Il videogiuramento dei serenissimi

Il videogiuramento dei serenissimi Il videogiuramento dei serenissimi Registrarono la «cerimonia», ma in italiano VERONA DAL NOSTRO INVIATO Si riunivano la domenica pomeriggio, come usava il Maggior consiglio all'epoca dei Dogi. In dieci, a volte di più, sognando la rinascita della Serenissima, di cui si sentivano eredi e promotori al tempo stesso. Ognuno aveva il suo compito. Franco Licini, videocamera alla mano, doveva testimoniare alla Storia che quel gruppo di elettricisti, imbianchini, studenti universitari e piccoli imprenditori era stato all'origine del nuovo governo di Venezia. Quello uscito allo scoperto il 9 maggio, con il blitz in piazza San Marco e gli otto che danno l'assalto al campanile, e come allora sventolano 11 Leone dei Dogi. Si faceva la Storia, il 25 agosto dell 'armo scorso, nel salone di casa Contin, a Casale di Seodosia, nella bassa padovana. Quel pomeriggio c'erano tutti, per la grande occasione. A partire da Luigi Faccia, il Presidente ma che tutti chiamavano «Vecio» per quei suoi toni autoritari, per quella voglia di nominare «soldati e patrioti». Da tempo il «Vecio» sognava di passare all'azione, di lasciare con un palmo di naso «quel Bossi lì, che pensa alla Padania che neanche esiste, mentre noi ci diamo da fare per il Veneto che ha una storia di secoli», come ha detto al magistrato Guido Papalia. E c'era suo fratello Fausto, che in piazza San Marco, sul campanile, ci sarebbe andato da capo, pronto a tenere posizione fino al 12 maggio, un'altra domenica, bicentenario della caduta della Serenissima. E invece erano arrivati prima quelli del Gis, i carabinieri dell'odiata Italia. Nel ritratto di gruppo si vede Luca Peroni, 22 anni, con una donna. Forse la moglie Graziella, l'unica figura femminile ripresa nel filmato che dura 15 minuti e che al pubblico ministero veronese Papalia ha risparmiato una bella fatica. Quando Luigi Faccia si alza in piedi, è il momento ufficiale di tutta la Storia di questo scalcagnato gruppetto che si autonominerà Serenissima armata e che nella Santabarbara può permettersi solo un Mab inutilizzabile, un blindato che sotto la lamiera è una macchina agricola e un mini tank - «Tankino», lo chiamano affettuosamente - che è radiocomandato e non va e così, quando proprio doveva servire, lo lasciano in un capannone nella bassa padovana. TJ momento è solenne, San Marco e lo spirito dei Dogi è nel salone, forse un garage, una rimessa, luce accesa malgrado fuori sia giorno. Il Presidente legge il giuramento, la nascita del Serenissimo governo. Ma lo fa in italiano, la lingua degli invasori, degli oppressori del Veneto che vuole essere libero di guardare al suo passato sognando un futuro che lo riporti agli antichi fasti. E' a un tavolo che sembra una cattedra, Luigi Faccia. Davanti a sé, seduti, ci sono i soldati e i patrioti, qualche futuro ministro, magari un Doge. Sono tutti in maniche di camicia, perché sarà pure una cerimonia, ma in quei giorni di fine agosto il sole picchia ancora forte. In mano ha dei fogli, il proclama, atto di nascita del Veneto Serenissimo. Ma il «Vecio» usa la lingua italiana, la lingua dell'ufficialità dell'altro Stato che do- vrebbe andare fuori da qui, dai campi, dalle loro officinette dove fanno gli elettricisti e poi, già che ci sono, mettono le mani ai baracchini con cui poi spareranno le prime bordate via etere. Chissà se qualcuno si accorge che Luigi Faccia usa la lingua dell'oppressore. Chissà se qualcuno protesta, per quell'intru¬ sione così fuori luogo, con il Bepin Segato che non deve aver gradito. Sempre che ci sia pure lui, l'ideologo oltranzista - anche se è molto probabile che sia così - tra quel gruppetto di carbonari che danno le spalle all'obiettivo e guardano la cattedra, dove rinasce la Storia. 11 video si interrompe dopo quindici minuti, finita la cerimonia. La Storia non sa ancora se dopo ci siano state le grappe, il pane e salame, la polenta bianca e morbida di queste parti. O se invece, alla spicciolata, se ne sono andati tutti, un saluto - questo sì in dialetto - al Serenissimo capo del governo. Nell'archivio del magistrato veronese ci sono altre 4 cassette video. Guido Papalia le ha fatte passare una per una con lo scorrimento veloce. Due sono vuote, mai utilizzate. Una riprende la cerimonia, un'altra i preparativi della costruzione del blindato che sarà poi usato in piazza San Marco e del blindatino finito in un capannone. Sono debolezze di Franco Licini, quelle riprese. Lui che il blindatino l'aveva costruito, ha poi voluto filmarlo passo dopo passo nella crescita. E chissà quali altre invenzioni militari avrebbe dovuto trovare per la Serenissima armata, il patriota Licini, di professione disegnatore industriale. Tutto per quell'esercito che sognava di diventare vero, con forze di mare, di terra e di cielo. E che invece si è arenato alla prima azione marni militari, senza un solo colpo, neanche con quel Mab che forse non sparava nemmeno. Fabio Potetti Il blindato ut lizzato nell'assalto al campanile a Venezia Sotto Luigi Faccia IRITI SECESSIONISTI

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