trombato anche nel suo buen retiro? I sondaggi nazionali non sembrerebbero infondergli coraggio. Il francese medio li ignora, giacché la legge ne vieta la divulgazione a meno di 6 giorni dal voto. Ma il crollo in Borsa ieri mattina (—4%, come lunedì scorso) ne denuncia il tenore. Le rilevazioni demoscopiche sono perentorie: la Gauche si aggiudicherebbe da 314 a 336 seggi su 577, e il ps sfiora da solo il 51%. Il che gli permetterebbe di governare senza il pcf, sottraendo cioè ai rivali rpr-udf un loro tema favorito: il Pericolo Rosso. Altro piccolo autogol in casa governativa, la fresca incriminazione di JeanMaxime Leveque. Ormai dietro le sbarre, al'banchiere filogollista si imputano fondi neri e dubbie operazioni immobiliari. Se a Bordeaux l'establishment trema, comunque Parigi non ride. Jacques Chirac si è concesso ieri la quinta esternazione - un record - presiedendo un Consiglio dei ministri agonico. Bonjour tristesse. Juppé va via, e l'Eliseo fa sapere che la Francia non può «cambiare governo a ogni elezione». Perché indirle allora, Presidente? Ma torniamo sulle rive della Garonna, ove imperversa la battaglia. «Almeno ora non diranno più che il sindaco trascura Bordeaux per la capitale», dichiara il primo ministro sul quotidiano «Sud-Ouest». E' indubbio. Ma bisognerà convincere l'aristocrazia vinicola un impiego su 4 nel capoluogo planetario dell'enologia - che ereditare lo Juppé kappaò giova all'immagine cittadina. I Grandi Crus invecchiano bene. Ma il nostro uomo sarà davvero un «usato sicuro»? «Parigi lo spompa e ora vorrebbe rifilarcelo», dice Marianne Bertrand sul Quai Richelieu. Permalosi, gli indigeni? Almeno quanto i britannici che sbarcarono nel '700 per arricchirsi con l'export vinicolo e cui Bordeaux deve uno spleen borghese senza eguali in Francia. Magari Fort Juppé capitolerà per davvero innalzando bandiera bianca dinanzi alla valanga rosa che si profila. Gilles Savary, il suo avversario, si trattiene per scaramanzia dal gongolare. Ma l'ambizione gliela si legge in viso: detronizzare il re è un must francese. «Non vogliamo ex», proclama impietoso. Neppure la fine dell'assenteismo vi farà cambiare idea? «Troppo tardi. E poi lo Juppé amministratore si lascia alle spalle un bilancio controverso. Accentramento di potere, speculazioni, autoritarismo. Bordeaux non fa per lui. Si cerchi un trampolino diverso: gli va stretta». E ci vuol altro che cambiare giacca - tre in 24 ore il giorno fatale del primo turno - per essere a proprio agio. Monsignor Eyt, il vescovo, è più accomodante. «Non si rimane per sempre a Matignon. Lo incontro spesso, Juppé. E ci incoraggiamo a vicenda. Un sindaco nasce per durare. Le bufere politiche di Parigi arrivano stemperate al- l'Oceano». Doveva far piovere miliardi, Alain Juppé. L'ha fatto, ma con moderazione. Restauro urbano sul lungo fiume, costosi lavori sul mitico ponte in pietra, corsie ciclabili, incentivi per le aziende che vogliono installarsi nella banlieue (autolesionismo: Bordeaux vede emigrare i quattrini e la cittadidanza, con una flessione di 50 mila persone in pochi anni), però la sicurezza dell'area metropolitana non migliora. Il bilancio sembrerebbe positivo. Eppure il saldo tra insofferenza e solidarietà appare in bilico. Voltar pagina? Bordeaux la Ricca non brilla per spirito innovatore. Isola bianca fra terre di propensione gauchiste, è usa coltivare la sua orgogliosa differenza. Adotterà in versione decaduta lo Juppé che da star - se escludiamo l'opportunismo sopportava a malapena? Per intenerirla, l'ex inquilino dell'Hotel Matignon dovrebbe fare un «beau geste». Ad esempio rendere pubblico che trasferirà la famigliuola dalla parigina rue Varenne, nel VII Arrondissement, a Bordeaux. Per traslocare, tuttavia, dovrebbe prima dimettersi da leader ipr. Come probabilmente lo obbligheranno a fare i suoi nemici interni. Ma proporglielo ora sfiorerebbe la ferocia. Enrico Benedetto Nuovo appello del presidente Chirac «Non si cambi governo a ogni elezione» m L'ex premier francese Alain Juppé nel suo «feudo» di Bordeaux Sotto, maghrebini nella banlieue e il regista Tavernier