Kohl piange per il Piano Marshall

Kohl piange per il Piano Marshall Il Presidente Usa all'Aia: ora una «fase due» per l'Europa dell'Est, ma solo con investimenti privati Kohl piange per il Piano Marshall Con Clinton alla cerimonia del cinquantenario L'AIA DAL NOSTRO INVIATO Piano Marshall, parte seconda. Cinquant'anni dopo il varo del programma di aiuti che rimise in piedi l'Europa occidentale dopo la guerra, Bill Clinton esorta a «completare l'opera» aiutando i Paesi dell'Europa centrale e orientale che rimasero esclusi dalla manna americana mezzo secolo fa. «La nostra missione è chiara», ha detto il Presidente. «Nessuno deve rimanere fuori». Questa volta non si tratta di fornire aiuti massicci alle nascenti democrazie dell'Est. La nuova ricetta americana è fatta soprattutto di investimenti privati e protezione Nato. Ma l'impegno americano rimane fermo. «Gli Stati Uniti sono con voi. Abbiamo imparato le lezioni del passato. Non ce ne andremo», insiste il Presidente, anche per dissipare l'impressione ricorrente di un'America che prende le distanze dal Vecchio Continente. La cerimonia di ieri al Binnenhof, il Parlamento olandese, per ricordare i cinquant'anni del piano e la memoria del suo ideatore, l'allora segretario di Stato George Marshall, è stata soprattutto una grande celebrazione, con momenti anche commoventi. Come quando Clinton ha fatto venire le lacrime agli occhi di Helmut Kohl, un «figlio» del Piano Marshall diventato il primo cancelliere della Germania riunificata «e che ancora oggi ricorda i camion americani che arrivavano nel cortile della scuola con la zuppa che riscaldava mani e cuori». Densa di emozioni, la cerimonia lo è stata meno sul piano della sostanza. La «seconda parte» del Piano Marshall rimane soprattutto un invito e un auspicio. Soldi niente. Il Presidente americano non ha parlato di alcuna nuova iniziativa economica, alcun pacchetto di incentivi. Dal 1947 al 1952 il Piano Marshall convogliò in Europa beni alimentari e risorse finanziarie per 13 miliardi di dollari, pari a 88 miliardi di dollari (130 mila miliardi di lire) di oggi. Clinton ha ricordato che dalla fine della Guerra fredda i Paesi dell'Europa centrale e orientale hanno già ricevuto aiuti dall'Occidente e dalle organizzazioni multilaterali per 50 miliardi di dollari. Il flusso di investimenti privati è stato di circa 45 miliardi di dollari. Ed è questa componente, ha detto Clinton, che dovrà tirar fuori dalla secche «quelli che furono lasciati indietro mezzo secolo fa». Per sgomberare il campo da ogni equivoco, il portavoce della Casa Bianca Mike McCurry ha precisato che «oggi il Presidente non ha annunciato la creazione di un nuovo Piano Marshall (per l'Europa dell'Est)». Piuttosto - ed è Clinton che parla «dobbiamo lavorare per creare in quei Paesi un clima sempre più favorevole al business, sempre più stabile e sicuro. E dobbiamo investire nelle loro economie, condividere il nostro know-how». Clinton è tornato più volte sulla necessità di «completare» il lavoro iniziato da George Marshall. E ha ricordato che inizialmente il programma di aiuti fu offerto anche all'Unione Sovietica. Ma Stalin rifiutò «e impedì alla metà orientale dell'Europa nella quale vi erano anche alcuni dei nostri più fedeli alleati - di prendere il loro posto al tavolo della ricostruzione». In realtà molti storici sostengono che il Piano Marshall fu offerto a Mosca solo perché Washington era convinta che Stalin avrebbe detto di no, come infatti disse. Nel 1947 la nuova politica americana di «contenimento» nei confronti dell'Urss stava già portando alla creazione della Nato. Un'estensione del Piano Marshall a Est non avrebbe avuto senso. Anzi, avrebbe probabilmente minato la ricostruzione dell'Europa occidentale. Mezzo secolo fa la neonata Alleanza atlantica creò un quadro di sicurezza che rese possibile il successo del Piano Marshall. Oggi come allora, la nuova Nato, che si appresta ad accogliere Repubblica ceca, Ungheria e Polonia, dovrà fornire il clima di stabilità e sicurezza necessario per lo sviluppo economico di quei Paesi. Clinton: «L'Alleanza atlantica ci permetterà di fare per l'Europa dell'Est ciò che facemmo per l'Europa dell'Ovest». Ieri il clima della grande cerimonia internazionale non poteva essere più diverso da quello che circondò l'annuncio in sordina del piano cin¬ quant'anni fa. George Marshall lo illustrò per la prima volta il 5 giugno 1947 in un breve discorso all'università di Harvard, che gli conferiva una laurea honoris causa. I giornali dell'epoca «bucarono» completamente la notizia pensando che fosse il solito discorso di circostanza preparato dal Dipartimento di Stato. L'eccezione tra i media fu la Bbc. Il corrispondente di Washington, Léonard Miall, trasmise interi brani del discorso. Che furono sentiti a Londra dal ministro degli Esteri britannico Ernest Bevin: «Agguantai subito quella corda della salvezza che veniva lanciata a naufraghi che affondavano». «Il Cancelliere ancora ricorda i camion americani che arrivavano nel cortile della scuola con la zuppa che riscaldava le mani e i cuori» Dalla celebrazione con i Paesi beneficiari dei miliardi di dollari per la ricostruzione la promessa che «non abbandoneremo chi rimase tagliato fuori mezzo secolo fa» nale non poteva essere più diverso da quello che circondò l'annuncio in sordina del piano cin¬ il solito discorso di circostanza preparato dal Dipartimento di Stato. corda della salvezza che veniva lanciata a naufraghi che affondavano». Ddlach