«Questo è un processo a un mostro confesso»

«Questo è un processo a un mostro confesso» Nuova udienza a Firenze, Vanni chiede al giudice: «Sto male, per piacere mi faccia tornare a casa» «Questo è un processo a un mostro confesso» //pm: proverò che Lotti dice il vero, ma forse ci sono altri killer FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO «Se mi fa la gentilezza...», balbetta Vanni il postino. E si alza in piedi, ma rimane tutto curvo appoggiato al tavolo, con gli occhi stralunati e i capelli bianchi e ritti, e si vede che è a disagio, che gli costa anche usare quell'espressione leziosa. «Io non so nulla di certe cose e sono malato: ho du' ùcciole, le ulcere, e l'ernia e la mi' moglie ha.. ha... l'epilessia. Sono in queste condizioni da un anno e tre mesi e se lei mi fa la gentilezza di rimandarmi a casa...». La legge non fa gentilezze, la legge è legge e così il presidente della corte d'assise Federico Lombardi risponde no, niente scarcerazione e nemmeno arresti domiciliari. Poi, nell'ordinanza spiega che «vi è pe- ricolo, ancora attuale, di inquinamento probatorio in relazione all'esame dei soggetti che sono stati indicati dall'accusa quali testimoni per il dibattimento. Vi è poi pericolo concreto di reiterazione di fatti criminosi commessi con violenza alla persona, e dunque della stessa specie di quelli per cui si procede. E' ovvio che tali reati potrebbero essere realizzati anche a scopo di intimidazione, e non necessariamente con le particolari modalità dei fatti di omicidio del 1981-1985». Insomma, «Torsolo» rivedrà casa se il processo dimostrerà la sua innocenza. Ma le premesse sono pessime. E' accusato di essere uno dei mostri di Firenze: Pietro Pacciani sparava e lui tagliava, almeno in cinque occasioni. Il terzo, Giancarlo Lotti, «Katanga», faceva il palo e il quarto, Giovanni Faggi, perteciò in qualche modo allo spettacolo. Questo quadro lo ha dipinto «Katanga», che si sarebbe pentito. E lo ha dipinto da solo, dopo aver frugato dentro se stesso. Un racconto che è davvero un delirio, come sostiene la difesa? Neppure per sogno, ribatte Canessa perché, sostiene, quella lunga confessione che ha portato alla sbarra i «compagni di merende» è sorretta da «riscontri oggettivi e riscontri testimoniali». Eppoi, questo processo è la logica conseguenza dell'altro, quello al Pietro, perché «già allora apparve chiaro che non eravamo più di fronte a un mostro, un superuomo, una persona eccezionale, malata o meno, ma che la realtà che sta dietro a questi delitti è molto più modesta. Una vicenda nata in campagna». Va avanti due ore e dice, per esempio, che Lotti non è un «pentito», che è uno che ha «dimostrato coerenza», eppoi non è uno che parla per parlare ma ciò che «è venuto pian piano dicendo, con rimorso, è quello che ha visto». Tutto questo è certo di provarlo, anche se si dichiara meno sicuro che la partita sia chiusa: «Questa è un'indagine a metabolismo lento, la verità si raggiunge a tappe. Ora siamo vicini a ima vera giustizia su questi fatti, ma... ». Sì, c'è un «ma»: «Non so se le persone che componevano questo sodalizio criminale siano ad oggi tutte note». Uno cerca d'immaginare quelle notti popolate da un esercito di «mostri» scatenati, ma il pm chiarisce subito che «questo è innanzitutto il processo a Giancarlo Lotti: per la prima volta c'è un "mostro" confesso per questi fatti». I quali fatti rimangono terribili e futili e chissà, fa capire Canessa, se quelli ammazzavano e straziavano soltanto perché erano perversi. «Lotti fin dal primo momento, quando gli è stato chiesto il perché, ha risposto: "Perché piaceva a coloro che li facevano, perché piaceva stare a vedere per coloro che guardavano". Io non lo so, se c'è un altro movente, ma non mi meraviglierei per niente se questo dibattimento, come già quello precedente, fornisse elementi in proposito». Ieri assente, Lotti ha lo stesso calamitato l'interesse e quando si è levato a implorare che lo rimandassero a casa Vanni, il postino, ha detto: «Pucci e Lotti sono due bugiardi. Lotti faceva all'amore con la mi' nipote e gli ho pagato per quattro mesi le cene e lui mi ha ricompensato così. Lui veniva a imbiancare a casa mia, gli davo la giornata, da mangiare e bere e 50 mila lire. Non so come mai l'hanno presa con me. Io sono innocente». Se ne riparla il 3 giugno, martedì. Vincenzo Tessandori Vanni, il postino, è accusato di essere uno degli autori dei delitti. Ieri ha chiesto al giudice di rimandarlo a casa perché è malato

Persone citate: Canessa, Federico Lombardi, Giancarlo Lotti, Giovanni Faggi, Pietro Pacciani, Pucci, Vincenzo Tessandori Vanni

Luoghi citati: Firenze