DIECI ANNI DI SALONE UNA SCOMMESSA VINTA

DIECIANNI DI SALONE UNA SCOMMESSA VINTA DIECIANNI DI SALONE UNA SCOMMESSA VINTA Incominciò nelV88 con la carica dei centomila Da Tonno-Esposizioni al Lingotto, la storia (li una crescila inarrestabile: cifre, autori e convegni di una kermesse tra cultura e (lirismo che oggi richiama l'-hS editori 250.000 persone INTUIZIONE DIVENTATA VERITÀ' TRAP1ZZETTE E TV ECCO che già arriva con un fantastico balzo temporale il Decennale dell'Evento, due parole che fendono il cuore del torinese doc o di importazione, cui della città erano cari il silenzio di gozzaniana retrovia, l'aria disincantata, pacata, di chi non ci tiene a dimostrare niente. La Einaudi e la Fiat bastavano ampiamente per passeggiare in economica contentezza lungo i Murazzi o i deserti viali dedicati ai Savoia. Pura leggenda, pura finzione, poiché in verità Torino fu sempre motore di storici Eventi, congrega di personaggi dediti al più esagitato attivismo, come provano le tante lapidi, targhe, statue sparse per la città. Una finirà per meritarla Guido Accornero, estroso creatore del Salone del Libro e meritevole di una di quelle biografie hollywodiane in cui trascorrono gli inevitabili luoghi comuni: idea, contatti, scetticismo altrui, tenace e trafelata opera di convincimento, apertura tra maligne difficoltà, e poi successo, invidie, strenua difesa dalle mire dei rivali, crescita, accorrere di sponsor, trionfo definitivo. Tonno può dunque oggi esibire questo fiore in più, un'intuizione intelligente che dopo 10 anni è diventata, come sempre, una verità ovvia. Solo una minoranza si trova a suo agio nelle librerie, gli altri, i più, ne sono vagamente intimiditi. E allora il libro sia messo lì alla portata di chiunque, da toccare e sfogliare senza timori, in un rassicurante clamore di folla, microfoni, dibattiti, celebrità, pizzette, omaggi, telecamere, lattine vuote. Si può considerare acquisito alla lettura questo pubblico errante e chiassoso? Forse sì, forse era l'unica, ovvia strada da tentare. Ma bisognava pensarci. E a Torino, dove altro? Carlo Frutterò Franco Lucentini zio; e con tanto più spazio per tutti. Oggi la superficie espositiva è di 46.484 metri quadrati, tre volte quella del primo anno. Nella civiltà dello spettacolo, lo spettacolo aumenta, si vive in gigantografia. Gli autori. Li abbiamo visti proprio tutti. Italiani, stranieri, consacrati, esordienti, da storia letteraria, da talkshow. Nei primi anni i protagonisti erano Natalia Ginzburg, Lalla Romano, Soldati. Ricordiamo Sciascia, nel 1988, che si aggirava accanto allo stand Adelphi, sorpreso di sentirsi chiedere l'autografo, quasi fosse un-giocatore di foot-ball. Per i cacciatori di autografi letterari il Salone è un Eldorado. E anche per i frequentatori di dibattiti. Dove si erano nascosti, prima? Escono a schiere compatte dai loro cunicoli, riempiono tutti gli spazi. Per gli incontri con Bobbio, con Eco, con Zeri, anche le sale più grandi non bastavano mai. E se i nostri scrittori cominciassero a capire che non IMMORTALITÀ', al Salone del Libro, è un tempo più lungo che altrove; può arrivare perfino ai dieci anni. Chi è nato alle sue origini adesso sa leggere e scrivere; chi compitava allora, adesso già pubblica, li vedremo tutti qui, con la firma in copertina. Diciamocelo francamente, nessuno ci avrebbe scommesso su, all'inizio. Ci credeva forse Angelo Pezzana, che aveva lanciato l'idea. Ci doveva credere, facendo coraggio a se stesso, Guido Accornero, che l'aveva raccolta e messa a segno. Nessun altro. Il progetto era stato guardato con diffidenza da una parte del mondo editoriale, visto con distacco dall'opinione pubblica, atteso con cautela dalla stampa. Ma come, a Torino? quando la capitale degli editori è a Milano. Ma come, far pagare un biglietto per vedere i libri? quando la gente non entra in libreria nemmeno gratis. Una ipotesi folle, non funzionerà. Per la serata inaugurale al Regio, quel 18 maggio 1988, eravamo andati per contarci, noi della riserva indiana; e pensavamo che ci saremmo contati in pochi. Invece la riserva indiana doveva avere delle sacche nascoste. Quando venne al microfono Josif Brodskij - il premio Nobel, contro i profeti di sventura, era proprio