Fra D'Alema e il Cavaliere è il momento della verità
Fra D'Alema e il Cavaliere è il momento della verità Fra D'Alema e il Cavaliere è il momento della verità L'atteso faccia a faccia per incontrarsi o dirsi addio? Una cosa è certa: entrambi hanno interesse a trovare un punto di intesa Tornato nella capitale, il presidente di Forza Italia è di nuovo alle prese con le diverse anime del Polo E ha dovuto placare Fini Francesco Grignetti Prodi, Veltroni e compagni - va inserito nel quadro del progetto della grande riforma istituzionale». Quale sarà mai la correlazione tra i due argomenti? D'Alema è convinto che il braccio di ferro con Rifondazione si può vincere solo su uno scacchiere più ampio: se i due poli raggiungeranno un accordo sulle riforme istituzionali da fare, in autunno, quando scoccherà l'ora della verità nei rapporti con Rifondazione con il voto sulla legge finanziaria, l'attuale governo potrebbe assumersi anche il ruolo di garante dell'i¬ ter parlamentare del processo riformatore. In questo quadro un governo di minoranza - cioè senza l'appoggio di Bertinotti avrebbe maggiori chance di sopravvivenza. Anche Berlusconi, per motivi diversi, ha bisogno di D'Alema. Il Cavaliere si trova in una condizione particolare. Pure lui ha i suoi guai. Ieri, nel giorno del gran ritorno, Berlusconi si è ritrovato ad avere a che fare con le diverse anime del Polo. Da una parte l'anima cattolica, quella dei Casini, dei Mastella, dei Buttiglione, aborre qualsiasi idea di legge elettorale a dop- poio turno e non è per nulla convinta del modello semi-presidenziale. Se fosse per lei, avrebbe già detto «sì» al premierato di D'Alema. Dall'altra parte Gianfranco Fini vuole, invece, tener duro: o per avere una vittoria sul semipresidenzialismo; o, ma non è detto che non sia il primo obiettivo, per far fallire la Bicamerale. «La proposta di D'Alema - è tornato a ripetere ieri il presidente di An - è una trappola. Voi avete voluto la Bicamerale e adesso ve la pappate. Non possiamo cambiare idea sull'ipotesi dell'elezione diret¬ ta del premier o del presidente. Non possiamo permetterci di lasciare una bandiera popolare come quella del presidenzialismo in mano a Cossiga, a Di Pietro o ad altri». Ebbene, Berlusconi è diviso tra queste due posizioni. Anche a lui il doppio turno non piace proprio («è un sistema che regalerebbe ad una sinistra che non cambia, che non fa passi avanti, sai quanti anni di governo»), anche lui ha dei dubbi sul semipresidenzialimo («stiamo costruendo un sistema fatto apposta per qualcun altro (ovviamente Di Pietro, ndr)»). Smentita seccamente l'adesione di Bossi al progetto di un militante padovano
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