«Attenti, ora sono un leader» di Marco Ansaldo
«Attenti, ora sono un leader» «Attenti, ora sono un leader» Moeller: la scuola di Trap mi ha maturato MONACO DAL NOSTRO INVIATO Se non ci fosse Moeller, metà dei guai nei quali la Juve può incappare questa sera sarebbero risolti. Lo avvertiamo guardandolo sul Campetto di Taufkirchen, fuori Monaco. Lo si nota subito. Agile ed elegante come quando giocava a Torino, imprime accelerazioni agli schemi di allenamento non appena la palla gli passa per i piedi: un soffio e scivola via senza fatica, come un'auto sportiva alla partenza da un semaforo. Davanti alla porta non sbaglia mai. Andy Moeller sarebbe da acquistare adesso, che va per i trent'anni, più di quando lo prese la Juve e non ne aveva ancora ventitré. Il tempo ha lunato i difetti: la fragilità di carattere, l'egoismo, la paura che lo faceva girare lontano nelle partite incandescenti. «Il ragazzo che avete conosciuto non c'è più - dice -. Ho più esperienza e più sicurezza, mi sento il leader che non potevo essere alla Juve, ma grazie a lei sono migliorato. Le stagioni con il Trap sono state una scuola straordinaria». Mordere la mano che ti ha nutrito non è mai elegante. Nel calcio tuttavia si usa e questa sera Moeller, che paròn Rocco avrebbe definito nei giorni juventini «un fighetta», vuole provarci: «(Abbiamo vinto con i campioni di Francia, Inghilterra, Spagna. Se siamo arrivati alla finale non è un caso e l'avevo previsto in estate. Anche se per tutta Dortmund quello che sta succedendo è davvero un sogno». Nessuno vi vede favoriti. «Il campionato ci ha reso meno credibili, ma senza gli infortuni saremmo stati all'altezza del Bayern. Il nostro problema è stato inventare le formazioni a scapito dell'intesa: io e Sousa, ad esempio, abbiamo giocato insieme 6 o 7 partite». Anche la Juve, magari, ha qualche problemino. «E chi la conosce più? Dei miei tempi sono rimasti Peruzzi, Conte, Torricelli, Porrini, Di Livio. Pochi. Cambia pelle come uno cambierebbe la camicia. Quando me ne andai, con Dino Baggio, capii che non sarebbe stata più la società familiare che era stata e pensavo dovesse essere. Non mi piace. Preferisco il Borussia, un buon nido, dove ti garantiscono la continuità. Guardi cos'è successo a Roberto Baggio». Si è spenta la stella. E allora? «Baggio nella Juve sarebbe ancora un idolo, nel Milan è scomparso. E io mi arrabbio. Va bene cambiare giocatori ma non capisco le società che non preservano almeno i due o tre leader nei quali si riconoscono i tifosi. Beckenbauer e il Ba¬ yern, Platini e là Juve. Questo è il calcio». Anche Moeller e il Borussia? «Sì, sono diventato un leader. Mi han comprato per questo». Una volta il peso di certe partite la mettevano in crisi. Cosa prova ad essere l'uomo decisivo del Borussia? «La responsabilità è grave. Però mi stimola, so che noi abbiamo pochi giocatori che possono decidere un incontro: io, Sammer, Sousa, Chapuisat. Gli altri lavorano e corrono». E nella Juve chi è decisivo? «Mi piacciono Zidane, Del Piero. Boksic. Tuttavia la Juve non ha grandi personalità, sono tutti uguali. E' il livello medio che si è alzato paurosamente: per gli avversari è un pericolo in più rispetto all'anno scorso con Vialli e Ravanelli. La squadra è compatta, corre sempre, possono segnare in 10». Cosa farete per vincere? «Non staremo dietro a subire. L'ultima finale, a Roma, fu una grande gara, la Juve giocò benissimo e anche l'Ajax. Noi vogliamo esprimerci a quei livelli e non aspetteremo che passi il 1° tempo per dimostrarlo: come se fossimo a Dortmund. Se davvero la Juve ci considera poco, sbaglia». Marco Ansaldo TENNIS
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