Dalai &Spagnol: abbasso i convegni di Mario Baudino

Dalai & Spagnol: abbasso i convegni Dalai & Spagnol: abbasso i convegni E Placido replica: «Non servono, per questo li facciamo» MTORINO A lei, dove lo vorrebbe?» «A Novara...» H Salone del libro-decima edizione si è inaugurato anche con questo dialogo un po' surreale tra Guido Accornero, l'organizzatore, e Alessandro Dalai, l'editore di Baldini & Castoldi che ha pubblicato autori come la Tamaro o Brizzi. Un'inaugurazione parallela, nata come per caso e subito dispersa nella folla, celebrata privatamente dai due mentre Walter Veltroni procedeva a quella ufficiale. Dalai, in una dichiarazione all'Unità, aveva maliziosamente osservato che secondo lui bisognava rafforzare la parte manageriale «affiancando, magari, qualcuno ad Accornero», e il «patron» della grande fiera deve aver interpretato la frase come un episodio nella lunga querelle sulla «localizzazione» geografica della manifestazione. Ma quel vecchio problema ne ha fatto nascere uno nuovo, sotto le bandiere dell'ufficialità che sventolano nella conferenza stampa d'apertura. Quale dev'essere il futuro del Salone? Il vicepresidente del Consiglio fa un discorso «buonista», basato su un sillogismo: se crescerà la domanda culturale che viene dal Paese, crescerà anche la voglia di leggere. E dato che a distanza di un anno «torno al Salone - dice - convinto che il Paese sta conoscendo un risveglio della domanda culturale», la conclusione è ovvia: c'è un po' più di fiducia nel nostro futuro. Come annuncia il titolo di quest'anno, insomma, forse davvero sare(m)mo immortali. Alessandro Dalai non ne è molto convinto: e soprattutto punta il di¬ to contro quella che ritiene una contraddizione fra l'apparato dei convegni, destinato a un pubblico d'elite, e le duecentomila persone che visitano il Salone. Il messaggio culturale a un uditorio «alto» va benissimo, «ma per incoraggiare davvero la lettura ci vogliono stimoli, eventi, destinati a quei 200 mila, al pubblico che acquista i libri "normali"». Per Dalai il Salone ha «un taglio molto intellettuale che forse non è decisivo nella promozione del libro». Ovvero, nella sua funzione più propria. E su questa trincea non resta so¬ lo: Mario Spagnol, a capo del Gruppo Longanesi, parte da presupposti diversi, per avvicinarsi alle stesse conclusioni. «Non credo ai convegni. Ma non credo neanche ai 200 mila visitatori. Per me il Salone deve servire a mettere in rapporto editori e "venditori", insomma librai, grossisti, addetti ai lavori. E per questo la due giorni di incontri editori-librai, che ho suggerito io, mi sembra un buon inizio». Il modello a cui pensa Spagnol è quello americano, tutto «commerciale», quello di Dalai è in parte americano e in parte italiano, col pubblico dei visitatori. Ma entrambi, in fondo, non credono all'immortalità. Anzi, come dice Spagnol parafrasando Achille Campanile, «l'immortalità va bene solo con gli asparagi». E l'imputato? Beniamino Placido, responsabile culturale, non si scompone. «E' vero, i convegni non servono a nulla; per questo li facciamo (come la letteratura, del resto: che non serve a niente, e per questo talvolta la leggiamo)». Mario Baudino Alessandro Dalai: «Il Salone ha un taglio molto intellettuale che forse non è decisivo nella promozione del libro» Mario Spagnol: «Non credo ai convegni: il Salone deve mettere in rapporto editori, con i librai, grossisti, addetti ai lavori»

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