Tessore: non ho più estro creativo
Tessore: non ho più estro creativo Tessore: non ho più estro creativo «Invece c'è ancora bisogno d'entusiasmo» TORINO. Elda Tessore lascia il Regio perché «non ho più stimoli, perché sento di non poter dare di più per il bene del teatro che amo profondamente, perché sono meno buona, un po' meno "Lady di ferro", perché quando si sta tanti anni in un posto si deve avere il coraggio di lasciare per il bene di tutti, perché i miei sette anni al Regio sono stati massacranti, logoranti, perché non si può lavorare 10-12 ore al giorno. E' una decisione che ho maturato all'inizio dell'anno. In Italia c'è una cattiva abitudine: nessuno lascia la propria poltrona o la si lascia soltanto se si è cacciati. Io me ne vado non perché in giunta oggi c'è Rifondazione comunista. Lascio il Regio, ma non Torino che adoro». Elda Tessore parla con fervore, con emozione, sottolinea che ancora nella lirica italiana c'è molto da fare, che la trasformazione degli enti lirici in fondazioni non è assolutamente facile, che i finanziamenti sono ancora legati a scorretti criteri, che è ancora reale il pericolo di ritrovarsi messi in serie A o in serie B, ma dice anche «che i teatri non fanno nulla per creare un vivaio di nuovi sovrintendenti. Gli enti lirici hanno i problemi di sempre». Ed aggiunge: «Io ho sempre lasciato le cariche, che per loro natura devono essere a scadenza e non a vita». La ((Lady un po' meno di ferro» nonostante la commozione e le emozioni diffuse nell'uditorio, non convince tutti: Massimo Scaglione, che per due legislature ha difeso il Teatro Regio da abberranti iniquità, le dice con affetto: «Perdonami, ma non ti credo. Ci saranno ben altre motivazioni». Ma Elda Tessore, ancora per poco vice presidente dell'Anels (Associazione enti lirici e sinfonici), ma pur sempre vicepresidente dell'Agis, teme per il futuro della lirica, per i tagli ai finanziamenti pubblici, anche se Walter Veltroni ha cercato di rassicurarla: «Spero di avvalermi del suo contributo per altre responsabilità», ci ha dichiarato ieri pomeriggio. Elda Tessore alza le braccia al cielo: «Il futuro è nelle mani degli dei ed io che sono profondamente laica, credo che il mio dovere oggi sia quello di lasciare il teatro in ottima salute con uno staff dirigenziale di prim'ordine, entusiasta del proprio lavoro. Ma andrà in un altro teatro? «Neppure per sogno» è stata la risposta. E Carlo Majer, il direttore artistico che farà? Seguirà l'esempio della sovrintendente? «No. Anche se in passato ho creduto di dover andare via anch'io, oggi dico che non intendo sgretolare il castello di sogni che Elda Tessore ha saputo creare. Non voglio togliere alcuna carta dal nostro castello. Resterò, sperando di instaurare con il nuovo sovrintendente un rapporto di collaborazione leale, così come è stato con Elda Tessore. Se io oggi andassi via, rovinerei un sogno durato sette anni». Ma i rischi che lei non dia più battaglia a Roma e in tutte le sedi istituzionali non incrina la già traballante impalcatura lirica italiana? «Spero di no - dice Elda Tessore - ma è vero che non si è fatto niente per creare una nuova classe dirigente. Oggi c'è una penuria assoluta di esperti sovrintendenti». Il mandato di Elda Tessore scadeva il 10 maggio 1999; le dimissioni scatteranno ufficialmente dal 2 giugno, ma lei resterà in carica per l'ordinaria amministrazione (espressione che non le va a genio) fino al 17 luglio, giorno dell'ultimo concerto della stagione, ma soprattutto per dare avvio alla fase di trasformazione del teatro in fondazio- t
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