Scienziati italiani sull'Everest

Scienziati italiani sull'Everest Scienziati italiani sull'Everest VENERDÌ' 16 maggio, ore 11,30. Sul video del laboratorio dello Cselt, estrema periferia Nord di Torino, le immagini sono precise e i colori vivi, anche la voce arriva nitida e forte. Michele Comi, Simone Moro e Silvia Pagliani riferiscono senza enfasi del loro lavoro; tutto appare facile, normale, una banale teleconferenza. Ma qualcosa di speciale c'è: i nostri tre interlocutori si trovano al centro dell'Asia, a 5050 metri, sui contrafforti dell'Himalaya, e, tanto per gradire, fuori infuria da giorni una violenta bufera, che ha causato otto morti tra le numerose spedizioni alpinistiche impegnate sul «Tetto del mondo». Comi, Moro e Pagliani sono tre ricercatori che da tempo lavorano nel laboratorio-osservatorio «Piramide» costruito sulle pendici himalayane nel 1990 nell'ambito del progetto Ev-K2-Cnr ideato e diretto inizialmente da Ardito Desio, al quale è succeduto ora Paolo Cerretelli. E' il laboratorio scientifico più alto del mondo; costruito in territorio nepalese, è appunto una piramide di alluminio e vetro, autosufficiente dal punto di vista energetico e dotata di tutte le normali attrezzature di un laboratorio di ricerca. Fin dalla sua apertura il laboratorio è diventato punto di riferimento per università, istituti scientifici e ricercatori di tutto il mondo, in particolare di quelli nepalesi, pachistani e cinesi, orientandosi specificamente allo studio degli effetti dell'alta quota sull'organismo umano, alla geologia della tormentata regione himalayana, al controllo delle variazioni climatiche attraverso lo studio dei ghiacciai, alle ricerche tecnologiche in un ambiente caratterizzato da ridotta pressione atmosferica, forti escursioni termiche e durissime condizioni meteo. Il collegamento in video e voce in tempo reale in condizioni così estreme è frutto di un progetto studiato dallo Cselt, l'avanzato centri studi sulle telecomunicazioni di Torino, e realizzato insieme con Telecom Italia. Suoni e immagini riprese all'interno della «Piramide» sono codificate in forma digitale e inviate a uno dei satelliti della costellazione Inmarsat collocato a 36 mila chilometri di altezza al di sopra dell'Oceano Indiano, rilanciati verso una delle numerose stazioni di terra (nel nostro caso quella norvegese di Eik), e da qui instradati sulla rete Isdn europea, la stessa che viene utilizzata per le normali videoconferenze, fino all'utente finale. Il sistema è già stato usato, e via via affinato, per collegare la spedizione «Overland» tra novembre '95 e aprile '96 di quattro camion Iveco che da Roma hanno raggiunto New York via terra passando per la Siberia, e per la barca «Telecom Italia» del velista Giovanni Soldini tra giugno e agosto dello scorso anno durante le regate oceaniche «Europe 1 Star» e «Quebec-St Malo». Il collegamento di oggi avviene in un momento cruciale del progetto Ev-K2-Cnr: Comi, Moro e Pagliani sono soli nella «Piramide» perché gli altri (ricercatori dell'Istituto di tecnologie biomediche avanzate del Cnr di Milano, alpinisti del gruppo Ragni della Grignetta di Lecco, Scoiattoli di Cortina, guide alpine valdostane, venete, lombarde, svizzere e francesi) in¬ sieme agli sherpa nepalesi, sono sulla montagna, impegnati nel progetto East (Extreme altitude survival test); progetto che prevede la permaneza per due notti di 10 alpinisti al Colle Sud, 8000 metri di quota tra l'Everest (8846 metri) e il Lhotse (8501). Sotto la guida del leader della spedizione. Agostino Da Potenza, sono già stati allestiti due campi base intermedi ma da alcuni giorni il vento violentissimo impedisce di collocare la tenda che dovrà ospitare le cavie umane a quota 8000. Come vanno le cose lassù? Dalla «Piramide» Comi chiama Da Polenza con il walkie-talkie; il capo della spedizione è appena tornato al campo base dal campo 2 a quota 6400 metri. «Stiamo relativamente bene - riferisce -; vedo fuori dalla tenda una forte tormenta. Se il vento non molla avremo delle difficoltà». Si avverte la sua voce rotta, il respiro frequente. La scarsità di ossigeno già al campo base si fa sentire ma le difficoltà aumenteranno rapidamente alle quote superiori, spiega dalla «Piramide» la dottoressa Pagliani, fisiologa dell'Università di Brescia; tutte le A fianco il geologo Ardito Desio, che ha compiuto 100 anni Sotto, panorama del campo base dell'Everest con la Piramide del Cnr e alcuni yak usati per i trasporti di materiale cellule del corpo, comprese quelle del cervello, della retina, quelle uditive e olfattive, sono sottoposte a un forte stress. Con il progetto East si vogliono valutare gli effetti dell'ipossia estrema. «E' auspicabile - ha scritto Claudio Marconi, dell'Istituto di tecnologie biomediche avanzate del Cnr di Milano - che da questi studi possano derivare benefici per tutti quei pazienti con insufficienza cardiaca o respiratoria i cui tessuti periferici, e in particolare i muscoli, si trovano in una condizione similare di ipossia cronica, pur vivendo a livello del mare». Il collegamento sta per finire; c'è ancora il tempo per una fantastica visione dei settemila coperti di ghiacciai eterni che circondano la Piramide e per vedere un enorme seracco che si stacca e precipita in una nuvola bianca fino ad avvolgere con il suo pulviscolo ghiacciato lo stesso laboratorio. Sul tema «piramide», da segnalare un recentissimo lavoro di Andrea Vatta, giovane divulgatore scientifico di Trieste, che ha firmato «Il tricolore sul tetto del mondo», una puntuale ricerca sulla stazione scientifica, tra cronaca e storia, dal progetto all'inaugurazione avvenuta nel 1990, alla serie di complessi esperimenti tuttora in corso. Il volume verrà presentato il 21 maggio all'Università di Trieste in occasione di un convegno su «Himalaya e Karakorum», festeggiando anche i cent'anni di Ardito Desio, ideatore del progetto. Interverrà il professor Shams dell'Università del Punjab in Pakistan. Informazioni: 040-37.16.78. Vittorio Ravizza