L'ambasciatore a Tirana divide la Farnesina

L'ambasciatore a Tirana divide la Farnesina Contrasti tra i sottosegretari agli Esteri Fassino e Serri. Da Lisbona oscure accuse di Bertinotti L'ambasciatore a Tirana divide la Farnesina Colpevolisti e innocentisti ROMA. Il caso dell'ambasciatore italiano a Tirana, Paolo Foresti, intercettato a sua insaputa mentre parlava al telefono con il braccio destro di Berisha, e accusato di boicottare il governo del premier Bashkim Fino, non divide solo la maggioranza, ma anche la Farnesina. Un dissidio profondo che è esploso con clamore ieri. Un sottosegretario, Rino Serri, Comunisti unitari, è andato a Italia Radio e ha mollato l'ambasciatore al suo destino. Un altro sottosegretario, Piero Fassino, pds, invece l'ha difeso. La situazione evidentemente è molto fluida, tanto che Prodi, intercettato al vertice europeo di Noordwijk, non si espone: «Sull'episodio non ho nulla da dire. Non ho fatto né analisi, né indagini. Con il ministro Dini rifletteremo. E' più importante il fatto che lunedì a Roma verranno Fino e Vranitzky, che si è raggiunto un accordo per le elezioni, e che queste probabilmente si riusciranno a fare prima delle ferie estive. Oggi ho ricevuto aperte e pubbliche felicitazioni da parte di Chirac per come stiamo gestendo la crisi albanese». La miccia del dissidio l'ha accesa Achille Occhetto, presidente della Commissione esteri. Contro l'ambasciatore, ha aggiunto ieri la sua voce a quei settori più di sinistra della maggioranza - Rifondazione, verdi, Comunisti unitari, alcuni esponenti del pds - e antipatizzanti di Berisha. Dice Occhetto: «L'episodio delle intercettazioni telefoniche all'ambasciatore Foresti, e delle successive smentite e dichiarazioni, conferma alcuni giudizi politici che ho avuto occasione di esprimere sulla crisi albanese. Bisogna promuovere e concordare le dimissioni di Berisha. Credo che, al di là della veridicità e della natura delle rivelazioni, l'ambasciatore e la Farnesina debbano trovare il modo di risolvere una situazione divenuta obiettivamente poco sostenibile». Subito arrivava la soddisfazione di Rifondazione comunista, per vo ce di Ramon Mantovani. Da Lisbona Bertinotti rincarava la dose «Non si capisce perché Dini non chieda scusa e non rimuova l'ambasciatore.... Di fatto lui è già stato sostituito ma non è stato awicen dato». E insinuava, misteriosa mente: «In Albania accadono molte cose strane, ad esempio non esiste un pubblico catasto. E quando si saprà di chi sono i.beni immobili che poi sono andati a sostenere le piramidi finanziarie che sono poi fallite, allora ne vedremo delle belle». E su questa falsariga si inseriva anche la dichiarazione del sottosegretario Serri: «Di fronte a fatti come sono stati publicati e trasmessi dalla televisione, bisogna prima accertare esattamente come stanno le cose. E' necessario il massimo di trasparenza e di unità di tutti coloro che operano, in particolare di chi rappresenta l'Italia. Se risultassero vere, e non sono ovviamente in grado di dare questo giudizio, quelle affermazioni sono sbagliate, inaccettabili e non corrispondono alla linea politica che il Paese ha seguito». Sembrava proprio, a questo punto, che la tempesta si avvicinasse sul capo di Foresti. Tanto più che nelle stesse ore il governo greco, irritato da quanto emergeva dalle intercettazioni d'Albania, chiamava a rapporto il nostro ambasciatore a Atene. Ma davvero il governo, che fino all'altro giorno aveva difeso Foresti, e anzi gli aveva fatto pervenire molti riconoscimenti pubblici, cambiava linea? Insorgeva Pier Ferdinando Casini: «Ciò che deve preoccupare non è tanto la manovra in atto per delegittimare la persona del nostro ambasciatore, quanto il nostro ruolo nella delicata missione di pace. E' preoccupante che autorevoli esponenti politici italiani si dimostrino così provinciali da prendere sul serio la trascrizione di una presunta conversazione telefonica». Ma ecco che a sera arrivano le parole di Piero Fassino, sottosegretario agli Esteri, pidiessino, di conforto a Foresti. Dice: «Va messo nel conto il rischio di una manipolazione». Fassino, che ha la delega del ministro Dini a seguire la situazione dei Balcani e dell'Est europeo, e che sull'Albania era incorso in un memorabile incidente di percorso per colpa di un microfono rimasto aperto, e in senso antiberishiano, difende l'operato dell'ambasciatore. «Quello che conta sono gli atti concreti. La nostra linea è sempre stata quella di perseguire un accordo per le elezioni con una posizione di imparzialità. Contano i fatti. E i fatti sono che noi fin dai mesi scorsi, e a maggior ragione dopo, abbiamo lavorato sempre per il medesimo obiettivo: l'avvicinamento delle posizioni tra maggioranza e opposizione. Lo abbiamo fatto in tut¬ te le sedi. Foresti lo ha fatto lì...». E altre attestazioni arrivano dall'ambasciatrice Usa a Tirana, Marisa Lino, che dice: «Non vi è alcun conflitto con l'Italia. Gli Stati Uniti lavorano in totale sintonia con l'Italia e con gli altri Paesi europei. La prova è il fatto che esiste un coordinatore europeo sopra a tutti, l'ex cancelliere austriaco Vranitzky. Recentemente ho operato in stretto contatto con l'ambasciatore Foresti per superare il blocco sulla legge elettorale». Il capo della missione diplomatica americana in Albania smentisce conflitti con Roma «Opero in stretto contatto con Foresti» ocentisti Il capo della missione diplomatica americana in Albania smentisce conflitti con Roma «Opero in stretto contatto con Foresti» li caso dell'ambascPaolo Foresti contnella maggioranza dello stesso minist li caso dell'ambasciatore italiano in Albania Paolo Foresti continua a provocare polemiche nella maggioranza di governo e all'interno dello stesso ministero degli Esteri