«Sono solo una minoranza»

Del Vecchio: ma sulle riforme il governo delude «Sono solo una minoranza» ■ :T?*,' ' Tv Del Vecchio: ma sulle riforme il governo delude INTERVISTA IL PRESIDENTE DI LUXOTTICA MILANO. Leonardo Del Vecchio, fondatore e presidente del gruppo Luxottica, è il principale contribuente italiano. Quello che, insomma, paga più tasse. Del Vecchio, voi grandi industriali del Nord-Est, come giudicate fenomeni come il referendum di domenica scorsa della Lega? Lei, che impressione si è fatto, immaginando che non sia andato al gazebo a votare? «Certo. Secondo me questo referendum, così l'ho sentito chiamare in tv, non ha nessun significato. E' una cosa che ha avuto significato, ma esclusivamente politico, per chi fa parte di quel partito. Ogni partito è libero di scegliere, diciamo così, il modo migliore per realizzare i propri obiettivi. La mia analisi sul referendum non va oltre» Ma sono fenomeni preoccupanti? «Non ritengo, almeno al momento. Sono una minoranza, una ristretta minoranza, di peisone che ritengono di dover portare avanti le loro idee in quel modo. Non carichiamo di significati che non hanno episodi come questo». Ma Bossi dice di aver ricevuto cinque milioni di schede, non sono poche, no? «Mah...». In ogni caso, dottor Del Vecchio, resta un problema: come si disinnescano fenomeni come questo? Come si può evitare che diventino più gravi? «Senta, io credo che l'Italia ormai sia diventata un Paese adulto e responsabile. Molti di noi hanno visto una guerra, siamo sufficientemente grandi per non lasciarci influenzare da cose come queste». Lei pensa che la Bicamerale possa essere la risposta giusta ai mali del Paese? Lei crede nel federalismo? E la Bicamerale riuscirà a realizzarlo? «Mah... non so. Siamo a metà strada. Siamo ancora fermi alle promesse e alle parole. E' tutto sulla carta, io vorrei vedere la sostanza, invece». Molti industriali, soprattutto del Nord-Est, dicono di essere pronti a trasferire le loro imprese all'estero, in Catalogna o in Baviera. La Life ha creato un movimento di resistenza fiscale, la pressione fiscale è un problema, la qualità dei servizi anche. Lei giustifica queste reazioni? «Senta, io credo che questo sia un modo per esprimere rabbia e indignazione. I piccoli e medi industriali del Nord-Est sono molto insoddisfatti verso un governo che probabilmente, anzi sicuramente, non sta rispondendo alle promesse che aveva fatto quando era stato eletto un anno fa. Ma questo non vuol dire che emigrare all'estero sia la strada migliore, anzi... E poi che qualche piccolo industriale trovi grosse difficoltà nel sostenere un aumento esponenziale del costo del lavoro e individui la possibilità di ridurre questi costi attraverso lo spostamento della propria attività all'estero è anche possibile. Ma al momento attuale non mi pare che questo sia un problema reale». Lei non ha mai pensato, per esempio, di trasferire Luxottica in Austria? «Assolutamente no». Cioè lei non andrebbe mai via dall'Italia e dal Veneto? «No, non andrei via. Anzi, dipende... Se l'Italia, entrando in Europa, diventerà più stabile, il problema non si porrà neppure. Né per me, né per gli industriali piccoli e medi. Se invece tutto ciò non avverrà, e i costi dovessero aumentare più dell'inflazione, portandoci automaticamente fuori dalla competitività ..indispensabile per restare sul mercato, allora è chiaro che anche io dovrei prendere in esame questa soluzione. Diciamo che tutto si de¬ ciderà nel giro dei prossimi duequattro anni. Ma spero di non dover emigrare». E dell'assalto al campanile di San Marco, lei come veneto che opinione ha? «Anche quella è stata un'espressione di rabbia. E' stata più una barn- binata che altro, non un gesto significativo, non una manifestazione legata ai bisogni della gente e dunque espressione di un popolo. Sono solo quattro arrabbiati che si mettono insieme. Non sono preoccupato da queste cose». Ma come mai il Veneto sta vi- vendo una stagione così difficile, e nel Nord-Est avvengono fatti strani e gravi? «In queste regioni c'è più rabbia che altrove. C'è un'industria giovane e brillante, ci sono tante medie e piccole imprese, quindi si sente di più il contatto - quasi fisico - con il governo e lo Stato, attraverso la rete dell'amministrazione finanziaria. La grande industria lo sente ugualmente, ma più indirettamente». Anche lei, dunque, si iscrive a pieno titolo nell'elenco degli imprenditori delusi dal governo Prodi? «Beh, sono molto deluso dal governo. Non al punto da votare per Bossi, ma comunque... Sono deluso dal governo dell'Ulivo perché credo che questo esecutivo sia quello maggiormente rappresentativo degli ultimi vent'anni. Ma le speranze di stabilità e il desiderio di riforme al momento sono andati delusi». Senta, Del Vecchio, lei è anche deluso da Confindustria, vero? «Io penso che la politica e il sindacato abbiamo im potere nel governo del Paese che ha messo in secondo piano la Confindustria. La somma tra i due poteri, sindacale e politico, ha messo da parte la voce di Confindustria, anche se, mio malgrado, devo riconoscere che è preponderante la forza del sindacato. E spero che questo non rallenti lo sviluppo dell'industria italiana».

Persone citate: Del Vecchio, Leonardo Del Vecchio

Luoghi citati: Austria, Baviera, Catalogna, Europa, Italia, Milano, Veneto