In cella Contin senior di F. Poi.

In cella Contin senior In cella Contin senior Verona: ha guidato il camion del commando secessionista VERONA DAL NOSTRO INVIATO «Solo a settembre dell'anno scorso, a pochi mesi dal bicentenario della fine della Serenissima, decidemmo che era giunto il momento di passare all'azione», racconta ai magistrati Luigi Faccia, il presidente del gruppo che sognava di tornare ai tempi dei Dogi, rompere l'Italia e far «conoscere al mondo il Veneto». Faccia, agli arresti domiciliari, racconta gli esordi della Serenissima armata. Questi: «Decidemmo di fare delle interferenze sui programmi radio. Puntammo sulle reti Rai. Avevamo im apparecchio che pesava dieci citili e che era in grado di mandare nell'etere i nostri proclami». Gli inizi sono tutt'altro che felici. Racconta il leader del gruppo che mercoledì sarà nell'aula bunker di Mestre insieme ai suoi compagni: «Trasmettevamo via radio, sulle frequenze Am. Il giorno dopo andavamo a guardare sui giornali, ma nessuno parlava di noi. Nessuno si era accorto che esistevamo». E' allora che la Serenissima armata decide di fare il grande salto. Di portare l'attacco al cuore della tv. Il primo tentativo avviene a Mestre. Ed è un successo. Finiscono in prima pagina, scuotono ministri e politici. Qualcuno inizia a pensare che ci si trovi di fronte a un'organizzazione ramificata, con mezzi potenti. E invece sono sempre loro dieci, più altri trenta simpatizzanti. «Il giorno dopo le nostre prime interferenze al Tgl siamo rimasti sorpresi», racconta Faccia. E spiega: «Visto il risultato volevo farlo tutte le sere, ma gli altri dicevano di andare piano, di diradare le interferenze perché era troppo rischioso, perché avevamo già tutti addosso». Faccia sogna di costruirò un pallone aerostatico in grado di portare in cielo l'antenna. Ma l'attrezzatura è troppo pesante. Si ripiega allora sul blindatino, i tempi sono maturi per passare all'azione - l'«atto», lo chiamano tutti in grado di risvegliare le coscienze. Ci pensa Franco Licini, a costruirlo. Di Luigi Faccia è amico da tempo Ammette di essere rimasto affascinato «dai suoi discorsi sul Veneto». E allora a poco a poco, entra anche lui a far parte del gruppo. Ma sempre in posizione defilata. Racconta, ai magistrali che a verbale chiuso lo rimandano a casa: «Era lui che mi dava le direttive per costruire il blindatino. Ho usato un vecchio motore Fiat 124. Insisteva, voleva che partecipassi anche alle riunioni. Ci sono andato un paio di volte, lo chiamavamo Vecio e lui ci investiva come soldati e patrioti». Altri racconti arrivano da Fausto Faccia, capo del commando di San Marco. Dice ai magistrati che lo sentono nel carcere veneziano: «Non volevamo fare del male, era un'azione dimostrativa». Se ne parlerà domani nell'aula bunker di Mestre: davanti al giudice Graziella Campanaio comparirà il commando più Severino Contin, in stato di fermo per banda armata, interruzione di pubblico servizio, dirottamento del traghetto, sequestro di persona più l'irruzione in piazza. E' accusato di aver guidato il Tir con il brindato dal Padovano fino al traghetto. Perché proprio lui? Ai magistrati ha risposto: «Ero l'unico ad avere la patente C, il camion potevo guidarlo solo io». [f. poi.]

Persone citate: Contin, Faccia, Fausto Faccia, Franco Licini, Graziella Campanaio, Luigi Faccia, Severino Contin

Luoghi citati: Italia, Veneto, Verona