arrivato - stavano lì, in duemila, ad ascoltare un poeta russo che parlava in inglese della fede nella parola scritta. Poi si aprirono le porte di Torino Esposizioni, consuetamente sacre all'automobile, e sotto il logo disegnato dal genio di Armando Testa sfilarono in centomila: con grande sorpresa perfino dei promotori, che alla vigilia sarebbero stati felici di raggiungerne la metà. Perché il Salone del Libro abbia tanto richiamo ce lo devono spiegare ancora, nonostante le analisi del Censis, le tavole rotonde degli esperti e le ricerche motivazionali di chi sa. Ma la folla che invade gli stand, compera a prezzo pieno quello che il libraio fatica a vendere con lo sconto, si è vista subito. Scandalo nello scandalo, cerca perfino i bei libri. Il best seller di quel primo anno non fu il solito cabarettista televisivo o la coscialunga che firma l'autobiografia scritta dal ghost writer; ma un serio studioso di linguistica, Gianluigi Beccaria, con Italiano. Alcuni piccoli editori dovettero chiudere con un giorno di anticipo perché avevano esaurito le scorte. Cifre imprevedibili, per tutti. Le cifre. Non dovrebbero essere un criterio di valutazione, nel libro. Ma se si vuole parlare di pubblico, possono diventare importanti. I centomila del 1988 erano già diventati centoventi l'anno dopo. Un imprevisto calo nel 1990 (91 mila presenze), un primo recupero nel '91 (106 mila) e poi sempre in ascesa, di anno in anno: dai 120 mila del '92 ai 232 mila dell'ultima edizione. Proviamo a metterli tutti in fila. In Italia le città che superano i 232 mila abitanti sono tredici. Torino, per raggiungere quella cifra, dovrebbe dare un quarto dei suoi abitanti; Messina tutti; le altre città, a cominciare da Trieste, anche se si svuotassero, non ci arriverebbero mai. In proporzioni più alte sono aumentati gli editori: i 280 del primo anno erano già raddoppiati al secondo (530), per crescere progressivamente, fino ai 1250 del 1996 e ai 1368 attesi quest'anno. Gli stand, che nell'edizione inaugurale occupavano 17.500 metri quadrati, l'anno successivo ne invadevano 26.500, lo spazio centrale di Torino Esposizioni si rivelò insufficiente; costringendo a qualche sacrificio (e non illegittime proteste) gli editori collocati in seconda fila. Dal 1994 il Salone è dovuto emigrare al Lingotto, nel grande tempio dove fino a qualche anno fa le auto non solo si mostravano, ma si producevano. La fabbrica pensata per altri fini ha cercato di adattarsi alla nuova vocazione culturale. Più periferica, con qualche disagio per gli espositori all'ini- monsignor Ravasi, da quella di sinistra vedi Alba Panetti, o magari Gillo Dorfles, se va bene tutti e due insieme. E' un esercizio eccitante, un po' tormentoso; forse perfino utile. i temi. Dal terzo anno, per mettere ordine nella foresta, il Salone ha cercato di darsi un tema. Questa storia del tema è sempre una camicia stretta per una manifestazione che esplode da tutte le parti, per sua natura non sopporta vincoli. Ma almeno un filo d'Arianna, per orientarsi, lo si può offrire. Ci hanno provato Mario Baudino e Paolo Belletto, nel 1990, proponendo «Raccontare il mito». Ci hanno riprovato Alessandro Baricco nel '91 con «Umorismo e narrazione» e Sapo Matteucci nel '92 con «Genio e regolatezza». Finché è arrivato, nel 1993, Beniamino Placido, ormai da cinque anni arbiter idearum del Salone. I suoi temi sono leggeri, o fingono di esserlo, rivolano qua e là senza darsi troppa importanza per gli stand e le sale convegni, provocano in tono di gioco. E' un gioco anche la domanda sulla immortalità? Forse. Il problema è ben posto GLI «IMMORTALI» DELLA NOSTRA CLASSIFICA Come il Salone, anche la nostra classifica realizzata dalla Adhoc -Gpf & Associati ha compiuto dieci anni. Come i! Salone anche la nostra classifica ha i suoi «immortali», i titoli più longevi, quelli che più a lungo sono comparsi nelle tabelle dei più venduti, le letture di «lunga durata» nelle scelte dei lettori italiani. Ecco qui in tabella i primi IO longsellers degli A nni Novanta; il numero a fianco indica per quante settimane consecutive ognuno dei titoli ha resistito in classifica. ' iint;Ex^.é?. ■te\às: fi* iinfi* A- hi A- i dieci più longevi ^.é?. ^harta - -^.«trovato"'™