« Ma non siamo alla bancarotta » di Bruno Gianotti

« Ma non siamo alla bancarotta » « Ma non siamo alla bancarotta » Claudiani (Cisl): lo avevamo previsto ROMA. Dieci giorni fa l'accordo: dopo mesi di trattative e una «non stop» di 30 ore, sindacati e Ferrovie siglano una bozza di contratto innovativa, definita la base per lo sviluppo futuro dell'azienda. Ieri la doccia fredda, l'annuncio che dice in sostanza: «Non c'è una lira in cassa, rischiamo di non pagare più nessuno». E il contratto, gli aumenti, gli stipendi dei 125 mila ferrovieri, i piani di sviluppo? Il sindacato non si strappa ancora le vesti: «Adesso tocca davvero al ministro Burlando e al presidente Prodi», ammonisce Claudio Claudiani segretario confederale della Fit-Cisl. E cosa dovranno fare Prodi e Burlando? «Una cosa sola: autorizzare Cimoli a ricorrere ai prestiti. Mi pare che l'uscita punti a questo». Ma l'amministratore delegato delle Ferrovie aspetta a chiedere 1400 miliardi quando la cassa è a secco? «Noi del sindacato l'avevamo detto 3 mesi fa, quando la Finanziaria era stata appena impostata e Cimoli era appena arrivato: quei tagli avrebbero prosciugato la cassa». Qualcuno dice che siamo alla bancarotta... «Macché bancarotta: le Fs sono in credito con lo Stato, che ha comprato servizi e non paga». Tradotto per tutti i 125 mila ferrovieri, cosa vuol dire? «Che lo Stato ha cominciato l'anno scorso a fare economia. Dati oggettivi: prima ha tagliato 6500 miliardi e le Ferrovie hanno differito negli anni prossimi gli investimenti, senza conseguenze, perché non sono mai state in grado di appaltare tutto. Poi (e qui c'è la sostanza), ha tagliato sulla gestione per rientrare nei criteri di Maastricht: operazione di tesoreria, 2400 miliardi in meno ai servizi locali per stare nel rapporto del 3% tra deficit e Pil, autorizzando un pari aumento di capitale. Semplice, no?». Semplice, ma non è un bella prospettiva: alla fine, se non si interviene, o salta lo stipendio, o il saldo ai fornitori... «Immagino che qualche santo provvedere. Ma è drammatico che oggi ci sia uno sbalzo di 3600 miliardi fra le competenze e la cassa: si strangola la gestione della più grande azienda di servizi del Paese, che non può vivere nell'incertezza, non sapere quando e come riceverà i soldi dallo Stato. Prodi ha detto al congresso Cisl che la sua cura da cavallo non ha ucciso il cavallo. Speriamo non tocchi al treno». Eppure, dieci giorni fa, tutti avete scommesso sullo sviluppo delle ferrovie... «Perché ci crediamo. Ora è il governo che deve dare certezze con il Dpef: se il '97 era incertezza, il '98 deve significare programmi sicuri». Questa strada porta ai sacrifici e il sindacato ha paura di 30-40 mila esuberi... «Se vogliono tagliare, non c'è bisogno di grande professionalità: basta eliminare un po' eh' linee e un po' di personale. Poi arriveranno altre emergenze di traffico sulle strade...... Se vogliono andare in Europa, Prodi e Burlando dovranno pur tagliare qualcosa. E Cimoli dovrà recuperare da altre parti. Dove, se i binari non si toccano? «Nessuna impresa ferroviaria può vivere di binari, di core business. Deve esserci qualcos'altro che produce reddito. Oggi è il momento della logistica: bisogna fare altri binari e diventare imprenditori, puntare sulle merci, sull'industria e sui porti». Come dice il ministro Burlando... «Burlando promette, persino dalla Cina. Ora si fermi un po' a Roma e ce lo spieghi in concreto». Bruno Gianotti

Luoghi citati: Cina, Europa, Roma